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venerdì 24 ottobre 2014

ONORE

1. Che cosa è l'onore? — 2. Gli onori del mondo sono pesi. — 3. Nullità e pericoli degli onori. — 4. Gli onori sono da fuggirsi.
1. Che cosa è l’onore? — La parola onore deriva, secondo S. Isidoro, dal vocabolo latino onus, peso, carico; o meglio, Vonus (carico) deriva da honor (onore). — Honor ex onere venit, aut potius de ho- nere onus (Sentent.).
« Chi si gloria, si glorii nel Signore » dice S. Paolo (II Cor. X, 17). Questo ci dice che la vera gloria, il sincero onore si trova soltanto in Dio e con Dio. Il Savio dice che « il più alto onore consiste nel seguire il Signore » (Eccli. XXIII, 38); e S. Bernardo sentenzia che servire a Dio è un vero regnare: — Cui servire, regnare est (Servi. VII, in Psalm.), 1° perché non si dà uffizio più nobile che quello di servire il re dei re che è la nobiltà, la grandezza per essenza, la divina e suprema maestà...; 2° questo servizio ci rende simili a Dio...; 3° Dio rimunera con la gloria celeste quelli che lo servono e li stabilisce re dell’universo, secondo quelle parole dell'Apocalisse: « Tu ci hai fatti re e sacerdoti al nostro Dio, e noi regneremo su la terra » (Apoc. V, 10).
« Una buona fama..., un vero benessere... ed un nome senza macchia vale più che ogni ricchezza », leggiamo nei Proverbi: (Prov. XV, 30). — Melius est nomen bonum quam divitiae multae (Ibid. XXII, 1). Una buona riputazione è da preferire a tutte le ricchezze perché le ricchezze sono terrene, transitorie, spesso accompagnate da tormenti, mentre il buon nome è un tesoro dell’anima, una ricchezza spirituale, solida e duratura. Perciò l'Ecclesiastico ci ammonisce che abbiamo gran cura della buona fama, essendo questo bene assai più duraturo che mille tesori (Eccli. XLI, 15). Un nome onorato vale più di tutti i beni del mondo. Perciò il Salmista, tra i più gravi castighi inflitti al malvagio, conta l’averne il Signore cancellato il nome per sempre e fatto sì che la memoria se ne perdesse (Psalm. IX, 5, 7).
« Vi sono tre corone, dice Simone; la corona della legge, la corona del sacerdozio, la corona dell’impero, ma molto più illustre e preziosa di tutte queste è la corona della buona riputazione ».
S. Giovanni Crisostomo osserva che non i grandi monumenti, le colonne, i titoli, procurano onorata e durevole fama, ma l’esercizio di virtù eroiche e principalmente della carità e della limosina; poiché tutto quello è caduco e vano, mentre le virtù sono qualche cosa di vero e di stabile; queste sono sante e celesti, mentre i titoli vanno spesso congiunti al delitto, più spesso ancora alle vanità e alla boria. Non è dunque un cercare buona fama il collocarla nei titoli e nelle colonne, ma è non di rado un diffamarsi e un aguzzar la lingua di chi guarda, alle satire, alle contumelie e ai sarcasmi. Se vi piace un onore eterno, una memoria imperitura, io vi additerò una strada per la quale arriverete al sommo della lode, della riverenza e dell’esaltamento; un segreto che vi darà una immensa confidenza per il secolo futuro; un tal mezzo per cui sempre durerà viva la vostra memoria e sarete celebrati in sempiterno: e questo è d’innalzare ricoveri per i poveri, mettere il vostro denaro nelle mani dei bisognosi; ne avrete per di più il centuplo nel cielo. Lasciate i marmi, i palazzi, le ville; costruite su la elemosina e voi fabbricherete per l’eternità. Questa è memoria immortale; memoria che vi arricchirà all'infinito e per sempre, e non sarà mai dimenticata né da Dio, né dagli uomini. Pensate a quelle parole che di voi si diranno : Costui è misericordioso, buono, caritatevole, dolce, liberale, generoso in largizioni. « Egli ha distribuito e fatto generosità coi poveri, dice il Salmista, la sua memoria durerà in eterno » (Psalm. CXI, 8). In un giorno, il giorno di questa vita, ha dato le sue ricchezze, e la sua giustizia sarà eterna, e la sua memoria lo rende immortale. Vedete voi l’onore che risplende su di lui per tutti i secoli? Vedete voi la sua memoria che è piena di grandi e ineffabili beni? Cerchiamo dunque di scolpire il nostro ricordo sopra di un tale edifizio, perché incidere il proprio nome sopra la pietra, non serve a nulla, se non a farci mordere e lacerare. E intanto noi lasciamo ben presto questi bassi luoghi, portando con noi i peccati che abbiamo commesso e vi lasciamo i nostri edifizi e la nostra fortuna, vi lasciamo una memoria fredda, inutile, disprezzata; il nostro nome presto si estingue e passa ad altri. Osservate Tabita; largheggia in elemosine, e tutti i secoli ne celebrano il nome. Ora se anche voi desiderate una buona fama, imitate questa donna celebre in virtù: innalzatevi dei monumenti nei cuori degli uomini, non su le pietre, e allora avrete monumenti del medesimo vostro genere, poiché non vi è nessuna somiglianza tra voi e la pietra. Il sodo e vero onore, si trova solo nella virtù (Hom. XXX, in Gen.).
Di questo parere erano anche i più sensati uomini dell’antichità pagana. Interrogato, per esempio, Diogene, quali fossero le persone più onorevoli e onorate, rispose: « Gli spregiatori delle ricchezze, della gloria, dei piaceri, della vita, e quelli che mostrano di non temere la povertà, l’oscurità, la miseria e la morte ». Catone raccomandava di conservare la buona fama, ancorché si fosse dovuto sacrificare tutto il resto ; Plauto assicurava che si sarebbe tenuto per troppo più ricco, quando fosse giunto a mantenersi un buon credito. Isocrate suggeriva a un padre, che cercasse piuttosto di lasciare ai figli un buon nome, anziché molte ricchezze, perché le ricchezze sono mortali, e la fama è immortale.

2. Gli onori del mondo sono pesi. — Iddio costituisce Mosè, Dio di Faraone, cioè suo superiore e superiore potente e formidabile. Ora che cosa fa egli a tale annunzio? domanda Sant’Ambrogio; si lagna con Dio che lo abbia così innalzato. E perché mai, va egli dicendo, avete voi, o Signore, posto in ambasce il vostro servo? perché non trovo io grazia dinnanzi a voi? perché addossarmi il peso di tutto questo popolo? Ah! non posso più reggere da solo tutta questa gente; è troppo superiore alle mie spalle il carico addossatomi ( Num. XI, 11, 14 — De Offic.). Un buon re è il servo di tutti. E pieno di realtà è il titolo col quale, da Gregorio VII in poi, sogliono chiamarsi tutti i romani Pontefici: Servi dei servi di Dio.
Se si guarda solamente all’esteriore, nessuna condizione sembra più felice che quella dei grandi; ma se si guarda da vicino, non si tarda a riconoscere che le cure, i sospetti, i disgusti, gli affanni, gli ostacoli, le calunnie, le gelosie, le cospirazioni, ecc. da cui è continuamente assalita ed assediata, invece di una corona di rose ne fanno una corona di spine, invece di uno scettro la caricano d’una croce. « L’onore è una parola che accarezza, dice S. Paolino, ma in realtà è pesante servitù » (Epistola ad Rom.). Che cosa è una grande elevazione? Niente altro, risponde San Gregorio, se non agitazione dell’anima. Tutto quello che quaggiù grandeggia, deve affliggerci assai di più per quello che patisce, che non rallegrarsi per quello che gode. Quindi non fa meraviglia se Pio V, Papa religiosissimo e santo, soleva dire: « Mentre ero semplice religioso, speravo bene della mia eterna salute; fatto cardinale, cominciai a temerne; ed ora, creato Pontefice, starei per dire che ne dispero ».
« L’ambizione forma la croce degli ambiziosi, scrive S. Bernardo; non vi è cosa che più li inquieti e li trafigga. Gli onori solleticano coloro che li desiderano, ma sono tremendi e spaventosi per quelli che vi riflettono. Il vero è che quando vi si pensa sul serio, non si trova negli onori che una consolazione effimera ed un giudizio spaventoso, un uso breve ed una fine sconosciuta ». Assennata sentenza è quella di Sant’Agostino : « L’onore deve cercare te, non tu l’onore » — (Homil. I).
S. Agostino, vedendo come il popolo applaudisse alla sua eloquenza, diceva: « Le vostre lodi, più che di diletto e gioia, ci sono di affanno e di pericolo. Le tolleriamo, ma ne tremiamo ». Carlo V imperatore, cedendo la corona al figlio Filippo III, gli disse piangendo : « Un peso enorme ti impongo, o figlio mio; perché io medesimo, per tutto il tempo del mio regno, non ho passato un quarto d’ora senza essere oppresso da gravi sollecitudini » (In Vita).
L’uomo inesperto, diceva Pompeo, ambisce onori e potenza, ma chi è ammaestrato dall’esperienza ne impaurisce e li fugge a tutto potere; perché, come avverte Filone, chi desidera gli onori mondani, pensi che si cerca la tempesta. Seleuco, re di Siria, soleva ripetere che se si pensasse quanta pena costi il solo leggere le lettere e rispondervi, non varrebbe la spesa raccogliere di terra il diadema (Plutarco). E con molto senno il re Antigono diceva a suo figlio che s’insuperbiva dell’alto suo grado : « Ignori tu, figlio mio, che il nostro regno, altro non è che una splendida schiavitù? ».

3. Nullità e pericoli degli onori. — Sant’Anselmo paragona coloro che anelano gli onori ai ragazzi che corrono dietro alle farfalle. Queste quando volano non tengono mai una via diritta, ma vanno qua e là e quando sembra che si posino, non si fermano. E i ragazzi che le inseguono per prenderle, badando più alla farfalla, che ai loro piedi, inciampano e cadono. Altre volte, cautamente avvicinatisi, mentre stanno per afferrarle, se la vedono sfuggire di mano. Quando finalmente loro riesce di prenderla, ne godono come di prezioso tesoro. Così fanno coloro che cercano gli onori del mondo; perché gli onori del secolo non tengono una via sicura, ma sovente si svagano, fuggono, passano da questo a quello; e ancorché si conseguano e si conservino, che cosa ci resta di essi, nelle mani e nel cuore? Nulla (Similit.).
Quanta pena per arrivare agli onori! Quanto pochi vi giungono! Quando si posseggono, o opprimono o fuggono! Quando poi si perdono, che dispiaceri, che amarezza, e spesso ancora che profonde umiliazioni!
« Gli onori fanno mutare costumi, ma ben raramente in meglio, osserva un autore, e quasi sempre in peggio ». Ohi di quanti si può dire con S. Gregorio : « Finché furono soggetti agli altri, si tennero in piedi; elevati alle cariche, decorati di onorificenze, perirono ».
« Come un fiumicello, dice S. Basilio, modesto nella sua origine, col crescere delle acque nel suo corso gonfia e inturgidisce, sì che termina non di rado col rompere ogni argine e devasta le campagne, così avviene talora che quelli i quali giunsero in alto e ottennero grande potere, progrediscono nei delitti e nelle più barbare oppressioni. L’aumento del potere si fa per loro occasione di più enormi delitti ».

4. Gli onori sono da fuggirsi. — Bisogna, secondo la sentenza di Sant’Agostino, che gli onori vengano in cerca di noi, non noi degli onori. Infatti la gloria umana si stende su di noi più largamente, dice il Crisostomo, quando la disprezziamo. A chi fugge gli onori, si può ripetere quel detto di S. Basilio ad Atanasio: «Tu fuggi, o Atanasio, l’onore, ma non ti verrà fatto di sottrarviti » — A quelli invece che ambiscono gli onori mondani, si può dire: Voi correte loro dietro ed essi fuggiranno; se arrivate ad afferrarli, vi lacereranno e insanguineranno e uccideranno.
S. Gerolamo scrive di S. Paola: « Fuggendo la gloria, Paola la meritava; perché la gloria segue la virtù, come ombra il corpo; fugge quelli che ne vanno in cerca, e segue coloro che la disprezzano ». La storia fa fede che tutti i più pii, i più santi, i più abili uomini hanno sempre fuggito gli onori e messo ogni studio per sottrarvisi... La saviezza e la sicurezza comandano che si segua la via battuta da tutti i Santi.

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