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domenica 14 settembre 2014

ARBITRIO (LIBERO)

1. L'uomo possiede il libero arbitrio. — 2. Eccellenza e vantaggi del libero arbitrio. — 3. Necessità di adoperare bene il libero arbitrio. — 4. Il libero arbitrio non basta, ci vuole anche la grazia. — 5. Dio non fa violenza al libero arbitrio.

1. L’uomo possiede il libero arbitrio. — « Operate la vostra salute con timore e tremore», dice S. Paolo (Philipp. II, 12). Questo testo prova: 1° che l’uomo possiede il libero arbitrio anche in ciò che spetta alla grazia ed alla salute...; 2° che nessuno è sicuro della grazia e della perseveranza...
Leggiamo nell'Ecclesiastico che « Dio da principio creò l’uomo, e lo lasciò in potere de’ suoi consigli » (Eccli. XV, 14). Gli diede però i suoi precetti e comandamenti i quali, s’egli vorrà eseguirli né mai mancare alla fede data, gli saranno di salute. Dio ha posto innanzi a noi l’acqua e il fuoco : noi possiamo scegliere quello che vogliamo. Davanti a noi sta la vita e la morte, il bene e il male, sta a noi l’eleggere quello che vogliamo, e ci sarà dato (Ibid. 15-18).
Nel Deuteronomio sta scritto che Mosè disse al popolo ebreo : Pensa ch’io ho posto quest’oggi dinanzi a te la vita e i beni, la morte e i mali, affinché tu ami il Signore Dio tuo, e tutte le sue strade e osservi i suoi precetti, gli ordinamenti e i riti suoi, e tu viva ed Egli ti moltiplichi e ti benedica nella terra di cui vai a prendere possesso. Ma se il tuo cuore si stacca da Lui e non si cura di obbedirlo... io ti dichiaro fin d’ora che tu perirai. Io chiamo oggidì in testimonio il Cielo e la terra, che ti ho profferto la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli adunque la vita, affinché viva tu e la progenie tua (Deuter. XXX, 15-19). Non sono queste prove evidenti del libero arbitrio?
L’intimazione che Dio fa ad Adamo di non toccare il frutto da lui indicatogli e la minaccia che sarà colpito di morte quando trasgredirà questo precetto, non dicono apertamente che Dio ha creato l’uomo con la facoltà del libero arbitrio? Il Signore, dice la Genesi, fece all’uomo un comando e gli disse: Tu sei libero di cibarti di ogni specie di frutta che produce il giardino, ma non mangiare del frutto dell’albero della scienza del bene e del male, perché il giorno che ne assaggerai, tu morrai (Gen. II, 16-17). La sollecitazione del serpente per indurre i nostri primi padri a toccare il pomo vietato ci dà un’altra prova del libero arbitrio dell’uomo.
« Io t’avverto, scrive S. Paolo a Timoteo, di riaccendere in te la grazia di Dio, che ti è stata comunicata coll’imposizione delle mie mani ». (II Tim. I, 6).
« Nessuno al mondo, soggiunge S. Agostino, può creare un albero, ma ognuno ha potestà e libertà di eleggere ciò che è bene, ed essere un albero buono, o quello che è male, ed essere un albero cattivo. Essi si sviarono dal sentiero della verità e caddero perché hanno voluto ».
« Forsechè, se ti diporti bene, non ne avrai mercede? disse Dio a Caino; e se male, non vedrai tosto il peccato entrare nel tuo cuore? Ma la propensione che a lui ti porta, dipenderà dal tuo volere e tu potrai, volendolo, soggiogarla » (Gen. IV, 7). Tu potrai, dunque tu dovrai dominarla. Tu lo potrai, dunque tu hai il libero arbitrio. Notate qui come la volontà è potente non solamente su le azioni e sui movimenti esteriori, ma ancora su le passioni e su gli appetiti interiori. Quando voi sentite le funeste suggestioni della concupiscenza, voi potete, armati d’una volontà forte e costante, non consentirvi... « Ah sì, esclama il Crisostomo, tanto grande è la potenza della volontà, che ci rende possibile quello che vogliamo, e ci fa rifiutare quello che non vogliamo ».
Seneca pure comprese il libero arbitrio, poiché è suo parere, che non vi è nulla di così arduo e difficile, che lo spirito umano non possa vincere, e che una meditazione prolungata non arrivi a sciogliere. Non si dà affetto o propensione sì gagliarda, che non si possa frenare con la disciplina. Lo spirito ottiene tutto ciò che ha fermamente deciso di volere; parecchi, per esempio, si fecero un dovere di non più ridere e si mantennero saldi nel proposito; altri vollero intendersi assolutamente l’uso del vino e dei piaceri carnali, e poterono giungervi (De Ira, lib. II, c. 12).
Qualunque cosa uno voglia realmente ed efficacemente e con tutto l’animo, l’ottiene. Volete voi essere in realtà e decisamente umili, casti, pazienti, obbedienti, morigerati, ecc.? tali sarete sicuramente...
« Vi si permette la scelta, dice Giosuè al popolo di Dio; eleggete oggi quello che vi piace e a chi volete servire. E il popolo rispose: Noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio » (Iosue XXIV, 15-18). « Cammina diritto, ci dicono anche i Proverbi, ed in tutto il tuo procedere avrai stabilità. Non torcere né a destra, né a sinistra; ritira il tuo piede dal male » (Prov. IV, 26-27). Dunque l’uomo gode del libero arbitrio, altrimenti non potrebbe camminare come gli ordina il Signore.
La Scrittura c’insegna qual fu l’origine del male, e come questo provenne dalla volontà dell’uomo; poiché si dice chiaramente che Dio ha fatto l’uomo libero, affinché potesse scegliere il bene o il male, e fosse capace di merito o di demerito. L’origine della libertà sta nella facoltà di conoscere. Infatti quando l’intelletto pone sulle bilance della volontà ragioni probabili per l’una e per l’altra, la libertà fa che la volontà possa scegliere, perché vi sono, come abbiamo detto, da ambe le parti ragioni che rendono la cosa buona, amabile ed eleggibile, o che per lo meno la mettono sotto tale aspetto. Il libero arbitrio si trova adunque in principio nell’intelletto, ed in azione nella volontà: poiché dall’esame della mente nasce nell’uomo la libertà di pronunciarsi e di volere. Perciò i bruti, come privi di ragione, sono anche privi del libero arbitrio. Il loro appetito è guidato dalla fantasia e quando di due oggetti l’uno è migliore, o tale si presenta alla loro fantasia, esso vi si porta attratto da necessità di natura...
« Noi deliberiamo intorno le cose che abbiamo da fare e che si trovano in nostro potere, dice Aristotele, ma nessuno, eccetto lo stolto, delibera intorno a quelle che dipendono o dalla natura o dal caso o dalla necessità. Siccome la facoltà di scegliere non è una cosa diversa dalla facoltà di esaminare e deliberare quale di due cose, che stanno in nostro potere, sia preferibile, ne risulta che in fin dei conti la scelta è un desiderio motivato; poiché la deliberazione tien dietro al giudizio e il desiderio segue la deliberazione ».
Togliete all'uomo il libero arbitrio, e voi gli togliete la natura d’uomo, lo uguagliate ai bruti. Vi è in lui la libertà di volere o di non volere, che si chiama libertà di opposizione; e vi è quella di scegliere tra due cose prendendone una e lasciando l’altra, il che le scuole chiamano libertà di contrarietà.
« Dio ci comanda di osservare i suoi precetti, dice S. Agostino; ora come ce l’ordina, se l’uomo non ha il libero arbitrio? »; Tertulliano osserva che l’uomo ha ricevuto nella sua anima, fatta a imagine di Dio, il potere del libero arbitrio, come ne fa prova il comando datogli dal Signore; difatti non si può dire che Egli avrebbe posto un ordine all’uomo, se l’uomo non avesse avuto la facoltà d’adempirlo; né tanto meno gli avrebbe minacciato la morte in pena della trasgressione, se l’uomo non fosse stato pienamente libero sia di obbedire, sia di calpestare la legge impostagli. Ecco la cagione, per cui tutte le volte che Dio diede delle leggi all'uomo, sempre gli lasciò la facoltà di eleggere tra il bene e il male, la vita e la morte: la qual cosa non avrebbe Iddio certamente fatto, se non ci fosse stato il libero arbitrio (Cont. Marc. lib. II, c. 5).
Dice la Scrittura che Dio ha posto a scelta dell’uomo l’acqua e il fuoco, e che gli sarà dato quello che più gli piace. Sotto il nome di acqua e di fuoco si devono intendere le cose contrarie tra le quali l’uomo ha facoltà di scegliere. Il fuoco raffigura ancora l’Inferno, come l’acqua il ristoro della grazia e della gloria...
Innanzi all’uomo si trova la vita e la morte, il bene e il male, e avrà quello che più gli piace. Ma i figli degli uomini, dice il Salmista, non sono che vanità, i figli di Adamo menzogna; poneteli tutti insieme in una bilancia ed essi saranno più leggeri del niente (Psalm. LXI, 9). Essi pesano male, pesano da ciechi... non scelgono l’acqua, ma il fuoco; preferiscono il male al bene, la morte alla vita...
« Iddio, lasciò scritto S. Agostino, rende male per male, perché è giusto; bene per male, perché è buono; bene per bene, perché è buono e giusto; ma non dà male per bene, perché non è ingiusto ». Ora senza libero arbitrio non vi sarebbe né bene da ricompensare, né male da punire, perché fuori di lui non si darebbe né bene, né male...

2. Eccellenza e vantaggi del libero arbitrio. — Quanto ricco e prezioso, onorevole e vantaggioso dono sia il libero arbitrio, facilmente si comprenderà se si considera che per esso l’uomo è : 1° simile a Dio ed agli Angeli : perché Dio è la somma libertà e gli Angioli godono d’una libertà confermata nel bene...; 2° è superiore a tutte le creature corporali...; 3° è padrone di sé e delle azioni sue...; 4° è atto ad ogni virtù...; 5° è capace di meritare...; 6° acquista la grazia nel tempo...; 7° si assicura la vita e la gloria eterna nel Cielo... Quindi a ragione S. Bernardo scriveva che egli considerava come una grande dignità nell’uomo il libero arbitrio, per mezzo del quale gli è dato non solamente di sovrastare alle opere della creazione, ma anche di signoreggiare gli animali. Il libero arbitrio è un dono divino che risplende nell’anima come un diamante incastonato nell’oro. Per mezzo suo l’uomo ha il potere di scegliere tra il bene e il male, tra la vita e la morte, tra la luce e le tenebre (De diligendo Deo).
« Se voi volete, dice il Signore per bocca d’Isaia, e se date orecchio alle mie parole, voi sarete ricolmi dei beni della terra » (Isai. I, 19). E nell’Apocalisse ci fa sentire che a colui il quale vincerà egli serba per premio di farselo sedere vicino sul suo trono; a quel modo stesso che anch’egli ha vinto e si è assiso sul trono del Padre suo (Apocal. III, 21).
« L’anima è libera, dice Platone, essa può dominare le sue passioni e vincersi, ed è questa la prima e più perfetta di tutte le vittorie; come la più vergognosa e infame sconfitta è quella di lasciarsi vincere da se medesimo ».
« Per mezzo del nostro volontario consenso, noi ci uniamo alla volontà di Dio », soggiunge S. Bernardo.

3. Necessità di adoperare bene il libero arbitrio. — « Chi ci ha creato, dice S. Agostino, senza consultarci, non ci salva senza che noi vogliamo ». Sì, Dio ha creato l’uomo libero, ma non già perché egli fosse fuori del dominio della sua provvidenza; fornendolo di libertà, non intese permettergli, come alla belva, di andarsene dovunque lo spinge il capriccio e di sottrarsi ai precetti divini. Come sovrano signore d’ogni cosa, come legislatore, padrone, re, giudice e vincitore, gli ha imposto la legge, sia naturale, sia rivelata, affinché l’osservi.
Tre cose fece il Signore: 1° ha dato all’uomo il libero arbitrio; 2° gli ha fatto conoscere la sua legge; 3° gli ha promesso una ricompensa se la osserva.
Iddio, come nota S. Basilio (Homil. in Psalm. LXI), ha posto al di fuori di noi una bilancia, con cui possiamo pesare ogni cosa. Serviamocene per pesare ciascuna delle nostre azioni e per vedere quello che ci torna più utile. È forse meglio gustare un piacere passeggero e vile che si trae dietro la morte eterna, anziché esercitarsi nella virtù? Udite, o ciechi, che scegliete la menzogna e la corruzione, come vi maledice Isaia : « Guai a voi che chiamate male il bene e bene il male; che ponete la luce dove sono le tenebre e le tenebre dov’è la luce; che chiamate dolce l’amaro e amaro il dolce » (Isai. V, 20).
Io voglio, voi dite, le cose presenti, perché chi conosce le future? Ah stolti! voi male adoperate la vostra bilancia, preferendo il male al bene, le cose vane alle reali, il temporaneo all’eterno, un piacere che fugge ad una gioia che non finirà mai...
Noi dobbiamo adoperarci a tutt’uomo, scrive S, Bernardo, per conservare il nostro libero arbitrio a fare il bene: Dio ce lo diede a questo scopo e perché con esso ci meritassimo l’eterna felicità. Ma per questo bisogna che noi incateniamo al volere di Dio il nostro libero arbitrio, che gliel’offriamo e consecriamo senza riserva e che rinnoviamo spesso la risoluzione d’obbedire in tutto a Dio; assiduamente pregandolo che si degni guardarci egli medesimo come un suo proprio oggetto, condurci con la sua grazia alla pratica di tutte le virtù, quindi al porto della eterna salvezza; perché se la concupiscenza, il peccato, il Demonio diventano padroni del nostro libero arbitrio, esso non farà altro che il male e ci balzerà nell’Inferno (Tractatus De dilig. Deo).
Perciò diceva S. Agostino che « l’uomo il quale malamente adopera il suo libero arbitrio, lo perde e sé con lui » ; e altrove : « peccandosi di libero arbitrio, si fa getto del libero arbitrio ». Non già punto che sia perduto in se stesso, ma è perduto perché è consacrato al male, ed affievolito a cagione della sua rivolta contro Dio. Perché come ben nota il citato santo Padre, « è libero al peccare, chi è schiavo del peccato ».
Dio non respinge nessuno col negargli la sua grazia; egli respinge il peccatore perché questi, vedendosi innanzi il bene e il male, si è abbandonato al male. Se il peccatore è condannato al fuoco eterno, non è perché gli sia mancata la grazia, ma perché egli ha mancato alla grazia, ed ha commesso volontariamente il peccato. Ognuno può, se vuole, schivare l’offesa di Dio; si faccia da tutti così, e l’Inferno è chiuso. L’uomo avrà quello che ha scelto: se vuole il peccato, avrà il peccato e la pena del peccato; perché non si può volere quello senza questa, sotto il regime di un Dio giusto... Non v’illudete adunque nella vostra empietà, quasi che abbiate a ricevere altro da quello che avete scelto : « La tua perdita proviene da te, o Israele », dichiara Osea (Osee XIII, 9). Non Iddio, ma la nostra cattiva volontà ci perde. « Cessi adunque, conchiude S. Bernardo, la volontà propria, e non vi sarà più Inferno ». E S. Agostino così ci esorta : « Non abusate della libertà per peccare liberamente, ma servitevene per non peccare : libera sarà la tua volontà, se ella è pia; tu sarai libero, se ti farai servo; libero dal peccato, servo della giustizia ».

4. Il libero arbitrio non basta, ci vuole anche la grazia. — « Consentire alla chiamata divina, o non darle ascolto, sta in potere della volontà, dice S. Agostino; l’anima non può ricevere, né possedere doni, se non consentendovi; perciò qualunque cosa riceva od abbia, tutto è di Dio; il ricevere poi e il possedere appartiene a chi riceve e possiede ». « E tanto è lungi, dice S. Bernardo, che quello che Iddio dà al libero arbitrio possa essere senza il consenso di chi riceve, quanto che sia senza una grazia di colui che dona ».
« Per la grazia di Dio, confessava di sé S. Paolo, io sono quel che sono; e la sua grazia non è stata sterile, ma più di tutti ho lavorato; non però io da me, ma la grazia di Dio con me » (I Cor. XXXV, 10). La grazia è dunque necessaria, ma non meno necessaria è la cooperazione alla grazia : quella proviene da Dio, questa dal libero arbitrio. Una persona stremata di forze non può muovere un passo da sola, ma, sostenuta, cammina. Il sostegno è la grazia; uno vi si appoggia, quando il libero arbitrio opera sotto l’impulso di quella. Ci vuole unione tra la grazia ed il libero arbitrio; bisogna che queste due corde si accordino all’unisono. Senza la pioggia, la terra rimane sterile; senza la terra, la pioggia non produce effetto...
Secondo la dottrina dell’Apostolo, noi non siamo capaci a produrre cosa veruna da noi medesimi, ma ogni nostra idoneità viene da Dio (II Cor. III, 5). Da queste parole si rileva che il libero arbitrio è da se stesso insufficiente, ma, non già ch’egli non abbia forza veruna. Il libero arbitrio è troppo debole, languido e infermo perché possa compiere da sé solo le opere buone; è però sufficientemente forte e gagliardo se spinto, aiutato, sorretto dalla grazia proveniente e concomitante.
« Non vi sia nessuno, dice S. Gregorio, che si creda di valere qualche cosa, anche dopo che abbia già dato prove di forza; poiché se la protezione divina l’abbandona, egli cadrà ben tosto prostrato su quel medesimo terreno, sul quale vantavasi di tenersi saldo per proprio volere ».
E S. Agostino scrive: «Nessuno è forte delle sue proprie forze, ma si tiene al sicuro per indulgenza e misericordia di Dio »; perciò il Profeta esclama: « In voi, o Signore, io custodirò la mia forza » (Psalm. LVIII, 10); e queste parole così spiega San Agostino : « Io conserverò per vostro mezzo, o Signore, la mia forza e a voi la riferirò, e ve ne sarò grato ».
Se fosse vero, osserva il Crisostomo, che Dio opera da solo ogni cosa in noi, invano voi mi esortereste, invano cerchereste d’inspirarmi il timore ed il terrore, invano mi ordinereste di obbedire. Ma udite la Scrittura che dice: Dio ha creato nel principio l’uomo e l’ha lasciato arbitro dei propri consigli (Eccli. XV, 14); e conchiudetene che Dio non opera da solo, ma bisogna che l’uomo operi d’accordo con Dio. È necessaria la grazia, ma ancora la corrispondenza alla grazia (Serm, de Zachaeo).
La grazia accarezza e attrae la volontà dell’uomo, affinché questa le corrisponda e liberamente cooperi con essa... Dio opera in noi il volere, perché, secondo che dicono i santi Padri, egli soccorre, invigorisce, e fa avanzare la nostra volontà e la induce a fare il bene... « Dio muove l’uomo e lo porta a volere liberamente pentirsi, amare, e fare il bene ». Dio ci eccita, e ci dà la grazia a far sì che noi vogliamo; tocca poi a noi unirci a cooperare alla grazia...
La Chiesa insegna con S. Agostino, che ogni inizio di buona volontà, di fede e di salute ha origine dalla grazia preveniente. L’Apostolo vuole che noi pratichiamo il bene con timore, perché Dio opera il volere. Dio fa in modo che noi vogliamo, e che adempiamo quello che vogliamo. « Dio opera in noi il volere ed il fare secondo che a Lui piace » (Philipp. II, 13). Opera il volere, aiutando la volontà; opera il fare, continuandoci quella medesima grazia per cui opera il volere. Quando poi un atto esteriore è difficile, come il martirio, Egli allora opera il fare per mezzo di una nuova grazia che anima e ingagliardisce l’uomo.
S. Bernardo, trattando della grazia e del libero arbitrio, spiega in qual modo Dio operi in noi queste tre cose, il pensare, il volere, il fare.
« Egli opera in noi la prima cosa, che è il pensare, scrive questo santo Dottore, senza di noi; la seconda, cioè il volere, con noi; la terza, che è il fare, per mezzo di noi. Quando però sentiamo che tali meraviglie avvengono in noi e con noi, dobbiamo guardarci bene di non attribuirle o alla nostra volontà, che è inferma, o ad un costringimento per parte di Dio, il quale non avviene; ma alla grazia solamente, di cui Iddio è pieno. Essa eccita il libero arbitrio, inspirandogli il desiderio; lo guarisce, cangiandone l’affetto; lo fortifica, per condurlo all’azione; lo conserva, affinché non manchi. Il modo poi con cui opera col libero arbitrio, si è che lo previene inspirandogli il pensiero; in tutto il resto cammina insieme con lui, e lo previene appunto perché poi cooperi con lei. Il cominciare appartiene alla grazia sola, il procedere fino al compimento dell’opera, si fa per mezzo della grazia e del libero arbitrio uniti insieme, non separatamente presi, ma operanti ambedue a un tempo, non a vicenda. Non in parte la grazia, in parte il libero arbitrio, ma l’uno e l’altra insieme, con lavoro singolare, operano ».
Dio opera in noi il volere e il fare, non secondo il beneplacito dell’uomo, ma secondo il suo, come dice il Crisostomo , affinché la sua volontà si compia in noi e per noi, e noi santamente viviamo.
« Ecco che io me ne sto all’uscio, dice Gesù nell'Apocalisse, e busso; se vi è chi oda la mia voce e mi apra, io entrerò a lui e con lui banchetterò ed egli meco » (Apoc. III, 20).
È dottrina di S. Agostino, che Dio opera il primo, affinché noi vogliamo, e, decisa che sia la nostra volontà, Egli coopera al compimento dell’azione. Ci previene, per curarci; ci accompagna, perché ci sviluppiamo in salute; ci previene affinché siamo chiamati; ci accompagna, affinché raggiungiamo la gloria; ci previene, acciocché piamente viviamo; ci accompagna, acciocché sempre viviamo con Lui . Perciò la Sposa dei Cantici esclama: «Attirami, ed io correrò dietro le tue orme all’odore de’ tuoi profumi» (Cantic. I, 3).
« Iddio, dice S. Gregorio, ci dà per mezzo della grazia i buoni desideri; noi poi, per mezzo degli sforzi del libero arbitrio, ci serviamo dei doni della grazia affinché regnino in noi le virtù ».
« La grazia preveniente è necessaria, soggiunge S. Agostino, ma non è da escludere la cooperazione del libero arbitrio: perché se Dio solo operasse, inutilmente si direbbe agli uomini: Convertitevi; e se gli uomini potessero operare da soli senza la grazia, sarebbe un ridersi di Dio il dirgli: O Dio, convertiteci. Se Dio preparasse l’anima nostra senza il nostro concorso, sarebbe falso che l’uomo prepari l’anima sua; e se noi preparassimo i nostri cuori senza l’aiuto del Signore, non si potrebbe dire che Dio prepara la nostra volontà. Perciò Dio fa molto bene nell’uomo, senza l’intervento dell’uomo; ma l’uomo non ne fa punto senza che Dio l’aiuti a farlo ».
Il libero arbitrio non esclude, come pretende Pelagio, la grazia di Dio, come la causa seconda non esclude la causa prima; al contrario quella è subordinata a questa, e da lei essenzialmente dipende. Il concorso della causa seconda è nullo, o meglio, non esiste punto, senza l’azione della causa prima.
« Per intendere, ripiglia S. Agostino, quelle parole della Scrittura : Se vorrai, osserverai i comandamenti, bisogna dare loro questo senso : che l’uomo, il quale vuole e non può, comprenda e sia persuaso, ch’egli non vuole ancora pienamente, e preghi affinché gli sia concesso tanto di volontà quanto gliene occorre per adempire i comandi. Di questa guisa egli riceverà l’aiuto che gli è necessario per fare quello che gli è ordinato: poiché il volere è utile solamente quando vogliamo. Altrimenti che giova volere quello che non possiamo, o non volere quello che possiamo? ».
Dio prepara e dà agli empi una grazia sufficiente con cui possono, qualora vogliano, schivare il peccato e fare il bene. Questa grazia è chiamata sufficiente per ciò, che chi vuole cooperarvi, la rende efficace. La grazia efficace porta tal nome, perché essa ottiene sicuramente il suo effetto. Non è in nostra balìa l’aver da Dio la grazia efficace, anziché la sola sufficiente; ma intanto Dio, nella sua liberalità e per suo beneplacito, concede a tutti la sua grazia. Se gli empi vogliono cooperarvi, la rendono efficace, come fanno le anime pie; ma siccome essi non vogliono e Dio ha provato questa resistenza, non dà loro altro che la grazia sufficiente, la quale Egli sa dover tornare loro inutile. Bisogna del resto osservare che si deve attribuire all’accidia od alla malizia di costoro se la grazia non ha effetto, o l’ha inefficace: quantunque Dio voglia e sinceramente desideri che essi vi cooperino e riesca fruttuosa ed efficace: perché Dio non sta a cercare e scegliere grazie inefficaci per darle agli empi; per parte sua e secondo il suo disegno, ogni grazia è efficace in quanto al primo atto, il che vuol dire ch’essa ha la forza e l’efficacia necessaria a produrre l’azione e muovere ad operare colui che la riceve, se la volontà sua vuole corrispondervi. Sta qui il segno a cui mira Dio, è questo che Egli vuole. Dio concede la grazia sufficiente con sincero desiderio che l’uomo vi corrisponda e che per mezzo di lei si metta all’opera: Dio non la concede che a questo fine; e tutti i teologi s’accordano a dichiarare che non si potrebbe attribuirgli altra intenzione.

5. Dio non fa violenza al libero arbitrio. — La volontà di Dio si diporta col libero arbitrio ben diversamente dal modo con cui si diporta col cielo, con la terra, con l’universo. Creando il cielo e la terra, ha loro imposta la necessità d’esistere; ma egli lascia la libertà alla volontà dell’uomo, persuadendolo interiormente di operare, carezzandolo, attraendolo, blandendolo, minacciandolo, fortificandolo... Noi siamo tratti a Dio, non con catene ritorte, ma con la forza dell’amore, come dice il profeta Osea : « Io ti trarrò coi legami che seducono i cuori, coi vincoli dell’amore » (Osee I, 4).
« Credete, ci predica S. Agostino , e voi vedrete; amate e sarete attratti. Non immaginatevi che sia dura e molesta la violenza che Dio esercita su l’uomo; essa è invece dolce e gradevole; e come no? mentre è la soavità in persona che vi attira. Non s’attrae forse la pecora affamata porgendole erba? Eppure io penso che nessuno la creda spinta da necessità, ma è il desiderio suo quello che la lega. Così è di voi: venite a Gesù: non andate cercando lunghi giri: andate dove credete; perché si arriva a Dio non col navigare, ma con l’amore. Come di mio volere io credo, se son attratto? voi mi dite: ed io vi rispondo: E' poco l'esser tratti di proprio volere, lo siete di più con piacere. Ora che cosa è l'esser tratti con piacere? È gioire nel Signore, il quale ci darà tutto quello che desidererà il nostro cuore. Non è questo un sopportare una necessità, ma un obbedire ad un’attrazione; non è un essere costretto, ma un provare diletto. Noi dobbiamo dire che è tratto a Cristo chi si compiace della verità, della felicità, della giustizia, dell’eterna vita, il che tutto insieme è Gesù Cristo ».
Ognuno va dove lo trae il suo diletto, ma liberamente e non per necessità questo avviene. Noi siamo tratti dagli avvisi del Signore, dalla rivelazione, dalla dottrina evangelica... « Non pensate, dice altrove S. Agostino, che voi siate tratti dalla forza; l’anima cede anche all’amore. Questa specie di violenza si esercita sul cuore, non sul corpo ».
L’azione dell’attrarre significa la forza e l’efficacia della grazia di Dio, ma dolce e piacevole è questa forza: non violenta il libero arbitrio, ma lo sprona, l’accarezza, lo spinge a credere rendendolo felice, dandogli la pace e la tranquillità... Quindi il citato santo Padre così ci esorta: « Se ancora, non siete stati tirati, pregate di esserlo. Perché poi questi sia tratto, e quegli no, badate a non cercarlo da curiosi, se vi preme di non cadere in errore ».

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