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sabato 6 settembre 2014

ORGOGLIO (1)

1. Che cosa è e a qual segno si riconosce. — 2. L’orgoglio è accecamento e pazzia. — 3. L’orgoglio non soffre di essere ripreso. — 4. Differenza tra l’orgoglio e l'umiltà. — 5. Enormità dell'orgoglio. — 6. L’orgoglio è la causa di tutti i mali.

1. Che cosa è e a qual segno si riconosce. — L’orgoglio è la stima sregolata di se stesso. Avere orgoglio vuol dire preporci agli altri; attribuire a noi quello che ci viene da Dio. A quattro segnali si riconosce l’orgoglio : 1° l’orgoglioso crede che gli venga da se stesso quello che possiede; 2° crede di non esserne debitore ad altri che al proprio merito; 3° si gloria di quello che ha e si vanta di quello che non ha; 4° disprezza gli altri e desidera che tutti sappiano ch’egli ha molto.
 
2. L’orgoglio è accecamento e pazzia. — « Se noi diciamo che non abbiamo peccato, inganniamo noi medesimi e la verità non è in noi » (I Ioann. II, 8), scrive S. Giovanni, e « se qualcuno si tiene per qualche cosa, mentre è un nulla, costui inganna se stesso», ripete S. Paolo (Gal. VI, 3).
Gli orgogliosi si compiacciono in se stessi e confidano in sé; si persuadono di essere virtuosi e vivono in una stolta sicurezza, come se non mancassero di nulla e non avessero nulla da temere. O stolto! tu dici: io sono ricco in meriti e non ho bisogno di nessuno, e non sai quanto sei misero, e infelice, e povero, e cieco, e nudo (Apoc. III, 17).
L’orgoglioso crede di sapere anche quello che non sa...; non vuol saperne né di consigli né di avvisi; è caparbio; ed ecco perché vi è poca o nessuna speranza di vederlo volgersi a ravvedimento... Tali erano gli scribi e i farisei che, gonfi di se medesimi, non riconobbero il vero dottore Gesù. Cristo e ricusarono di ricevere da lui lume e istruzione... Tali sono i Giudei... Tali ancora tutti gli eretici ostinati...; non vogliono né istruirsi né vedere la verità e vogliono insegnare... Che cosa potete sapere voi, orgogliosi, se non conoscete; come può mai essere che, cenere e polvere, v’insuperbiate?
L’orgoglio è la più forte e la più pericolosa delle seduzioni cui l’uomo possa cedere; esso lo precipita nelle più fitte tenebre... L’orgoglioso vede malamente tutte le cose... Vede là dove non c’è nulla da vedere; non vede nulla dove ci sarebbe da vedere qualche cosa... Sempre cieco e zimbello della sua seduzione, egli è convinto della sua chiaroveggenza e imparzialità.
Il Crisostomo asserisce che l’orgoglio è somma pazzia e che non si dà uomo più insensato dell’orgoglioso. Difatti, dove trovare idea più pazza di quella di resistere a Dio e di fargli guerra? Vi può essere impresa più stolta che quella di privarci volontariamente del favore, della grazia e del soccorso di Dio da cui tutto dipende e al quale tutto appartiene? Può l’uomo commettere una pazzia più grande che quella di costituirsi antagonista e nemico non di un uomo, non di un angelo, non del demonio medesimo, ma di Dio in persona, così che osi sfidarlo a duello? « L’orgoglio nasce dalla demenza, dice il medesimo santo; non si dà orgoglioso che non sia insensato; il superbo è pieno di stoltezza ».
L’orgoglioso, essendo un pazzo, e spregevole e disprezzato, è il caso di dire con S. Paolo: « Vantandosi saggi, sono divenuti stolti » (Rom. I, 22). « Avete voi veduto un uomo che si crede saggio? c'è più da sperare da uno stupido che da lui », leggiamo nei Proverbi (XXVI, 12); e un proverbio popolare dice: «Uomo che si stima, perde ogni stima». — Quelli che si credono accorti, sono facilmente ingannati dal demonio e si perdono. Chi invece riconosce la sua poca saggezza, cerca una guida illuminata, e con questo modo cammina sicuro e facilmente si salva.
L’umiltà è la sapienza dell’anima; l’orgoglio ne è la stoltezza; infatti l’umiltà riposa su la verità, l’orgoglio non è che vanità, menzogna, errore. « Perché la terra e la cenere si leva in superbia? » dice l'Ecclesiastico (X, 9). « Perché mai ti gonfi, o uomo? dice S. Bernardo; di che t’insuperbisci tu, concepito nella colpa, nato nella miseria, la cui vita è un peccare, il morire è angustia? ».
 
3. L’orgoglioso non soffre di essere ripreso. — Gli orgogliosi non vogliono mai aver torto... Di loro si può dire:  « Tocca i vulcani e fumeranno (Psalm. CXLIII, 5). Oh sì, dagli orgogliosi di cui i vulcani sono gli emblemi escono rombi di tuono, sordi muggiti, onde di fumo; essi vomitano lave di sarcasmi, di motteggi, di ingiurie contro l’uomo caritatevole che cerchi di riprenderli e condurli a più savi pensieri... Provatevi a correggere un superbo; empie l’aria di lamenti; quante scuse, quante false ragioni accampa!... Non lo si conosce...; s'inventa...; si esagera a suo danno...; tutti sono inveleniti...; nessuno lo tratta con carità... Perché mischiarsi de’ suoi affari...; egli sa regolarsi...; egli non fa male...; nessuno ha diritto d’imporgliene... È proprio vera la sentenza di S. Cirillo, che il rimprovero il quale migliora gli umili, riesce intollerabile ai superbi; e con ragione il Venerabile Beda dice: O quanto misera è la coscienza di colui che rimproverato dalla parola di Dio, se ne risente come di un affronto (Collett.). Quindi il Profeta pregava il Signore, che non permettesse che il suo cuore si volgesse a parole di malizia, per scusare le sue mancanze e i suoi peccati (Psalm. CXL, 4).
« Siccome dalla radice dell’orgoglio nasce la disobbedienza, dice S. Gregorio, i disobbedienti ascoltano chi scopre l’enormità delle loro colpe, ma del ripararle per mezzo di un’umile confessione, non ne vogliono sapere. Desiderando grandeggiare, da nulla tanto si guardano, quanto dal lasciar vedere le loro cadute. Perciò vanno in cerca di scuse e pretendono di aver ragione, perché non vogliono apparire peccatori ». S. Bernardo, parlando della caduta di Adamo, cagionata dalla superbia, e della scusa con cui egli volle coprirsi dinanzi a Dio, scusa inspirata anch’essa dall’orgoglio, dimostra quanto grave e odiosa a Dio sia la difesa del male. « Vi è ragione di credere, dice, che quel- l’antica così famosa e così nocevole prevaricazione avrebbe ottenuto perdono, se l’avesse seguita un’umile confessione e non una difesa. Infatti non nocque tanto la trasgressione, quantunque fatta con animo deliberato, quanto l’ostinazione con la quale le si aggiunse una scusa premeditata ».
L’orgoglioso somiglia al riccio; nel quale, se lo vedete correre, distinguete le orecchie, le zampette, il muso; ma se l’avvicinate e cercate di prenderlo, non è più che un gomitolo irto di punte che vi forano le mani. In qualunque modo, da qualunque lato prendiate il superbo, è un riccio che punge e ferisce.
 
4. Differenza tra l’orgoglio e l’umiltà. — S. Gregorio dice: « Fatto nella sua creazione superiore a tutte le creature, volle il demonio, nostro mortale nemico, gonfio di orgoglio, che lo si considerasse come dominante su tutto. Invece il nostro Redentore, infinitamente grande e superiore a tutto, si degnò farsi piccolo in tutto. L’autore della morte disse: Io ascenderò al cielo; l’autore della vita: L’anima mia è piena d’angosce, è come annichilita. Satana disse : Io porrò il mio trono al di sopra degli astri del cielo; Gesù Cristo disse al genere umano : Ecco che io vengo ad abitare in mezzo agli uomini. Lucifero disse : Io siederò sul monte dell’alleanza dalla parte dell’Aquilone; e il Salvatore: Io sono un verme e non uomo, l’obbrobrio degli uomini, lo scherno della plebe. Satana disse : Io salirò sopra le nubi e sarò simile all’Altissimo; e il Verbo di Dio si è annientato, vestendo la forma di servo {Moral. lib. XXXIV, c. XXI).

5. Enormità dell’orgoglio. — Sant’Ottato, Vescovo di Milevi, dice che è meno cattivo e fatale il peccato con l’umiltà, che l’innocenza con l’orgoglio {Contra Parmen.). Infatti, come osserva S. Bernardo, il superbo s’innalza sopra Dio e si mette con lui in aperta lotta. Dio vuole che si faccia la sua volontà, e il superbo pretende che si faccia la sua. Quindi S. Agostino diceva: « Colui che cerca, o Signore, di volgere i tuoi doni a sua gloria e non alla tua, è ladro ed assassino, è simile al demonio che volle prendere il tuo trono ».
Lo stesso santo giunge a dire : « Io oso dire ai superbi che si serbarono continenti, che è utile per loro il cadere. Io oso asserire che è cosa vantaggiosa agli orgogliosi l’inciampare in qualche colpa manifesta e innegabile, affinché essendo caduti per aver cercato di troppo piacere a se stessi, si rialzino dispiacendo a se medesimi ». Ed osserva che « Dio, secondo lui, permise ai barbari che conquistavano e saccheggiavano le città dell’impero Romano, di violare le vergini cristiane, o perché erano orgogliose, o perché vi era pericolo che peccassero di orgoglio, invanendo della loro castità » (De Civit. 1. I, c. XXVIII).
Il Profeta pregava: « Preservatemi, o Signore, dal cadere in orgoglio » (Psalm. XXXV, 11).
« Chiunque sia, leggiamo nei Proverbi, l’uomo arrogante è abbominato da Dio » (XV, 5). E la ragione sta in ciò, che il superbo si mette come emulo e antagonista di Dio : nuovo Lucifero, vuole uguagliarsi a Dio, e mettere la sua volontà in luogo di quella dell’Onnipotente. « La superbia fa il suo volere, scrive S. Agostino, l’umiltà fa la volontà di Dio ». Gran male è l’orgoglio, perché assale Dio, lo schiaffeggia, lo provoca suo malgrado al combattimento. Enorme è agli occhi del Crisostomo il delitto della superbia; meglio, secondo lui, converrebbe all’uomo essere pazzo, piuttostochè orgoglioso. La pazzia è l’impedimento all’azione dell’anima, l’orgoglio è una pazzia volontaria. Il pazzo forma la infelicità a se solo, il superbo forma la disgrazia degli altri (Hom. XXXIX ad pop.).
Spaventosa sentenza è quella dell’Ecclesiastico: « L’orgoglio dell’uomo comincia dal farlo apostatare da Dio; perché il suo cuore si allontana da colui che l’ha fatto e dalla superbia comincia ogni peccato » (X, 14-15). Quindi non c’è da stupire se, come dice S. Giacomo, Dio resiste ai superbi(Iac. IV, 6).
 
6. L’orgoglioso è la causa di tutti i mali. — « La superbia è fonte di ogni male», dice il Crisostomo (Hom. XV, in Matth.). Difatti il primo atto del superbo è scuotere il giogo e la legge dì Dio... « L’orgoglio li ha invasi, leggiamo nei Salmi, ed essi si sono macchiati di ogni empietà (Psalm. LXXII, 6); Davide confessa di se medesimo, che non cessò di peccare se non quando fu umiliato(Psalm... CXVIII, 67). E Tobia ammoniva suo figlio che non si lasciasse mai comandare dall’orgoglio né nei pensieri né nelle parole; perché da esso ebbe origine ogni perdizione (Tob. IV, 14).
« L’umiltà, scrive S. Bernardo, rende gli uomini simili agli angeli, l’orgoglio cambia gli uomini in demoni. L’orgoglio è il principio, il fine, la causa di tutti i peccati, perché non solamente esso è peccato in se stesso, ma nessun peccato né ha potuto, né può, né potrà mai esistere senza orgoglio ». No, non si dà peccato senza orgoglio, dice S. Prospero; perché chiunque pecca, preferisce sé e l’appetito a Dio e alla sua legge, il che è vero orgoglio (De Vita contemp. cap. XXV). Dalla superbia trae origine ogni peccato, dice il Crisostomo. Da lei il disprezzo dei poveri, da lei la cupidigia dell’oro, da lei l’ambizione del comando, da lei il desiderio di gloria umana. L’orgoglioso non può sopportare nessuna prova, da qualunque parte essa venga, sia dai superiori, sia dagli inferiori.
La superbia è chiamata da S. Gregorio, regina dei vizi (Moral. lib. III, c. XVIII). Ed in quel modo, continua questo Santo, che la radice di un albero sta nascosta, ma nutrisce il tronco e i rami, così la superbia si nasconde in fondo al cuore, e di lì alimenta molti vizi manifesti. Non vi sarebbe peccato pubblico, se l’orgoglio non possedesse l’anima in segreto (Moral. lib. XXXIV, c. XVII). Non si cade nel male se non per superbia, almeno segreta... L’orgoglio precede gli empi, portando dinnanzi a loro una fiaccola, per condurli al delitto... Agli orgogliosi in generale si adatta quello che S. Agostino diceva dei Pelagiani: «Perché non vollero essere discepoli della verità, divennero maestri dell’errore ».
L’orgoglio produce le risse, le gare, le dispute, gli odi, le maldicenze, le calunnie, le liti, le guerre, gli scismi, le eresie, e via dicendo... L’umiltà, al contrario, è sorgente di pace, di concordia, di unione, di carità, di fratellanza... La superbia è la madre di tutti i mali e di tutte le malattie, poiché e quelli e queste sono frutto del peccato. Non vi è peccato che non sia infetto di superbia, perché il peccato è ribellione contro Dio, è disprezzo della sua legge: ora la rivolta e il disprezzo vengono direttamente dall’orgoglio. « Siccome la superbia è il principio di tutti i misfatti, dice S. Bernardo, così è la rovina di tutte le virtù. L’orgoglio cammina il primo per la via del peccato, ma viene l’ultimo per la va del pentimento ». E in altro luogo dice: « La superbia ha concepito il dolore nel cielo, ha partorito l’iniquità nel paradiso terrestre; il dolore figlio del peccato, l’iniquità madre della morte e di tutte le miserie. Solo tra i vizi, l’orgoglio fa guerra a tutte le virtù, e come veleno universale le corrompe tutte ».
S. Giovanni Crisostomo paragona l’orgoglio alle tempeste di mare; dice che questo delitto acceca lo spirito; fa dell’uomo un oltraggiatore, un bestemmiatore, uno spergiuro, un demonio; non vi è male che l’uguagli. Esso è la sorgente di tutti i vizi, come all’opposto l’umiltà è la fonte di tutte le virtù ... È il peccato dei demoni...; è un peccato di cui ben raramente si trova chi si corregga... è tale peccato che conduce per l’ordinario al suo seguito la curiosità, la iattanza, l’ipocrisia, la caparbietà, l'ostinazione, le liti. Gli orgogliosi si nutrono di vento, dice S. Isidoro; la superbia è il più enorme dei delitti, è la causa della
morte dell’anima, sia col dare morte a tutte le virtù, sia col generare tutti i vizi... Chiunque pecca è un orgoglioso, perché peccando calpesta i divini precetti (Epist. de forma bene viv.).
L’orgoglio, scrive S. Gregorio, impedisce di giudicare con equità; porta alle grida e agli schiamazzi; inspira zelo amaro, gaiezza scomposta, tristezza furiosa, risposte pungenti, atti impudenti, contegno insultante. L’anima dei superbi è sempre forte per fare un oltraggio, sempre debole per tollerare un affronto; pigra ad obbedire, importuna a stimolare gli altri; tarda a fare quello che deve, pronta a quello che non deve. Nessuna esortazione può muoverla a favore di ciò che non le piace, cerca al contrario di essere obbligata a mettere mano a ciò che le piace ».
L’orgoglio si caccia dovunque, s’insinua e si mischia in ogni cosa, a tal punto che, secondo l’avviso di S. Agostino, dobbiamo temerlo perfino nelle buone opere(In Medit.). E' veleno che infetta le preghiere, le confessioni, le comunioni, l’ingegno, la bellezza, lo spirito, l’anima, il cuore... Male sommo, cambia in male perfino il bene. Si attacca a tutte le facoltà dell’anima, ad ogni senso del corpo: «Vi è l’orgoglio del cuore, dice S. Bernardo, l’orgoglio della bocca, l’orgoglio delle opere, l’orgoglio del portamento »... La superbia invade ogni più remoto angolo della terra; si trova in fondo al cuore di quasi tutti gli uomini... Siccome gli angeli cattivi furono perduti da questo vizio, perciò di questo a preferenza di ogni altro si servono per far perdere il genere umano... « Nessuna cosa, dice S. Giovanni Crisostomo, tanto allontana l’uomo dall’amore divino e più facilmente lo precipita nell’inferno, quanto la follia dell’orgoglio. Questo vizio insozza tutta quanta la nostra vita, per quanto splendida e ragguardevole la facciano le preghiere, le elemosine, i digiuni, il pudore, la verginità, la virtù ».
L’orgoglio ha spinto gli angeli alla ribellione in cielo e ne ha fatto dei demoni; l’orgoglio ha scavato l’inferno e vi ha precipitato gli spiriti ribelli; l’orgoglio ha cambiato in supplizi eterni le delizie di cui dovevano godere... L’orgoglio ha fatto cadere Adamo; l’ha cacciato dal soggiorno della felicità e condannato al lavoro, alle cure, alle pene, alle ambasce, alla nudità, all’accecamento, ai dolori, alle malattie, alla morte, alla corruzione del sepolcro. « L’orgoglio ha rovesciato la torre di Babele, scrive Papa Innocenzo III, ha confuso le lingue, abbattuto Golia, innalzato il patibolo di Aman, fatto morire Nicanore, colpito Antioco, sommerso Faraone, ucciso Sennacherib. Donde viene
questo fasto all’uomo? all’uomo, la cui vita si sviluppa sotto il peso che gli impone il lavoro come castigo che si chiude con la necessità della morte, pena ancor più grande; all’uomo, la cui esistenza è di un istante, la vita un naufragio, il mondo un esilio; all’uomo, cui la morte o già si avvicina, o minaccia di avvicinarsi? ».

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