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mercoledì 26 novembre 2014

GRANDEZZA DELL'UOMO (2)

6. Dio padre dell’uomo. — 7. L’uomo è tempio di Dio, casa di Gesù Cristo, cittadino del cielo. — 8. L'uomo è costato il sangue di Gesù Cristo. — 9. L’uomo partecipa della natura divina. — 10. L’uomo deve vestirsi di Gesù e non può vivere che di Gesù. — 11. L’uomo è così grande che gli bisogna la casa di Dio per abitazione, e Dio medesimo per cibo. — 12. L’uomo è così grande che gli bisogna l’immortalità. — 13. La grandezza dell’uomo dipende tutta da Dio.

6. Dio padre dell’uomo. — Figli di Dio! Dio è adunque nostro Padre! O quanto è grande l’uomo! Si stima fortunato e va superbo chi può vantare dei titoli di nobiltà; ora che cosa sono tutti i titoli, le dignità, le onorificenze di questo mondo, in confronto del titolo di cristiano, che ci rende figli di Dio e ci permette di chiamare Dio nostro Padre!... Vedete quel mandriano che custodisce la greggia alla campagna? egli è nobile, ha per padre Iddio... Vedete questo accattone cencioso, che limosina alla vostra porta? Egli è di nobile stirpe, perché suo padre è Dio. Egli può ogni giorno ed ogni istante dire con verità al pari del primo dei re: Padre nostro che sei nei cieli...
« Come è grande, dice S. Cipriano, l’affabilità di Dio! Che abbondanza di dignità e di bontà è mai questa sua a nostro riguardo, che non solamente permetta, ma ordini, ma voglia che noi lo chiamiamo nostro padre, e lo sia veramente! Gesù Cristo è il Figlio di Dio, e noi abbiamo il titolo di figli del medesimo padre! Ah! chi di noi avrebbe mai osato chiamare Dio suo padre, se egli non l’avesse, più che permesso, comandato? Dobbiamo dunque ricordarci, fratelli carissimi, e considerare che mentre chiamiamo Dio nostro padre, dobbiamo diportarci come figli di Dio, affinché se noi siamo contenti di avere Dio per padre, egli sia pure contento di avere noi per figli ».
« Essi saranno chiamati, dice Osea, figli del Dio vivente »  (I, 10). Questa dignità, quest’innalzamento dell’uomo, fino ad avere Dio per padre, essere suo figlio, è quasi infinita. « Che Dio chiami l’uomo suo figlio, e che l’uomo chiami Dio suo padre è tale favore, che supera immensamente ogni altro favore », diceva già S. Leone. E perciò esorta l’uomo ad imitare Dio suo padre, a vivere della sua vita, per condurre una vita divina, non terrena, non carnale, e così conchiude: «Riconosci, o cristiano, la tua dignità e, fatto partecipe della natura divina, bada a non ricadere nell’antica tua bassezza con una condotta depravata e guasta ». « Venendo d’una schiatta scelta e reale, continua il citato padre, rispondi alla tua destinazione, ama quello che è gradito a tuo Padre, guarda che vi sia tra te e lui somiglianza di pensieri, di affetti e di opere, affinché egli non abbia da rivolgerti quel rimprovero di Isaia: « Ho allevato ed innalzato dei figli, ed essi mi hanno voltate le spalle » (Isai. I, 2). Praticate quell’insegnamento di Cristo: « Siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro celeste » (Matth. V, 48).
Notate quello che dice il Vangelo, di S. Giovanni: «Il Verbo ha data loro la potestà di diventare figli di Dio; l’ha data a coloro che non son nati dal sangue, né per impulso della carne, né per volontà dell'uomo, ma da Dio » (Ioann. I, 12, 15); la dà a coloro che sono simili all’Unigenito di Dio, cui il Padre disse da tutta l'eternità: « Tu sei mio Figlio, oggi io ti ho generato » (Psalm. II, 7).
I cristiani non sono figli di dèi muti e morti, non sono i figli degli idoli, ma i figli delDio vero, del Dio vivo, del Dio che è la vita per essenza, la vita divina ed increata, vita che ad essi comunica. In questa generazione e figliazione, il padre è Dio; la fecondità è la grazia preveniente; la madre è la volontà che consente e coopera a questa grazia; la famiglia che ne nasce sono i giusti; l'anima di questa famiglia è la carità. Il modello di questa figliazione è nella figliazione del Verbo di Dio: poiché come Dio Padre genera ab eterno un Figlio che è a lui consostanziale ed uguale in ogni cosa, così genera nel tempo dei figli, che sono per grazia quello che l’Unigenito di Dio è per natura; come si rileva da quel tratto di S. Paolo ai Romani : « Quelli che Dio ha conosciuto con la sua prescienza, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine di suo Figlio, affinché sia egli il primogenito tra molti fratelli » (Rom. VIII, 29).
« Tutti quelli, continua a dire l’Apostolo, che sono mossi dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. Voi non avete già ricevuto di nuovo lo spirito di servitù nel timore, ma lo spirito di adozione dei figli, in virtù del quale gridiamo: Abba, Padre. Perché lo Spirito rende egli medesimo testimonianza al nostro spirito, che noi siamo figli di Dio. Ma se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio, eredi di Gesù Cristo; a patto però che con lui patiamo, per essere con lui glorificati » (Rom. VIII, 16-17).
Per meglio approfondire e comprendere questa adozione dell’uomo per parte di Dio, bisogna osservare che in essa non ci vengono solamente dati la grazia, la carità e gli altri doni dello Spirito Santo, ma ci è dato lo Spirito medesimo che è il dono pr;mo ed increato dato da Dio agli uomini. Avrebbe Iddio potuto, nella giustificazione per la grazia e la carità infusa, farci solamente giusti e santi; e questa sarebbe già stata una grazia segnalatissima ed un benefizio immenso di Dio, ancorché non ci avesse adottati in figli; ma la bontà sua non si tenne paga a tale favore; egli ha voluto renderci così giusti, da poterci adottare come figli. Avrebbe inoltre potuto compiere tale adozione, dandoci solo la carità, la grazia, i doni creati, favori questi certamente immensi; ma l’infinita benignità di Dio si compiacque di aggiungere se medesima a’ suoi doni e santificarci e adottarci con se stessa di modo che lo Spirito Santo si è di propria volontà aggiunto a' suoi doni, di modo che nel darci la grazia e la carità, ci dà anche se stesso personalmente e sostanzialmente, secondo quelle parole dell’Apostolo : « La carità di Dio è sparsa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci fu dato » (Rom. V, 5). Spirito che perciò il medesimo Apostolo chiama « Spirito di adozione » (Rom. VIII, 15). È questa la somma stima che Dio ha fatto di noi, ed è questa ancora la nostra suprema grandezza ed elevazione, che ricevendo noi la grazia e la carità, riceviamo ad un tempo la persona medesima dello Spirito Santo che unendosi da se stesso alla carità ed alla grazia, abita in noi, ci adotta, ci vivifica e ci divinizza.
Ma non basta: lo Spirito Santo, scendendo personalmente in un’anima giusta, conduce con sé le altre persone divine dalle quali è inseparabile. Quindi l’augustissima Trinità tutta intera viene personalmente e sostanzialmente nell’anima che è giustificata e adottata, e finché quest’anima persevera nella giustizia, Ella vi abita come in proprio tempio, secondo quel testo di S. Giovanni: «Dio è carità; e chi dimora nella carità, dimora in Dio, e Dio in lui » (I, IV, 16); e quell’altro di S. Paolo: « Chi si tiene unito a Dio, forma con lui un medesimo spirito » (I Cor. VI, 17). Questo appunto dimandò Gesù Cristo a suo Padre nella preghiera che fece la vigilia della sua passione: « Che siano tutti una sola cosa, come tu sei in me, o Padre, e io in te, che siano anch'essi una cosa in noi » (Ioann. XVII, 21). Queste parole sono spiegate da S. Cirillo (lib. II in Ioann. c. XXVI), da S. Atanasio (Orat. IX, cont. Arian.), dal Toledo e da altri, in questo senso: partecipino cioè tutti del medesimo spirito che è uno; siano uniti a lui e, per lui, alle altre persone divine, non formino tra tutti che una cosa sola in lui, talmente che siano tutti come se non fossero che un solo, e ciò nello Spirito Santo; a quel modo che le tre persone divine non sono che uno, in una sola natura divina.
Quindi nella giustificazione e adozione dell’anima, ci vengono comunicate la grazia e la carità, e lo Spirito Santo e tutta la Trinità Santissima si unisce a’ suoi doni sostanzialmente, per unirci, a sé sostanzialmente, santificarci, adottarci, deificarci. Per mezzo di questa adozione, noi riceviamo primieramente la suprema dignità della figliazione divina, affinché siamo in realtà i figli di Dio, non solo accidentalmente per la grazia, ma ancora sostanzialmente per natura e siamo come dei; poiché Dio ci comunica e ci dà realmente la sua natura. Riceviamo in secondo luogo, in qualità di figli, il diritto dell’eredità celeste, alla beatitudine eterna e a tutti i doni di Dio nostro padre. Riceviamo in terzo luogo una mirabile dignità di opere e di meriti; vale a dire le nostre opere vestono una dignità somma, acquistano un valore, un prezzo, un merito immenso e pienamente proporzionato e conveniente alla loro ricompensa che è la vita e la gloria eterna essendo fatte da chi è veramente figlio di Dio, e derivando, in certo modo, da Dio medesimo, dallo Spirito divino che abita in noi, che ce le inspira e vi coopera.
Da quanto abbiamo detto ne segue in primo luogo, che la giustizia inerente o la grazia santificante per la quale noi siamo giustificati e adottati in figli di Dio, non è una semplice qualità, come pensa qualcuno, ma comprende parecchie cose : la remissione dei peccati, la fede, la speranza, la carità ed altri doni, anzi lo Spirito Santo in persona, autore dei doni e quindi la Santissima Trinità, poiché l’uomo riceve tutte queste cose nella giustificazione infusa, come insegna il Concilio di Trento (Sess. VI, c. VII).
Ne deriva in secondo luogo, che sbagliano coloro i quali credono che nella giustificazione e adozione, lo Spirito Santo non ci venga comunicato nella sua sostanza e nella sua persona, ma solamente quanto a’ suoi doni. Infatti S. Bonaventura dice che lo Spirito Santo accompagna personalmente i suoi doni, e diviene assoluta possessione delle anime giustificate e adottate (In I Sentent. d. 14, art. 2, q. 1). La stessa cosa afferma il Maestro delle sentenze (Lib. I, dist. 14, c. 15) seguendo S. Agostino e altri dottori. In questo parere convengono Scoto, Gabriele, Marsilio, Vasquez, Valenza, Suarez, il quale dà per certa dottrina e cita ad appoggio della medesima S. Leone, S. Agostino, S. Ambrogio. S. Tommaso dice anch’egli espressamente (la lae q. 4-5, art. 3 et 6 e q. 38, art. 8), che lo Spirito Santo è dato a tutti i giusti, non solamente quanto all'effetto, ma nella sua propria persona.
Ne risulta per terzo corollario, che l’adozione nostra, una in se stessa, è però duplice in virtù. Per la prima, siamo adottati in figli di Dio, mediante la carità creata e la grazia infusa nell’anima, ed è questa un’immensa partecipazione alla natura divina. Per la seconda, riceviamo lo Spirito Santo e la natura divina, mediante la grazia, e in forza di lei siamo divinizzati e adottati in figli di Dio. Ora questa doppia adozione ha suo principio quaggiù per la grazia, e il suo compimento in cielo, per mezzo della gloria eterna, della visione beatifica, del possesso inammissibile di Dio.
Finalmente dalla dottrina esposta si deduce che, siccome Gesù Cristo è Figlio di Dio per natura: in quanto Dio, in virtù della generazione eterna, in quanto uomo, in virtù dell’unione ipostatica; così noi siamo Agli adottivi di Dio, ma in maniera ben più nobile e più reale che non sia quella dell’adozione tra gli uomini. Infatti i figli adottivi degli uomini non ricevono nulla, fisicamente parlando, dal padre adottante, se non una denominazione morale e legale per cui viene loro il diritto all’eredità; ma noi riceviamo da Dio la grazia e, con la grazia, la natura stessa di Dio; e come tra gli uomini ha vero nome di padre colui che comunica ad un altro la sua propria natura generandolo, così Dio è chiamato padre, non solamente di Gesù Cristo, ma ancora di noi, perché ci comunica, per mezzo della grazia, la sua natura, che comunica a Gesù Cristo per mezzo dell’unione ipostatica, e ci rende per tal modo veri fratelli di Gesù Cristo.
Da ciò si può comprendere che grande benefizio sia quello della figliazione e adozione divina. Eppure, quanto pochi conoscono quest’infinità dignità nel suo vero aspetto! ma più pochi ancora sono quelli che vi riflettano e la stimino nel suo giusto valore. Ogni uomo dovrebbe ammirare, pieno di riverenza, tanta nobiltà e grandezza; dovrebbero i dottori e i predicatori mettere in aperta luce l’eccellenza del cristiano, affinché i fedeli comprendano che sono i templi vivi di Dio, che portano Dio stesso nel loro cuore, e che perciò hanno il dovere di camminare con Dio, di conversare degnamente con un tale ospite che loro sta sempre a fianco, che è dappertutto, che tutto vede, e non li lascia mai un istante.
Con tutta ragione, il grande Apostolo scriveva ai Corinzi : « Forsechè non sapete che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo il quale è in voi, che avete ricevuto da Dio, e che voi non appartenete a voi medesimi? poiché siete stati riscattati a gran prezzo. Glorificate adunque e portate Dio nel vostro corpo ». (I Cor. VI, 19-20).
« Ricordati, diceva S. Leone Marmo, ricordati, o cristiano, di quale capo e di quale corpo tu sei membro. Ricordati che, strappato all’impero delle tenebre, fosti trasportato nella luce e nel regno di Dio. Per il sacramento del battesimo, tu sei divenuto tempio dello Spirito Santo; bada di non scacciare, col peccato, dal tuo cuore un tale ospite e di non sottoporti di bel nuovo alla schiavitù del demonio; perché tu costi il sangue di Cristo il quale ti giudicherà secondo giustizia, avendoti redento per misericordia ».
Dice S. Agostino: « La prima nascita viene dall’uomo e dalla donna; la seconda viene da Dio e dalla Chiesa. Questi sono i nati da Dio; perciò Dio abita in noi. Mirabile cambiamento! Dio si è fatto carne, l’uomo è divenuto spirito! Che cosa è questo prodigio e quest’onore, o miei fratelli? Elevate la vostr'anima a sperare e abbracciare quello che solo è desiderabile, rinunziato alle cupidigie del secolo. Voi siete stati, comprati a gran prezzo; per voi il Verbo si è fatto carne; per voi, quegli che era Figlio di Dio, si è fatto figliuolo dell’uomo, affinché voi, che eravate figliuoli degli uomini, diventaste figli di Dio. Poi in altro luogo: « Gli uomini sono figli degli uomini quando si diportano male; sono figli di Dio quando operano bene. Dio li fa di figli dell’uomo, figli di Dio, perché fece del Figlio di Dio, il figliuolo dell’uomo. Vedete se è grande questa partecipazione alla divinità! Il Figliuolo di Dio si è fatto partecipe della nostra mortale condizione, affinché l’uomo mortale sia partecipe della sua divina natura. Immensa carità che ci dimostra quel Dio che ci promette la divinità! ». E S. Ambrogio dice: «Dio mette nel numero de’ suoi figli coloro nei quali vede l’imagine di suo Figlio » (De Fide, lib. V, c. 3).
Conoscendo adunque la nostra grandezza, dirò con S. Cirillo gerosolimitano: governiamoci spiritualmente, per renderci degni dell’adozione di Dio; perché chi è governato dallo spirito di Dio, è figlio di Dio. Così facciamo, perché non dobbiamo udirci dire: Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Diamo gloria al Padre nostro celeste con sante azioni, affinché gli uomini, vedendo la nostra buona condotta, siano tratti a lodare il padre nostro che è nei cieli (Catech. VII).
Di questo argomento si serviva S. Cipriano per allontanare i fedeli di Cartagine dagli spettacoli profani. « Può forse lasciarsi attrarre dalle opere degli uomini, chi pensa di essere figlio di Dio? Ah! cade dal vertice della sua grandezza, chi si diletta e si lascia rapire da altra cosa che da Dio ». E altrove: «Poiché chiamiamo Dio nostro padre, dobbiamo regolarci da figli di Dio, affinché se noi andiamo superbi di avere Dio per padre, anch'Egli goda di averci in figli. Governiamoci come templi di Dio, e sia manifesto che in noi abita Iddio; acciocché avendo cominciato ad essere celesti e spirituali, non ci occupiamo d’altro che di oggetti spirituali e celesti ».

7. L’uomo è tempio di Dio, casa di Gesù Cristo, cittadino del cielo. — « Non sapete, scriveva S. Paolo ai Corinzi, che voi siete il tempio di Dio? che il vostro corpo è l’abitazione dello Spirito Santo il quale è in voi e che avete da Dio? » (I Cor. IlI, 16)(Ib. VI, 19). Voi siete l'edificio non dell’uomo, ma di Dio, e per conseguenza un tempio non profano, ma santo, nel quale Dio abita per mezzo della fede, della speranza, della carità e, con tutti i suoi doni, vi dimora egli medesimo in persona. Voi siete i tabernacoli di Dio, i vasi consecrati a Dio... Non profaniamo dunque mai questo tempio, perché « chi viola il tempio di Dio, dice lo stesso S. Paolo, sarà da Dio sterminato; perché santo è il tempio di Dio, e questo tempio siete voi » (I Cor. IlI, 17). Gesù Cristo dimora in noi, come un figlio nella propria casa (Hebr. III, 6).
Ricordatevi che « voi non siete più stranieri o pellegrini, ma concittadini dei santi, famigliari della casa di Dio » (Eph. II, 19). Concittadini degli angeli, dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei martiri..., voi godete i diritti di cittadini nella Chiesa di Gesù Cristo; voi appartenete alla casa, alla famiglia di Dio. Dio è vostro padre, la Chiesa e Maria Vergine sono vostra madre, i beati del cielo sono vostri fratelli. Voi siete della famiglia del Re-Messia, Dio e uomo, membri della repubblica cristiana, nella quale avete diritto ai sacramenti della Chiesa, a tutti i doni di Gesù Cristo, e siete inscritti nel ruolo dei cittadini, degli eredi dell’eterna gloria. A ciascuno di voi è assegnato un angelo che lo protegga; è stato dato il nome di un santo, perché gli sia guida e conforto: nulla vi manca... Non siete forse sommamente nobili, grandi, felici!
Membra di Cristo, come ci chiama S. Paolo (I Cor. XII, 27), noi siamo figli di Dio; « ma se siamo figli siamo anche eredi; sì, eredi di Dio, coeredi di Gesù Cristo » (Rom. VIII, 17).

8. L’uomo è costato il sangue di Gesù Cristo. — « Voi non appartenete a voi stessi, diceva S. Paolo ai Corinzi, perché siete stati comperati ad alto prezzo. Glorificate e portate Dio nel vostro corpo » (I Cor. VI, 19-20). E quale fu questo prezzo? Lo dice S. Pietro: « Non con oro o con argento siete stati redenti; ma col prezioso sangue di Cristo, quasi agnello immacolato e incontaminato » (I Petr. I, 18-19). S. Giovanni diceva a Gesù Cristo: « Tu sei stato ucciso, e ci hai redenti col tuo sangue » (Apoc. V, 9).
Magnifico e prezioso è il sole, sono belle la luna e le stelle, ma non costarono il sangue di Gesù Cristo... Ricco è la terra, fecondo è il mare, ma Gesù Cristo non ha dato per loro il sangue. Solo l’uomo ha avuto per suo prezzo il sangue di un Dio; solo per l’uomo morì Gesù Cristo! Così grande, così nobile, di tanto pregio è l’uomo, che tutto l’oro, tutto l’argento, i tesori tutti del mondo non ne uguagliano il valore; poiché per trovare un prezzo che gli equivalga, si dovette cercarlo non tra le creature, ma nel sangue di un Dio! Se dunque mettiamo sopra una bilancia, da una parte l’uomo e dall'altra il sangue di Gesù Cristo, vediamo che il prezzo dell’uomo pareggia il sangue di Gesù Cristo; e se non è possibile stimare al giusto valore il sangue di un Dio, è pure impossibile calcolare il prezzo dell’uomo; voi valete quanto vale il sangue di Gesù Cristo.

9. L’uomo partecipa della natura divina. — L’uomo, creato ad imagine di Dio, è già una specie di divinità; ma principalmente nella sua rigenerazione, per mezzo di Gesù Cristo, diventa Dio, partecipa alla natura divina... Il Verbo si è fatto carne (Ioann. I, 14). Ecco l’uomo divinizzato...
« Dobbiamo congratularci, diceva S. Agostino, con la natura umana perché il Verbo se l’è vestita in modo da collocarla immortale nel cielo, e perché l’argilla è stata innalzata a sedere alla destra del Padre. Chi non si rallegrerà con la sua natura divenuta immortale in Gesù Cristo, e non spererà di vedere anche in sé il medesimo prodigio, per virtù di Gesù Cristo? » (Serm. de Nativ.). « Ah sì, Dio si è fatto uomo, affinché l’uomo diventasse Dio; e perché l’uomo mangiasse il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo ».
La medesima cosa insegna il Nazianzeno: «Il Verbo del Padre si è fatto uomo, e della nostra condizione, per unire così l’uomo a Dio. Da una parte e dall’altra, è un solo Dio, un Dio fatto uomo, per fare, di me mortale, un Dio. Gesù nacque nella carne, affinché noi nascessimo nello spirito; nacque nel tempo, acciocché noi nascessimo nell’eternità; nacque in una stalla, perché noi nascessimo nel cielo ». E prima di lui S. Atanasio aveva scritto: « Come il Signore si è fatto uomo vestendo corpo umano, così noi uomini, siamo divinizzati dal Verbo di Dio, dacché, egli fu ricevuto nella carne ».
Nell’incarnazione il Verbo eterno unì a sé la umanità come sposa, per unirsi e sposarsi a tutto il genere umano; e per renderci di mortali, immortali; di terrestri, celesti; di uomini, convertirci in dèi, secondo la frase di S. Bernardo. « Perciò Dio si è fatto uomo, per fare dell’uomo un Dio » S. Leone pure scrive : « Gesù Cristo si è fatto figliuolo dell’uomo, acciocché noi possiamo diventare figli di
Dio ». Cristo Gesù ha voluto, nella sua carne e nel suo sangue, divenire nostro fratello. Infatti, come nota S. Agostino: « Chi chiama Iddio suo padre, necessariamente chiama Cristo suo fratello ».
Con ragione Clemente di Alessandria afferma che Gesù Cristo ha cambiato nella sua incarnazione la terra in cielo, e fatto degli uomini altrettanti angeli, o piuttosto altrettanti dèi (Adhort. ad Gent.). Questo appunto vuole significare S. Giovanni con quelle parole: « Diede loro la potestà di diventare figli di Dio. E il Verbo si è fatto carne » (Ioann. I, 12-14); e così le spiega Origene: Il Verbo si è incarnato, ma per noi, i quali senza l'incarnazione non avremmo in nessun modo potuto essere trasformati in figli di Dio. La salute è discesa per riascendere coi salvati. Gli uomini furono cambiati in dèi da colui che di un Dio ha fatto un uomo. Ed abitò in noi, cioè possiede la nostra natura, per rendere noi partecipi della sua ».
Satana per ingannare i nostri padri, dava a loro la speranza di potere diventare dèi(Gen. III, 5). Or bene, egli profetizza senza volerlo e la sua profezia si adempirà con l’incarnazione del Verbo : egli sarà colto al suo laccio e la sua menzogna diventando, in senso contrario a quello da lui inteso, una realtà e la più stupenda delle verità, si volgerà in sua onta e confusione e disfatta. Così Dio si burla del demonio, e cava il bene dal male. Il Figlio di Dio ha voluto, col vestire umana carne, che l’uomo il quale ambiva di diventare Dio, divenisse tale e lo divenisse senza delitto. A questa deificazione dell’uomo, per mezzo dell’incarnazione del Verbo, alludeva il Salmista quando diceva degli uomini: «Voi siete tutti dèi e figli dell’Altissimo » (Psalm. LXXXI, 6).
Così è infatti, se è vera la sentenza di S. Cipriano, che « Dio si è mescolato all'uomo; che Cristo volle essere quello che è l’uomo, affinché l’uomo possa essere quello che è Cristo ». E lo è difatti con una così intima unione, che, come dice S. Agostino, tutti gli uomini, avendo a capo Cristo, formano Gesù Cristo. Perciò ognuno può dire con S. Baslio: « Per l’imagine di Dio improntata nell'anima mia, ho ricevuto l’uso della ragione; ma, divenuto cristiano, divengo simile a Dio ».
Se Gesù Cristo uscì dai giorni dell’eternità per entrare nei giorni del tempo, come si esprime un profeta, lo fece perché noi uscissimo dai giorni del tempo, ed entrassimo nei giorni dell’eternità... « Egli è disceso, dice Sant’Agostino, perché noi ascendessimo e, partecipando alla natura de’ figli degli uomini, ha adottato i figli degli uomini, per farli partecipi della sua natura. O uomini, non disperate di poter diventare figli di Dio, poiché il figlio stesso di Dio si è fatto carne ».
Dice S. Bernardo (Semi. sup. Missus) : « L’onnipotente maestà, nel vestire l'umana carne, fece tre cose, o unioni delle quali non si sono fatte né si faranno mai su la terra le più grandi, le più inaudite; infatti nell’incarnazione appaiono insieme uniti e commisti Dio e l’uomo, una madre e una vergine, la fede ed il cuore umano. Stupende, ineffabili sono queste mescolanze; e chi non tiene per uno dei più grandi miracoli, che cose tanto diverse, tanto separate, tanto tra loro divise, si siano congiunte in perfettissima armonia? ». Poi su quelle parole agli apostoli : « Dimorate in me, ed io in voi » (Ioann. XV, 4) il medesimo dottore esce in queste esclamazioni : « O sublimità! o autorità della più grande sublimità è questa, che l’uomo abiti con gli angeli, che la terra e la polvere s’innalzino fino al cielo, che l’uomo uscito dal fango venga associato alla compagnia degli angeli!! che anzi, incredibile cosa! la creatura dimori nel Creatore, quello che fu fatto, in colui che lo fece; il redento, nel redentore; il servo, nel padrone; il peccatore, nel giusto per essenza; il fango, nell’Onnipotente; il transitorio, nell’immutabile; il temporaneo, nell'eterno; la miseria, nel sommo bene! O cielo, che inenarrabile grandezza, abitare in colui che rende eternamente felice, che santifica tutto ciò che è santo, che è la verità, la vita, la gloria eterna, la gioia del mondo, la bellezza del cielo, la soavità del paradiso, la beata eternità e la beatitudine eterna, cioè il Signore Gesù! ».
Noi diventiamo partecipi della natura divina, dice S. Pietro (II, I, 4). L’anima ornata della grazia di Dio è una regina infinitamente bella, superiore in bellezza non solamente a tutte le creature, ma ancora alla bellezza creata degli angeli; poiché per mezzo della grazia noi abbiamo parte alla natura divina, e partecipiamo per conseguenza in modo eccellentissimo e strettissimo alla bellezza somma e soprannaturale di Dio, che supera immensamente ogni bellezza naturale e creata.
A proposito di quelle parole del profeta Baruch: «Dopo ciò fu veduto sulla terra e conversò con gli uomini » (III, 38), che S. Giovanni mostra adempite in quel sublime tratto : « E il Verbo si è fatto carne, ed abitò fra noi » (I, 14), S. Cipriano fuori di sé per lo stupore esclama: « Che pretendi di meglio, o uomo? Prima si diceva a Dio: l’uomo a Voi appartiene: ora si dice all’uomo: Dio appartiene a te. O uomo, tu basti a Dio, basti anche a te Iddio » (Serm. de Ascens.). « Riconosci, o cristiano, dice Sant'Ambrogio, la grandezza, la sapienza, la nobiltà del nome tuo. Il Cristianesimo importa l’imitazione della natura divina; se dunque sei cristiano, imita Gesù Cristo; non portare un nome vano e inutile, ma onoralo con le virtù; sii all'altezza di un nome così grande, facendo opere degne di lui; risponda la tua vita a tal nome, affinché non sia in te un nome vano, e il tuo delitto risulti enorme » (De degnit. sacerd.).
Il cristiano che opera altrimenti, porta un nome bugiardo; non ha del cristiano né lo spirito né il cuore, né il pensiero, né l’affetto, ma solo l'apparenza; non è un cristiano. Dica adunque tra sé il cristiano: io sono di schiatta divina, il Figlio di Dio è mio fratello, mio dottore, mio signore; devo dunque vivere divinamente, affinché sia un altro Gesù Cristo. Poiché noi siamo, al dir di S. Pietro, « progenite eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto » (I, II, 9).

10. L’uomo deve vestirsi di Gesù e non può vivere che di Gesù.
— A vestire il nostro corpo basta la spoglia delle bestie...; ma a vestire l’anima che è spirituale le abbisogna Gesù Cristo... S. Paolo dice: « Vestitevi del nostro Signore Gesù Cristo» (Rom. XIII, 14). « Chiunque è stato battezzato nel nome di Cristo, ripete ai Galati, si è vestito di Cristo » — (Gal. III, 27). « Vestitevi dell’uomo  nuovo, scrive agli Efesini, che è stato creato secondo Dio, nella giustizia e nella santità della verità » (Eph. IV, 24). Ogni altro vestimento che non sia Cristo è indegno dell’anima nostra... Dallo splendore e dalla magnificenza di tale vestimento, argomentate la grandezza e nobiltà dell’uomo...
« Gesù Cristo, come asserisce l’Apostolo, è morto per tutti, affinché coloro che vivono, non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per essi » (II Cor. V, 15). Poiché, se noi siamo morti  con Gesù, crediamo che vivremo anche con lui. Consideratevi come morti al peccato, ma viventi per Iddio in Gesù Cristo (Rom. VI, 8-11). Perciò afferma che il Cristo è la sua vita (Philipp. I, 21); e vita talmente intima, così totale che si può dire con ragione non essere più Paolo che vive, ma Gesù Cristo che vive in Paolo. Gesù Cristo è così la vita del cristiano, ed il cristiano deve vivere così intimamente di Gesù Cristo, che se non vive di questa vita, è morto...

. 11. L'uomo è cosi grande che gli abbisogna la casa di Dio per abitazione, e Dio medesimo per cibo. — Un muratore qualunque basta a costruire una casa che ricoveri il nostro corpo; una capanna coperta di paglia serve abbastanza a questo bisogno, e ben presto una bara ed una fossa formeranno tutta la sua abitazione... Ma per l'anima ci vuole un palazzo non costrutto dall’uomo, ma dalla mano di Dio...
I più ingegnosi architetti non possono innalzare all’anima una dimora che sia degna di lei...; ci vuole perciò l’architetto del cielo...; l’uomo sente il bisogno di avere per dimora la casa stessa di Dio...; Gesù Cristo si è preso il compito di questa costruzione, quando disse : « Ecco che io vado a prepararvi l’abitazione » (Ioann. XIV, 2).
A nutrire il corpo bastano poche biade dei campi..., ma a nutrire l’anima creata ad imagine di Dio, si richiede la grazia di Dio... Le bisogna il corpo, il sangue, l’anima, la divinità di Gesù Cristo : « V'impegno la mia parola, che se voi non mangerete la carne del Figliuolo dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita » (Ioann. VI, 54). Potete voi comprendere la vostra grandezza? Essa è così sublime, che pretende un Dio per cibo; e senza questa vivanda, senza il pane eucaristico voi non vivete... Ah sì! voi solo, o mio Dio, siete il cibo dell’anima mia. Voi dimostrate così quanto grande avete fatto la creatura ragionevole; tutto ciò che è meno di voi, tutto ciò che non è voi, non basta a nutrirla, a renderla sazia; ella non basta dunque a se stessa..., e ogni abbondanza che non è voi, o mio Dio, è miseria, fame, indigenza.

12. L’uomo è così grande che gli bisogna l’immortalità. — L’uomo sente in sé il bisogno di vivere immortale, indistruttibile, e Dio l’ha creato tale (Sap. II, 23); ed all'uscire da questo mondo, egli se n’andrà nella casa della sua eternità (Eccle. XII, 5). Quello che finisce non è dunque fatto per l’uomo; dunque l’uomo è fatto per Iddio che non finisce mai...
L’uomo formato ad imagine di Dio, l’uomo di un valore infinito, l’uomo re, servo di Dio, figlio di Dio, dimora di Gesù Cristo, erede dell’Onnipotente, coerede del Salvatore; l’uomo che è costato il sangue di un Dio, che partecipa della natura di Dio, che è fatto Dio per l incarnazione del Verbo, l’uomo che deve avere per vestimento, per cibo, per vita, Gesù Cristo, e per abitazione il paradiso; l’uomo che ha bisogna dell’immortalità, l’uomo che è tutto questo, l’uomo cui bisognano tutte queste cose, dimostra che è un essere di una nobiltà, di una grandezza quasi infinita.
Ah! se tu imparassi, o uomo, a leggere i titoli della tua nobiltà e grandezza, se tu ti conoscessi, come rispetteresti te stesso, come ti stimeresti felice, come ti adopereresti a renderti degno del tuo sublime destino, della tua alta vocazione! oh! come disprezzeresti tutto il resto, di te tanto inferiore e tanto indegno! e come avresti a cuore l’affare del tuo eccelso fine, che è di conoscere, amare, servire Dio e giungere al porto dell’eterna salvezza! Ma tu sei cieco, sordo e muto su questo punto; tu rassomigli a quelle statue di cui parla il Salmista, che hanno bocca, e non parlano; hanno occhi, e non veggono; hanno orecchie, e non intendono; hanno naso e non odorano; hanno mani, e non toccano; hanno piedi e non camminano; hanno gola che non dà suono (Psalm. CXIII, 13-17). O uomo stordito ed infelice, ben si può dire di te: « L’uomo, in seno alla sua grandezza, non ha compreso la sua condizione; egli si è messo alla pari coi giumenti, e si è reso simile a loro» (Psalm. XLVIII, 12).

13. La grandezza dell'uomo dipende tutta da Dio. — L’uomo non è così nobile e grande e potente come abbiamo veduto, se non per virtù di Dio; egli deve dunque attaccarsi a Dio, e a Dio solo, con tutte le forze dell’anima sua... Ricordi che egli non vive se non  per conoscere, amare, servire Dio, per ottenere la grazia in  questo  mondo, e la gloria nell’altro. « Non dimenticarti, o uomo, dice S. Gregorio Nisseno, che sei creato per vedere e contemplare Dio, non per strisciare su la terra; non per vivere come i bruti, secondando le passioni, ma per condurre una vita celeste, per salire al cielo » (Orat. 11, in Psalm. XXXIII). « O anima, esclama S. Agostino, o anima fatta a imagine di Dio, redenta col sangue di Gesù Cristo e a lui sposata per la fede, figlia adottiva dello Spirito Santo, ornata di virtù, destinata a vivere con gli angeli, ama colui che tanto ti ha amata; occupati di colui che tanto ha pensato a te; cerca colui che ti cerca; ama il tuo amante divino; veglia col tuo Dio che tiene continuamente i suoi occhi aperti su  di te; lavora con lui perché egli lavora per te; sii pura con colui che è la purezza per essenza, santa col Santo dei santi » (Confess.).
S. Paolo diceva ai Colossesi: «Poiché avete ricevuto il Signore Gesù Cristo, camminate su le sue orme, radicati in lui, edificati su lui, consoldati nella fede » (Coloss. II, 6-7). Rilevate qui tre mezzi eccellenti che S. Paolo propone sotto forma di tre paragoni, affinché noi apparteniamo veramente a Dio. Egli paragona Gesù Cristo e la fede in lui: 1° ad una strada in cui bisogna camminare. 2° Ad una radice alla quale bisogna tenersi uniti, anzi essere innestati: radicati. 3° Ad un fondamento sul quale dobbiamo essere fabbricati. È necessario camminare su le orme di Gesù Cristo, tenerci a lui uniti e sopra di lui innalzare la fabbrica della nostra vita, con la pratica delle virtù... Poiché dice S. Bernardo: « Le virtù sono stelle e l’uomo è il firmamento di queste stelle ».

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