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sabato 29 ottobre 2016

CHIESA (1)

1. Antichità della Chiesa. — 2. La Chiesa romana non è uscita da nessun’altra Chiesa. — 3. La Chiesa, romana è al presente quello che era al principio. — 4. Unità della Chiesa: 1° Unità di lede; 2° Unità di legge e di Sacramenti; 3° Unità di Capo. — 5. Supremazia, autorità, infallibilità del Papa. — 6. Infallibilità della Chiesa. — 7. Necessità di questa infallibilità. — 8. Qual è il giudice, o quale la Chiesa a cui Dio ha comunicato il dono dell'infallibilità?

1. Antichità della Chiesa. — La vera Chiesa comincia con Adamo, perchè Dio manifestò i suoi ordini e i suoi voleri al primo uomo. Da Adamo a Mosè vi fu una rivelazione non scritta, una tradizione costante che trasmetteva di secolo in secolo, di generazione in generazione i precetti del Signore. Chi osservi la longevità degli uomini di quei primi tempi, vedrà come fosse impossibile che la rivelazione si spegnesse. Matusalem, infatti, era vissuto trecent’anni con Adamo; Lamech, figlio di Matusalem e padre di Noè, era vissuto anch’esso per oltre un secolo con Adamo. Abramo visse con Noè sessantanni; poi vengono i patriarchi Isacco e Giacobbe, i cui dodici figli formano le dodici tribù del popolo di Dio...
Al tempo di Mosè ebbe; luogo la, rivelazione scritta. Questa rivelazione fatta a Mosè sotto gli occhi di tutto il popolo ebreo, e da lui scritta, viene trasmessa intatta fino a Gesù Cristo. A questo punto compare il Vangelo, la più sublime delle rivelazioni, la quale riunisce la rivelazione primitiva, la rivelazione scritta da Mosè, e la tradizione non scritta, cosicché tutti i secoli posseggono queste tre rivelazioni che costituiscono la vera Chiesa.
La Chiesa romana data la sua esistenza da Adamo, perchè di
chiara di credere e di osservare la legge naturale, la legge rivelata non scritta, e la legge rivelata a Mosè, in tutto ciò che hanno di essenziale.
L’essenziale dell’antica legge consisteva nei precetti del Decalogo e nell’annunzio della venuta del Messia il quale doveva sostituire la realtà alle figure. I precetti cerimoniali e giudiziali, non meno che le purificazioni legali che formavano il complesso delle leggi mosaiche, erano prescrizioni temporanee che non dovevano durare oltre la venuta del Messia il quale doveva perfezionare questa legge, facendo succedere la realtà alle figure, i sacramenti ai riti ed alle purificazioni. Quello, adunque, che vi era di essenziale nella religione de’ Giudei, si è perpetuato in Gesù Cristo, ne’ suoi Apostoli e nei successori degli Apostoli, i quali si trovano unicamente nella Chiesa romana. E i Giudei che vissero dopo Gesù Cristo fino al presente, furono e sono disertori della religione giudaica, perchè non vollero riconoscere il Messia, la qual cosa era il punto capitale della loro religione.
Ma questa legge naturale, questa legge rivelata non scritta, questa legge antica rivelata e scritta, questa legge evangelica, non formano che una sola religione proveniente da Dio fino dall’origine del mondo, in modo veramente un po’ imperfetto nel principio, ma da Lui perfezionata nei secoli, col rivelare di tempo in tempo nuovi misteri agli uomini, fino a che la portò al suo ultimo compimento per mezzo dell’unico Figliuol suo Gesù Cristo Salvatore, il quale è centro di tutti i secoli passati e futuri : il fine della legge (Rom. X, 4), secondo la frase dell’Apostolo.
Gesù Cristo ha preso, dirò così, l’antica Chiesa e l’ha collocata nella nuova, sostituendo alla sinagoga la Chiesa cattolica, apostolica, romana. La Chiesa antica è una medesima cosa con la Chiesa nuova; la Chiesa de’ Giudei s’è trasformata nella Chiesa dei cristiani romani. Infatti i Giudei, prima di Gesù Cristo, credevano nel Messia venturo; i Giudei, chiamati da Gesù Cristo, credettero in Lui venuto e presente: è dunque la stessa Chiesa, la stessa fede, la stessa speranza, la stessa carità, la stessa giustizia, la stessa gloria, la stessa beatitudine; è il medesimo Gesù Cristo che governa ed ammaestra l’una e l’altra, le giustifica e le rende beate. Se gli ebrei moderni meditassero queste verità, non sarebbero più ebrei, ma cristiani.
In ogni setta, tutto è nuovo. Si conosce benissimo, dice il Padre Campion (Metodo per discernere la vera religione.), in che tempo, in che luogo, in qual anno ha cominciato ogni setta; si sa il nome del suo autore, dei fautori e dei primi partigiani. Ogni religione nuova, appunto perchè nuova, è falsa.
Invano i settari cercano di far arrivare la loro genealogia agli Apostoli; son molti i secoli nei quali non si trova nessun cenno di loro in nessuna parte. Non s’era udito mai fare menzione di tale sorta di religioni, nè acquistarono fama se non per le spaventose dissensioni, e le terribili turbolenze da loro sollevate nella Chiesa. Entrata la corruzione dei costumi in mezzo ai cattolici, il libertinaggio dello spirito tien dietro a quello del cuore. Le persone dissolute mutano religione con la facilità e la leggerezza con cui si mutano abiti e mode; la prima religione diventa per loro odiosa e intollerabile, perchè condanna i loro disordini. Le nuove religioni che accarezzano le passioni, per i cuori guasti hanno delle attrattive e tanto più seducenti quando hanno la maschera di riforma e di severità: riforma e severità che consistono in parole, ma che però fecero buon gioco a tutti gli eresi archi per sedurre la gente. Infatti i novatori si vantano di essere discepoli nuovi, o quasi, risuscitati per miracolo' dalle ceneri degli antichi profeti, dei discepoli di Lutero, di Calvino ed anche dei discepoli di San Agostino; difatti chi non sa che Calvino si gloriava pubblicamente di avere tutto dalla sua il santo vescovo d’Ippona? Ma siano pure speciosi i pretesti, austere le massime, severa la morale che costoro spacciano, dal momento che vi è novità in materia di religione, vi è nota di falsità. Per quanto dicano che la loro dottrina non è nuova, ma antichissima; e per darle colore d’antichità, per quanto cerchino di mascherarla con testi di S. Agostino, di S. Prospero, degli antichi canoni, dei Padri della Chiesa; sta però sempre fermo che ogni partito il quale si ostina a discutere dopo che la Chiesa romana l’ha condannato, non è che una setta eretica...

2. La Chiesa romana non è uscita da nessun’altra Chiesa. — Tutte le sette uscirono dalla Chiesa romana con separazioni scandalose; ma questa non uscì da nessun’altra, perchè ebbe origine da Gesù Cristo e da’ suoi Apostoli. Non si può dire che il papismo è uscito dalla religione cristiana dei primi quattro secoli, perchè per provarlo bisognerebbe provare che nei primi quattro secoli non vi furono Papi e che il papismo ebbe origine nel quinto. Ora è evidente, per testimonianza di tutta la storia, che sempre vi furono dei Papi in tutti i secoli. I cristiani romani furono dunque cattolici e papisti, ed esistettero prima di ogni eresia: essi ebbero culla in Roma sotto il pontificato di S. Pietro, e per conseguenza la loro religione non è uscita da nessun’altra. Al contrario tutti gli eresiarchi prima della loro rivolta furono cattolici e papisti. Simon Mago, primo eretico ed eresiarca, avendo ricevuto il battesimo, apparteneva alla religione di S. Pietro, primo Papa costituito da Gesù Cristo. Simone adunque era papista prima che eretico, e i papisti esistevano già prima di Simone e quindi anteriormente ad ogni setta. Ario era prete della Chiesa romana; Nestorio vescovo appartenente alla Chiesa romana; Lutero monaco nella Chiesa romana; Calvino canonico e Swinglio arcidiacono nella Chiesa romana guidata dai Papi.
Prima che tutti questi, come altri molti capi di partito, dessero origine alle sette che da loro ebbero il nome, erano tutti papisti, tutti soggetti al sommo Pontefice di Roma e aveano tutti fatto pubblica protesta di questa sommissione. Essi dunque si separarono dal Papa e uscirono dalla Chiesa romana, mentre la Chiesa romana non meno che i Papi ebbero origine da Gesù Cristo e da S. Pietro, primo dei Papi. Ora separarsi dalla Chiesa universale è un contrassegno visibile d’errore e così evidente, che il mondo cristiano ha sempre ed ovunque riconosciuto come veri eretici coloro, qualunque essi siano, che si separarono dalla Chiesa avente per capo il Pontefice romano, e guidata dai vescovi a lui obbedienti.
Basta dare uno sguardo agli annali dei secoli per convincersi di
questo tatto, che cioè ogni e qualunque separazione è sempre stata considerata, sia sotto la rivelazione non scritta, sia sotto la legge mosaica, sia sotto l’evangelica, come un errore degno d’anatema e di proscrizione...

3. La Chiesa romana è al presente quello che era al principio. — La Chiesa romana anche oggi si chiama, come nel passato, Chiesa cattolica. Ella è la stessa nella successione non interrotta de’ suoi pastori... È la stessa se si guarda alla forma sensibile del suo governo, secondo cui, in addietro come al presente, j fedeli erano sottomessi ai parroci, i parroci ai vescovi, i vescovi al sommo Pontefice, capo di tutta la Chiesa.
Ella è ancora la stessa riguardo alla forma giudiziaria, poiché a tutti è lecito appellare dal giudizio dei vescovi al tribunale del sommo Pontefice; come sappiamo con certezza che fecero S. Atanasio ed il Crisostomo, che deposti dai vescovi d’Oriente, furono, dietro appello da loro interposto presso i Pontefici romani, ristabiliti da questi nelle loro sedi.
Ella è la stessa in ordine ai riti, alle cerimonie, al modo di celebrare la messa, d’amministrare i sacramenti, di dedicare le basiliche, di consacrare gli altari, di osservare i digiuni, le vigilie, le preghiere, le feste dei Santi, quantunque in tali cose siano avvenuti leggeri cambiamenti per consenso medesimo della Chiesa.
Rimane la stessa nella forma esteriore di tutti gli ordini del cristianesimo, laici, chierici, religiosi, cenobiti, monaci che fanno professioni. dei consigli evangelici, e di cantare notte e giorno le lodi del Signore.
Rimane la medesima per lo spirito interiore di santità, il quale non cangia punto nella Chiesa come lo dimostra la vita dei Santi, quantunque qualche cangiamento s’introduca nella disciplina. Per lo spirito di zelo e di sacrifizio che ha spinto in tutti i secoli, e tuttavia spinge tanti apostoli d’ogni ordine a portare la luce del Vangelo alle nazioni barbare, attraversando i mari più tempestosi, e sfidando i più spaventosi pericoli.
La Chiesa romana è la sola che faccia conoscere l’Evangelo agli infedeli e converta gli idolatri non colla forza delle armi, o con le astuzie dell’avidità, ma per solo impulso di carità. Tutte le altre sette non cercano che di sedurre, di procurare denaro, di corrompere, simili in questo, dice Lattanzio, a quei bachi che rodono il legno nel quale nascono (lib. IlI, c. V).
Perchè mai tra tanta folla di pastori, di ministri, di predicatori, non se ne incontra uno il quale per solo amore cristiano sacrifichi ogni cosa, esponga a mille morti la vita, versi il suo sangue per la propagazione e per la gloria della sua fede in mezzo ai barbari? Questo zelo apostolico fu sempre ereditario nella Chiesa romana e si vede risplendere ai giorni nostri non meno che nel passato...

4. Unità della Chiesa: 1° Unità di fede. — Tutti i membri della Chiesa cattolica, apostolica, romana tengono la medesima fede, e l’unità di fede non si trova se non nella Chiesa romana.
Si dice che una Chiesa ha l’unità di fede quando, in primo luogo, essa ha creduto fin dalla sua fondazione tutti gli articoli rivelati da Gesù Cristo, dagli Evangelisti, dagli Apostoli; quando, in secondo luogo, non ha mai variato nella sua professione e nelle sue formole di fede; quando, in terzo luogo, possiede una regola sicura e infallibile per conservare quest’unità; quando, finalmente, recide in sul bel principio dal suo corpo e separa dalla sua comunione tutti coloro che alterano, o rigettano, o inventano anche un solo articolo di fede. Ora la Chiesa romana ha sempre creduto e crede tuttora tutto ciò che fu insegnato da Gesù Cristo e dagli Apostoli: e dovunque si trovano persone di sua comunione, ivi s’incontra la medesima credenza. Essa non ha mai variato nelle sue professioni e ne’ suoi simboli di fede; perchè quando i concili decisero qualche punto di dottrina, non rivelarono già un nuovo articolo di fede, ma dichiararono che quel tale articolo era stato rivelato. Essa ha una norma sicura per conservare l’unità di fede : cioè le decisioni dei concili confermate dalla Santa Sede, o in mancanza di concili, la cui convocazione non è sempre possibile, i decreti della Santa Sede medesima. E i concili, Così confermati, non hanno mai variato nella loro dottrina. Essa finalmente allontana dal suo seno chiunque si attenti di adulterare, o negare, o introdurre, un solo articolo di fede.
Le sette, al contrario, non ebbero giammai l’unità di fede : perchè anzitutto esse hanno creduto un tempo certi articoli che non credettero in un altro; aumentarono o diminuirono il numero de’ loro dogmi secondo il loro interesse e la necessità de’ tempi; i calvinisti, p. es., diedero questo spettacolo, quando per rinforzare il loro partito, approvarono la dottrina dei luterani, benché differentissima dalla loro. In secondo luogo i protestanti, per tenerci al medesimo caso, hanno ben sovente variato nelle loro formole di fede; ina che meraviglia, se i loro ministri non giunsero mai a mettersi d’accordo intorno al numero dei dogmi fondamentali: quelli volendone dieci, questi sei, ed altri solamente quattro. Ed è questo un possedere l’unità di fede? In terzo luogo, nessuna setta ebbe mai regola sicura per conservare questa unità. Finalmente, noi non troviamo punto ch’esse abbiano separato dalla loro comunione quelli che in qualche punto dissentivano dalla loro dottrina generale. I protestanti s’allearono con altre sette, o meglio non formano che una lega di sette le quali si sbranano a vicenda, in ciò solo unite, nell’odio contro la Chiesa romana. Ma a dispetto degli eretici, solo in questa Chiesa si trova sempre una perfetta unità di credenza: un Dio, una fede, un battesimo, come dice il grande Apostolo (Eph. IV, 5).
Udite S. Agostino : « Lo Spirito Santo è l’amore ed il legame del Padre e del Figliuolo: a Lui appartiene la società con la quale noi formiamo una sola cosa. Il corpo dell’uomo è composto di molte membra e una sola anima dà moto a tutte le membra, vedendo con gli occhi, udendo con le orecchie, e così degli altri membri. Così lo Spirito Santo unisce ed anima i membri del corpo di Gesù Cristo, che è la Chiesa ».
« Tutte le nazioni sono coeredi, dice S. Paolo, e formano un medesimo corpo, e partecipano della medesima promessa di Gesù Cristo » (Eph. III, 6). « Seguendo la verità nella carità, andiamo crescendo per ogni parte in Lui che è il capo, cioè Cristo; da cui tutto il corpo compaginato e connesso per via di tutte le giunture di comunicazione, in virtù della proporzionata operazione sopra di ciascun membro, l’aumento prende proprio del corpo per sua perfezione mediante la carità» (Ecclesiae) (Eph. IV, 15-16).
La Chiesa è un solo corpo, la cui anima è la fede e la carità.
Saulo, perseguitando la Chiesa, ode una voce gridargli: « Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti? » (Act, IX, 4). Gesù Cristo ha la sua testa in Cielo e tiene il corpo nella terra; perchè la Chiesa è il corpo mistico di Gesù Cristo, i fedeli ne sono le membra. Osserva S. Agostino (In Act.), che Gesù non disse già a Saulo: — Perchè perseguiti la Chiesa mia, i miei fedeli? — ma, — perchè perseguiti me? — Tant’è vero che la Chiesa è la sua sposa, anzi una cosa sola con Lui; Gesù Cristo si è così intimamente a lei unito, che vuol essere suo capo, suo spirito, sua anima, sua vita.
« Noi vi annunziamo, diceva S. Giovanni, quello che abbiamo veduto e udito, acciocché entriate anche voi a parte della nostra società, e la società nostra sia col Padre e col Figliuol suo Gesù Cristo » (I Ioann. I, 3).
« Nessuno, scrive il Venerabile Beda, può unirsi in società con Dio, se prima non è congiunto alla società della Chiesa ». « E colui, soggiunge S. Cipriano, che, separato dalla Chiesa, si unisce ad una setta adultera, non partecipa più alle promesse fatte alla Chiesa, nè giungerà alle ricompense di Gesù Cristo. Chi abbandona la Chiesa di Cristo è uno straniero, un profano, un nemico. Non può avere per padre Iddio chi non ha per madre la Chiesa. Se vi è chi si sia salvato fuori dell’arca di Noè, allora potrà anche salvarsi chi sta fuori della Chiesa. Grave e perentorio è l’avviso del Signore : Chi non è meco, sta contro di me, e chi meco non raccoglie, disperde. Chi rompe la pace e la concordia di Cristo, opera contro Cristo; chi vuole mietere fuori della Chiesa, lavora a disperdere la Chiesa di Cristo. Non possono rimanere con Dio coloro che non vogliono conservarsi nell’unità della Chiesa. Muoiano costoro arsi dalle fiamme o sbranati dalle belve, non riceveranno perciò la corona della fede, ma il castigo della perfidia: possono bene farsi ammazzare, ma coronare non mai ».
I malvagi, secondo la similitudine di S. Agostino, stanno nella Chiesa che è il corpo di Gesù Cristo, come gli umori malefici corrono nel corpo umano : ed a quel modo che questo ripiglia sanità e vigore quando li ha rigettati, così la Chiesa splende di nuova luce quando si libera dei malvagi, come di un umore venefico; e dice nell’uscire che questi fanno da lei : Da me uscirono costoro ma non erano dei miei. Il medesimo santo Dottore, scrivendo a Bonifacio, gli osservava che tutte le eresie contrariano Gesù Cristo incarnato, perchè si oppongono alla sua dottrina, alla sua Chiesa, a’ suoi sacramenti, al suo pontefice supremo, all’ordine gerarchico da Lui stabilito. «La sola Chiesa cattolica, egli conchiude, è il corpo di Cristo, di cui Egli è il capo e il salvatore. Fuori di questo corpo, lo Spirito Santo non vivifica persona veruna, perchè non partecipa più della carità divina chi è nemico dell’unità ».
« Carissimi, così ci avvisa S. Giovanni, non vogliate credere ad ogni spirito, ma provate gli spiriti se sono da Dio : poiché molti falsi profeti sono usciti pel mondo. Da questo si conosce lo spirito di Dio: qualunque spirito che confessi che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio, ma qualunque spirito che divida Gesù non è da Dio; e questi è un anticristo, il quale avete udito che viene, e già fin d’adesso è nel mondo » (l Ioann. IV, 1-3).
« Una è la mia colomba, la mia perfetta » (Cantic. VI, 8), dice Iddio parlando della sua Chiesa; e per l’unità essa è onnipotente, immutabile, mentre rinnova ogni cosa; si porta in mezzo alle nazioni ad abitare nelle anime sante; essa fa gli amici di Dio ed i profeti (Sap. VII, 27). Le nazioni e i regni che non saranno sottomessi alla Chiesa periranno, seconde la profezia d’Isaia (Isai. LX, 12). Periranno nel tempo e particolarmente nell’eternità, come tutti coloro ch’erano fuori dell’arca perirono pel diluvio : poiché fuori della Chiesa che è l’arca di Dio, non si dà salute...
In quel giorno, diceva Zaccaria accennando al regno della Chiesa, non vi sarà che un solo Signore; Egli diventerà il re della terra e non vi risuonerà più che il suo nome (Zach. XIV, 9).
2° Unità di legge e di Sacramenti. — La Chiesa non ha mai insegnato altra legge che quella del Decalogo e del Vangelo... Essa ha l’unità perfetta di legge quanto all’insegnamento ed alla pratica, per tutto ciò almeno che ella contiene d’essenziale... Come v’ebbero pure sempre sette sacramenti.
3° Unità di Capo. — La Chiesa ha sempre riconosciuto per suo capo invisibile Gesù Cristo e per suo capo supremo visibile il Papa. Da S. Pietro fino al presente, i Pontefici romani sono sempre stati, e saranno sempre il centro dell’unità. Togliete questo centro, non v’ha più Chiesa, perchè cessa d’essere una...
« Fu scelto un solo tra i dodici, dice S. Gerolamo, affinchè, stabilito un solo capo, fosse tolta ogni occasione di scisma ». E al Papa Damaso scriveva: « Chi con voi non raccoglie, dissipa ». Anche S. Cipriano, conviene che fu dato il primato a Pietro, affinchè una sola sia la Chiesa ed una la cattedra di Gesù Cristo.

5. Supremazia, autorità, infallibilità del Papa. — Leggiamo in S. Matteo al capo XVI, che avendo Gesù interrogato gli Apostoli, chi pensassero che Egli fosse (v. 15), Simon Pietro prese la parola e disse: «Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente » (v. 16), e Gesù a lui: — Beato sei tu, Simone Bar-Iona, perchè non la carne o il sangue, ma il Padre mio che è nei Cieli ti ha fatto questa rivelazione. Ed io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra fondèrò la mia Chiesa, e le porte delL'Inferno non prevarranno mai contro di essa. Ti darò inoltre le chiavi del regno celeste, cosicché tutto quello che o legherai o scioglierai in terra, sarà legato o sciolto pure in Cielo » (v. 17-19).
S. Leone così commenta queste parole: «Ed io dico a te: cioè, come mio Padre ti ha manifestato la mia divinità, così io ti fo conoscere la tua eccellenza, la tua autorità suprema. Io ti dico che tu sei Pietro, e come io sono la pietra intangibile, irremovibile, anche tu sei pietra, diventando per virtù mia incrollabile, affinchè quelle cose che a me appartengono, tu le possegga con me. Tu sei Pietro, cioè la pietra angolare della Chiesa ». E S. Agostino osserva che essendo Gesù Cristo, secondo la parola di S. Paolo (l Cor. X, 14), la pietra, l’aver Egli detto che su Pietro avrebbe fondato la Chiesa, equivale ad aver fatto di Pietro un altro se stesso; ed è come se avesse detto: — sopra di me medesimo stabilirò la Chiesa.
Gesù Cristo è chiamato pietra da Davide e da Isaia; questi infatti già annunziava che il Signore avrebbe messo per fondamento a Sionne una pietra quadrata, preziosa, angolare, immutabile, in cui chi crederebbe, vivrebbe nella pace (Isai. XXVIII, 16); e quegli prevedeva, che la pietra che sarebbe stata rifiutata dagli architetti, diverrebbe la pietra fondamentale (Psalm. CXVII, 21). Ora essendo Gesù la pietra, comunica, dicono S. Gerolamo e S. Gregorio, a Pietro il suo nome, la dignità, l’autorità, la missione sua.
« S. Pietro è chiamato pietra, dice S. Ambrogio, perchè come incrollabile macigno, sostiene sopra di sè tutto l’edifizio della cristiana istituzione »; e S. Gerolamo scrivendo al papa Damaso così si esprimeva: « Io so che la Chiesa sta edificata sopra di questa pietra, ed è profano chiunque mangi fuori di questa casa l’agnello ».
Le porte dell’Inferno, cioè tutti i demoni insieme uniti, tutti gli empi, i persecutori, i falsi profeti, tutte le sette e le eresie, non potranno mai abbattere la Chiesa che è fondata sopra di te, o Pietro, il quale sei, con i tuoi successori, la pietra solida e fondamentale. Le porte dell'Inferno non prevarranno; poiché, se incrollabile è la Chiesa per cagion tua, a più forte ragione lo sei tu stesso. La promessa di Dio è chiara e diciotto secoli stan testimoni del suo adempimento.
Gesù Cristo e lo Spirito Santo assistono e sorreggono del continuo il Pontefice romano affinchè non erri nella fede, e conservi e amministri la Chiesa. « Contate, diceva già S. Agostino, i Papi da S. Pietro in qua; ed in essi trovate la pietra che le superbe potenze dell’Inferno non potranno mai smuovere ».
E a te, o Pietro, io darò le chiavi del regno celeste. È certo che sotto il nome di chiavi bisogna intendere il supremo potere, sia di ordine sia di giurisdizione, su tutta quanta la Chiesa, promesso e concesso a Pietro e ai suoi successori da Gesù Cristo il quale dichiara e spiega di propria bocca la cosa soggiungendo quelle parole: «Tutto quello che legherai su la terra, sarà legato ne’ cieli; e tutto ciò che scioglierai su la terra, sarà sciolto anche nei cieli ». Poi, chi ha le chiavi d’una casa o d’una città, non ne è forse il padrone? Quindi S. Gregorio scriveva: «Tutti quelli che si conoscono del Vangelo, sanno che la cura di tutta la Chiesa venne affidata, secondo la parola del Signore, al principe di tutti gli Apostoli, S. Pietro; poiché a lui fu detto : A te io confiderò le chiavi del regno de’ cieli ».
E ciò che legherai o scioglierai in terra, sarà pure legato o sciolto nei cieli. In qual modo? 1° Rifiutando d’assolvere...; 2° imponendo una penitenza a quelli che cadono...; 3° legando il colpevole con interdetti, sospensioni, scomuniche, anatemi...; 4° obbligando con leggi e precetti, per es. di digiuni, di feste, ecc...; 5° con definizioni di fede, ecc...; 6° assolvendo dai peccati...; 7° accordando indulgenze, ecc...
Scrivendo S. Bernardo al papa Eugenio gli diceva: « Chi sei tu? il grande sacerdote, il sommo Pontefice; tu il principe de’ vescovi, l’erede degli Apostoli; tu Abele per il primato, Noè per il governo, Abramo per il patriarcato, Melchisedecco per l’ordine, Aronne per la dignità, Mosè per l’autorità, Samuele per il giudizio, Pietro per la potestà, Cristo per l’unzione. Tu sei colui al quale furono consegnate le chiavi, affidate le pecore ».
« Disse un giorno il Signore: Simone, Simone, ecco che il demonio ha cercato di crivellarvi come frumento; ma io ho pregato per te affinchè la tua fede non venga mai meno; e tu, una volta convertito, volgiti a confermare i tuoi fratelli » (Luc. XXII, 31-32). Nella sua preghiera per Pietro, Gesù Cristo domanda ed ottiene per lui in particolare due insigni privilegi. Il primo è personale, ed è la forza necessaria a Pietro per non perdere giammai la fede in Gesù Cristo. E se lo ha rinnegato una volta, ciò non fu che all’esterno con la bocca, e si rilevò prontamente. Il secondo è l’indefettibilità della fede non solamente per Pietro, ma per i suoi successori...
Se la Chiesa romana è il capo di tutte le chiese, scriveva già il Baronio, e si mantenne sempre floridissima; se i seggi degli altri Apostoli disparvero mentre quello di Pietro resistè incrollabile a tutti
gli assalti; se nel corso de’ secoli, oggidì non meno che al principio, la sua fede sempre indistruttibile è annunziata in tutto l’universo, questo è una prerogativa unica ed eccellente, un privilegio divino concesso a lui solo, perchè è un dono di Dio e non un effetto delle sue opere, affinchè nessuno si glorii di se stesso (De Pontif. Rom.).
S. Cipriano chiama il seggio di Roma la cattedra di S. Pietro, e la Chiesa principale donde ebbe origine l’unità sacerdotale. La chiama madre e radice di tutte le chiese (Tract. de unit. Eccl.).
« Pasci i miei agnelli e le mie pecore » (Ioann. XXI, 16-17), disse il Salvatore a S. Pietro: e queste parole dichiarano S. Pietro e i suoi successori capi supremi della Chiesa. Il che si prova:
1° Dal fatto che qui Gesù Cristo interroga, e per ben tre volte, Pietro solo in qualità di principe degli Apostoli. 2° Per l’evidenza stessa di tali parole : « Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore » ; che vogliono dire: dirigi, governa, comanda i vescovi, i preti, i fedeli...
Davide, scorgendo al lume profetico la sede incrollabile di Pietro, esclama : « Il Signore mi ha stabilito sopra un’alta rocca ed ha innalzato il capo mio sopra il capo di tutti i miei nemici » (Psalm. XXXIX, 3).
« Son molti i flutti rabbiosi, e frequenti le onde tempestose che mi mugghiano d’intorno, scriveva il Crisostomo, ma non temo di affondare, perchè sto su la pietra. Si sconvolga pure il mare da capo a fondo, nulla potrà contro la pietra »; e S. Agostino confessava di trovare un grande argomento di fede nella non interrotta successione del sacerdozio da S. Pietro, al quale il Signore confidò, dopo la sua risurrezione, la cura di pascere le sue pecore, fino ai vescovi suoi contemporanei.
Nel suo trattato dei Nomi divini (cap. III) S. Dionigi areopagita chiama S. Pietro la gloria suprema, l’ornamento celeste, il tetto e il fondamento della Chiesa: perchè Pietro non ne è solamente il monarca, ma, dopo Gesù Cristo, la pietra fondamentale.
Chi esamini seriamente tutti i doni e le promesse fatte dal Redentore a S. Pietro, non tarderà a conchiudere che immensi, incomparabili sono i privilegi e l’autorità concessi a Pietro.
Anche senza parlare dei privilegi particolari, dei quali si può vedere l’elenco nel Bellarmino (lib. I, de Pontif. rom. c. XVII, etc.), dodici sono i principali privilegi concessi da Gesù Cristo a S. Pietro e a suoi successori, nelle loro relazioni con la Chiesa universale.
Il primo è che Pietro fu stabilito da Gesù Cristo fondamento alla sua Chiesa.
Il secondo, ch’egli fu il capo, il direttore, il giudice di tutti gli Apostoli. Perciò scrivendo S. Gerolamo a S. Agostino, gli diceva: « Così grande autorità teneva Pietro, che Paolo scrisse : Dopo tre anni me ne sono venuto a Gerusalemme a vedere Pietro ». E Teodoreto osservava a Leone, che Paolo, il panegirista della verità, la tromba dello Spirito Santo, si rivolse a Pietro per averne una decisione da riportare a coloro che in Antiochia dissentivano su certe istituzioni legali. S. Evodio, successore di S. Pietro su la cattedra d’Antiochia, asserisce in una lettera che Gesù Cristo non battezzò altri di propria mano se non la Vergine sua madre tra le donne, e S. Pietro tra gli uomini; ma che Pietro battezzò Andrea, Giacomo, Giovanni; e questi gli altri Apostoli.
Il terzo privilegio di S. Pietro sta nell’essere egli a capo di tutta la gerarchia: l’ordine gerarchico dei vescovi, dei preti e degli altri ministri della Chiesa, non meno che la loro giurisdizione, deriva da lui. Questa cosa fece dire al papa Innocenzo I. nella sua lettera al concilio di Cartagine, che è la XCI tra le Epistole di S. Agostino, che tutto l’episcopato e l’autorità di questo nome uscì da Pietro : e il papa Giulio I nella sua lettera sesta agli orientali, afferma anch’egli che la cattedra di Pietro è la madre della dignità sacerdotale. S. Leone finalmente dice, che se Gesù Cristo diede agli altri principi della Chiesa dei favori che sono loro comuni con Pietro, soltanto però per mezzo di questo ricevettero quello che loro non fu negato. E nella sua LXXXIX lettera afferma, aver voluto il Signore che Pietro primeggiasse in tutti i poteri concessi agli Apostoli, per spandere per mezzo di lui, come capo supremo della Chiesa intera, i suoi doni: su tutto il corpo.
Il quarto privilegio dato a S. Pietro ed a’ suoi successori dal Redentore, è l’assistenza continua dello Spirito Santo per governare la Chiesa e per insegnare la verità, affinchè non possa mai errare nella fede, e le eresie ch’essi condannerebbero, fossero condannate da tutta la Chiesa. Ecco perchè Innocenzo I nella sua Lettera al concilio di Milevi, che è la XCIII nelle opere di S. Agostino, dice: « Io credo che ogni volta che nascono dispute intorno la fede, debbano i nostri fratelli vescovi non ad altri riferirsene fuorché a Pietro, cioè a colui da cui trae origine il nome e la dignità loro ». Tale, del resto, è stata la pratica costante di tutti i secoli; poiché in materia di fede hanno i Pontefici romani tutto rischiarato, tutto deciso; hanno dissipato tutti i dubbi, condannato tutte le eresie.
Il quinto privilegio è che Pietro e tutti i suoi successori rappresentano la persona di Gesù Cristo, a quel modo che il viceré rappresenta il re. Quindi S. Pietro ebbe per la vita, per lo zelo, per la predicazione della fede, per la sua morte ed il martirio suo, somiglianza grandissima con Gesù Cristo, suo divin Maestro, e fu a Lui strettissimamente unito. Perciò S. Gregorio ne’ suoi Commentari sul Salmo IV, fa che Gesù così parli a Pietro : « Io vengo a Roma per essere crocifisso una seconda volta. Poiché colui che già era stato crocifisso nella propria persona, veniva ad esserlo di nuovo nella persona di Pietro ». Tertulliano nel suo libro delle Prescrizioni dice: Voi avete Roma, dove si trova per noi ogni autorità. Fortunata Chiesa in cui gli Apostoli sparsero la loro dottrina e il loro sangue; Pietro ha sofferto come il Signore, Paolo è stato coronato mentre che Giovanni ne veniva esiliato!
Il sesto privilegio è che Pietro e i suoi successori presiedono alla Chiesa in qualità di monarchi, perciò sono il principio dell’unità della Chiesa la quale è il regno di Dio. Poiché, come vi è un solo impero dove comanda un solo imperatore, un solo regno là dove comanda un solo re, un solo mondo che Dio ha fatto e governa, un solo cielo che da un sole è rischiarato; così la Chiesa non sarebbe il solo regno visibile di Gesù Cristo, quando non avesse un unico capo visibile a cui tutta quanta si assoggettasse, e che la governasse; questo capo è Pietro e ciascuno de’ suoi successori. Il corpo deve avere una sola testa; se più ne avesse, sarebbe un mostro privo di ragione ed anche di vita.
Quindi S. Ambrogio predicava : « In questa sola nave della Chiesa è montato Gesù Cristo, nave di cui Pietro fu stabilito timoniere e pilota allorché il Signore gli disse: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Come l’arca di Noè salvò, al tempo del diluvio, dal naufragio tutti quelli che in lei erano ricoverati; così la Chiesa di Pietro, nella grande catastrofe del mondo, preserverà illesi quanti, si porterà in seno; e come, cessato il diluvio, la colomba portò all’arca di Noè il segnale della pace, così, passato il giudizio, Cristo porterà alla Chiesa di Pietro, il gaudio della pace eterna ».
« Pietro solo tra tutti gli Apostoli, dice S. Agostino, meritò di udirsi quelle parole: Tu sei Pietro, e su questa pietra stabilirò la mia Chiesa. Degno in verità d’essere la pietra fondamentale dei popoli chiamati a formare la Chiesa di Dio, la colonna di sostegno, la chiave del regno ». Ed altrove il medesimo Dottore aggiunge che Gesù Cristo guarisce le malattie di tutto il corpo della Chiesa guarendone il capo, e su questo capo pose la sanità di tutti i membri.
Udiamo ancora S. Leone: « In mezzo a tanta moltitudine, Pietro solo viene scelto ad essere proposto alla vocazione delle genti e a tutti gli Apostoli, e a tutti i Padri della Chiesa: affinchè, qualunque avesse ad essere il numero de’ preti e de’ vescovi, tutti fossero retti propriamente da Pietro, sebbene principalmente da Cristo ».
Il settimo privilegio sta in ciò, che i diritti, il potere, il comando di Pietro non solamente sono più eccellenti, ma ancora più estesi che non quelli dei più grandi monarchi : poiché la sua autorità si estende a tutti i fedeli sparsi per il mondo e anche agl’infedeli, per aggregarli al Cristo ed alla Chiesa: suo mandato è di pensare e provvedere alla salute dei barbari e degli antropofagi che vivono senza legge e senza Dio. Roma pagana con la sua potenza e con i suoi trionfi non dominò che una parte del mondo; Roma cristiana domina, senz’armi, l’universo. Poiché, come già diceva S. Cirillo: «Per divino volere, tutti innanzi a Pietro chinano la testa e a lui, come allo stesso Signore Gesù Cristo, i primati della terra obbediscono. Noi, che siamo membra, dobbiamo tenerci uniti al nostro capo, il Pontefice romano, ed all’apostolica Sede ».
Il che vuol dire, che siccome le membra separate dal capo non possono vivere, così ogni fedele che è separato da Pietro o da’ suoi successori è un membro morto, non partecipando della sanità data al capo. Perchè, Gesù cura, governa, guarisce, non altrimenti che per mezzo di Pietro.
L’ottavo privilegio è che i diritti e la potestà di Pietro si estendono non solamente alla terra, ma anche al Purgatorio ed al Cielo, perchè egli apre il Cielo non solo all’uomo che è in questo mondo, ma ancora alle anime che si trovano nel Purgatorio. Da Gesù Cristo ha ricevuto le chiavi del Cielo. Perciò S. Bernardo scriveva al papa Eugenio: «Tu puoi chiudere il Cielo a un vescovo, deporlo dall’episcopato ed anche consegnarlo in potere di Satana ». « Pietro, soggiunge il Crisostomo, è il custode della fede, il fondamento della Chiesa, il portinaio del Cielo ».
Il nono privilegio di Pietro si è di perpetuarsi d’età in età ne’ suoi successori: gli altri Patriarchi scompaiono, egli traversa i secoli rimanendo sempre il medesimo fino alla fine del mondo. Perciò S. Gerolamo scriveva al papa Damaso : « Io mi volgo al successore del pescatore, al discepolo della croce. Io mi unisco in comunione a Vostra Beatitudine, ossia alla cattedra di Pietro ». Il concilio Efesino I dava a Celestino I, papa, il titolo di « successore ordinario e vicario del beato Pietro principe degli Apostoli »; ed essendo stata letta al concilio di Calcedonia l’Epistola del papa Leone I, tutto il concilio gridò unanime: «Leone è l’interprete della voce di Pietro ». San Cipriano, in una sua lettera al papa Cornelio, si stupisce che i settari osino venire d’oltre mare alla cattedra di Pietro, alla Chiesa madre, donde ebbe origine l’unità sacerdotale, portandovi lettere degli scismatici e dei pagani, senza badare che là è quella Roma presso cui non può trovar adito la perfidia.
In una lettera scritta ad Eutiche, Pietro vescovo di Ravenna dicevagli: «Noi t’esortiamo, fratello, a sottometterti con tutta obbedienza a quello che fu scritto dal beato Papa di Roma. Poiché il beato Pietro che vive e presiede nella propria cattedra, dà a chi la cerca la verità della fede ».
Il sommo Pontefice Siricio al vescovo di Tarragona, Immerico : «Noi portiamo il peso di tutti coloro che sono caricati, o meglio lo porta in noi il beato apostolo Pietro il quale, come abbiamo ferma fiducia, a noi, eredi della sua amministrazione, assiste e noi in ogni cosa protegge ».
Decimo privilegio : il potere e la dignità di S. Pietro e de’ suoi successori sopravanza il potere d’Abramo, di Mosè, d’Aronne, di Melchisedecco, di tutti i grandi sacerdoti antichi, di tutti i Patriarchi e di tutti i Profeti; il potere di quegli uomini di Dio non è che un’ombra, una figura del potere dei romani Pontefici.
Undecimo privilegio : S. Pietro ha fondato, per mezzo de’ suoi discepoli, delle chiese in tutto il mondo. Egli ha inviato col titolo e coi poteri di vescovo: in Sicilia, Pancrazio, Marciano, Berillo; a Capua, Prisco; a Napoli, Aspreno; a Terracina, Epafrodito; a Fiesole, Romolo; a Lucca, Paolino; a Ravenna, Apollinare; a Verona, Euprepio; a Pavia, Siro; ad Aquileia, Ermagora; nella Borgogna e nel Limosino, Marziale; a Tours, Materno; a Reims, Sisto; ad Arles, Trofimo; a Soissons, Sabiniano; a Vienna nel Delfinato, Crescenzio; in Alvernia, Austremonio; in Germania, Eugerio, Egisto, Marciano; nella Spagna, Torquato, Clesifone, Secondo, Guidalerio, Cecilio, Esichio, ecc., come prova il Martirologio romano. L’istoria dell’Inghilterra poi attesta che Pietro mandò colà Giuseppe d’Arimatea.
Il duodecimo privilegio consiste nella nobiltà, nel lustro dato da
S. Pietro a Roma, e nella superiorità che a lei ha assicurato su tutte le città del mondo; di maniera che per designare la vera Chiesa, bisogna dire la Chiesa romana...
Ci piace qui riportare, tra mille altre testimonianze intorno alla supremazia ed infallibilità del romano Pontefice, quella di S. Alfonso de’ Liguori, ricavandola dalla sua Dissertazione intorno all'autorità del rom. Pontef. Nel 1690 Alessandro VIII condannò con la sua Bolla Inter multiplices, i quattro articoli della Chiesa gallicana. I vescovi della Francia che avevano sostenuto, nella loro assemblea del 1682, i detti articoli, si ritrattarono nel 1693 con lettera indirizzata al papa Innocenzo XII; e lo stesso re Luigi XIV che aveva emesso un editto perchè fossero praticati i citati articoli, lo ritirò e revocò pubblicamente. Quando il Papa parla in qualità di dottore universale, definendo ex cathedra, cioè in virtù del supremo potere concesso a Pietro d’ammaestrare la Chiesa, allora noi diciamo che è infallibile nelle decisioni riguardanti la fede e la morale. Cosi la sentono S. Agostino, S. Tommaso, S. Bonaventura, Scoto, Caietano, Bellarmino, Baronio, Alessandro d’Ales, S. Francesco di Sales, e quasi tutti i teologi. Questo sentimento, fondato su quelle parole evangeliche (Matth. XVI, 18) : « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Inferno non prevarranno mai contro di essa»; s’appoggia alle seguenti prove :
« Secondo questa promessa di Gesù Cristo a Pietro, dice S. Cirillo alessandrino, la Chiesa apostolica di Pietro rimane pura di ogni seduzione »; ed Origene soggiunge che, se avvenisse mai che l’Inferno prevalesse contro Pietro sul quale sta fondata la Chiesa, contro di questa medesima prevarrebbe. Il concilio di Calcedonia riconobbe e confessò in Pietro la pietra della Chiesa cattolica (Sessione III).
« Io ho pregato per te, o Pietro, gli disse il Salvatore, affinchè la tua fede non vacilli » (Luc. XXII, 32); ed appunto perchè «nella fede ogni altro superava, per ciò, dice S. Basilio, la Chiesa sopra di lui fu edificata ». Nel che s’accorda S. Leone dove afferma che « Pietro entrò, per la sublimità della sua fede, così innanzi nelle grazie di Gesù Cristo, che ricolmo di grazie, meritò di ricevere la sacra solidità dell’inviolabile pietra; fondata sovr’essa, la Chiesa è più forte delle porte infernali ».
Il concilio di Calcedonia dice: «Tutto ciò che il Papa definisce, s’ha da considerare e credere come parola venuta dal vicario del trono apostolico ».
Il secondo concilio ecumenico di Lione ha confessato che: « La santa Chiesa romana tiene il sommo principato ch’ella ottenne con la pienezza del potere, dalle proprie mani del Signore, nel beato Pietro di cui il romano Pontefice è il successore: perciò al suo tribunale si devono portare e decidere le questioni che possono sorgere intorno la fede ».
Nell’ultima sessione del Concilio di Firenze, i Padri dissero : « Noi definiamo che il romano Pontefice ha il primato su tutt’intera la Chiesa; che è il successore di S. Pietro, il capo di tutta la Chiesa, il padrone ed il maestro dei cristiani; che a lui, nella persona del beato Pietro, fu dal Nostro Signore Gesù Cristo data piena ed assoluta potestà di governare la Chiesa, come c’insegnano i sacri canoni e gli Atti dei concili ecumenici ». Ora se è certo che il Papa è il dottore di tutta la Chiesa, è pure certo ch’egli deve essere infallibile, altrimenti la Chiesa potrebbe essere tratta in errore dal suo maestro.
Nel concilio generale di Vienna, sotto Clemente V, fu dichiarato : «Non spetta ad altri, eccetto che all’apostolica Sede, la definizione dei dubbi intorno la fede ».
S. Ireneo: « È necessario che tutti dipendano dalla Chiesa romana, come da loro sorgente e capo ».
S. Atanasio dopo di aver detto al papa Felice, che la Chiesa romana conserva in ogni tempo la vera dottrina di Dio, a lui volgendosi soggiungeva: «A te, principe, dottore e capo di tutti i seguaci della dottrina ortodossa, spetta condannare le profane eresie, i novatori imprudenti e quanti infestano la Chiesa ».
Scrivendo al papa Leone I, Teodoreto, vescovo nell’Asia, gli dice : che aspetta il giudizio della sua Sede apostolica, che supplica e scongiura la Santità sua di venirgli in aiuto, giacché egli appella al suo tribunale giusto e retto. E S. Agostino profferiva quella sentenza: « Dopo la decisione del Papa, la causa dei Pelagiani è terminata ».
S. Tommaso insegna che si deve piuttosto fare caso e riposare sulla decisione del Papa al quale appartiene di diritto il decidere in materia di fede, che non sul sentimento di qualunque più dotto autore. Altrove (2a 2ae q. Il, art. 2 ad 5) il medesimo autore assevera che, quando la Chiesa ha deciso un punto di fede, chi non vi si sottomette è eretico; e cotesta autorità della Chiesa risiede principalmente nel sommo Pontefice.
S. Bonaventura dà per certo che il Papa non può errare, supposte queste due cose: 1° se decide come Papa; 2° se ha intenzione di fare un dogma di fede.
Il citato S. Tommaso insegna che la promessa dell’infallibilità nelle cose di fede è stata fatta solamente ai successori di S. Pietro: quindi questo grande Dottore stabilisce che la Chiesa non può ingannarsi, 1° perchè il Papa non può errare; 2° perchè non si potrebbe conservare nella Chiesa l’unità di fede, se le questioni intorno la fede non potessero essere definite dal Papa, che è il capo della Chiesa.
Si deve inoltre aggiungere l’uso antico e costante della Chiesa : poiché non ad Alessandria, a Gerusalemme, ad Antiochia, a Lione, ma a Roma si fa ricorso per le decisioni di fede; e la decisione romana ha sempre avuto forza di legge. Altre cattedre furono rovesciate, o mancarono, non mai quella di Roma.
Solo Roma sanziona i concili ecumenici e nazionali...
Il concilio di Costanza dichiara eretico colui che intorno agli articoli di fede pensa diversamente da quello che insegna la Chiesa di Roma. Il Liguori dice essere pienamente convinto, che coloro i quali sostengono che qualunque romano Pontefice può sbagliare ne’ suoi decreti su la fede, recano nella Chiesa la peste e la rovina; e la storia prova che quelli i quali resistettero superbi ai decreti della santa Sede, cominciarono con lo scisma, finirono nell’eresia.
Appoggiati a tutte queste ragioni, il Suarez (Lib. III, de Fid. defen.), il Bannez ed il Bellarmino (lib. IV, de Pontif. Rom. c. II) dichiarano l’infallibilità del Papa quasi dogma di fede, e dicono erroneo e prossimo all’eresia il sentimento contrario'.
Eccetto i gallicani, che sono pochissimi, tutti i vescovi in generale riconoscono l’infallibilità del Papa. In pratica, anche i gallicani si attengono alle decisioni di Roma. Se i decreti dei Papi non fossero infallibili senza il consenso dei vescovi, si dovrebbe dire, non già che la Chiesa è fondata su Pietro, ma Pietro su la Chiesa. Bisognerebbe inoltre asserire non già che i fratelli devono essere confermati da Pietro, ma Pietro dai fratelli. Bisognerebbe sostenere che i membri, i quali sono i vescovi, sono più sicuri delle loro decisioni che non il capo, che è il Papa.
Nessun concilio, anche ecumenico, non si è mai radunato, nè ha avuto valore se non sanzionato dal romano Pontefice. Il Bellarmino assicura che la dottrina la quale tiene per infallibili i decreti dogmatici proferiti dal Papa, è l’antica dottrina di tutti i cattolici, di tutti i teologi e dei Padri. (De Rom. Pontif.). S. Tommaso la dà per certa dicendo : « Appartiene all’autorità del sovrano Pontefice, il determinare in ultimo quelle cose che sono di fede, affinchè siano tenute da tutti con inconcussa certezza ».
Prima di propendere al gallicanismo, Giovanni di Parigi scriveva (Lib. de Potest. reg. et papae, c. III), che la Chiesa sarebbe divisa se l’unità non fosse conservata per la decisione d’un solo; e che tal potere sta in Pietro e ne’ suoi successori.
Molti Papi dichiararono l’infallibilità del romano Pontefice. Papa Anacleto scriveva che le cause maggiori fossero portate alla Sede apostolica, su la quale Gesù Cristo ha costrutto la Chiesa universale. Più esplicito, è Nicolao I, le cui parole son queste: « Viola la fede, chi va contro la Chiesa romana, madre della fede ».
Innocenzo III nella sua Epistola CCIX al patriarca di Costantinopoli, dopo di aver riportato le parole di Gesù Cristo : — Io ho pregato per te, Pietro, affinchè la tua fede non venga mai a mancare, — ne deduce aver il Redentore formalmente dichiarato che i successori di Pietro non s’allontaneranno mai dalla fede cattolica, che anzi vi ricondurranno gli altri, perchè ricevettero il potere di confermarli; e così. Gesù Cristo ha voluto che tutti fossero obbligati a obbedirli. Anche S. Gregorio VII affermava che la Chiesa romana non ha giammai errato, e che non si deve avere in conto di cattolico chi non sta unito a questa Chiesa. I papi Evaristo, Alessandro I, Sisto I, Pio I, Vittore, Zeffirino, Marcello, Eusebio, ed altri sostengono la medesima dottrina.
Mille volte i Papi fecero decreti contro gli eretici, e questi decreti ebbero forza in sull’istante. Così per esempio, nel 150 Valentiniano fu condannato dal papa Igino; i Montanisti da Zeffirino nel 215; Gioviniano da Siricio nel 300; Pelagio da Innocenzo I nel 416; e tosto i cattolici li ebbero quali eretici.
Uopo la condanna fulminata da Innocenzo X contro le proposizioni di Giansenio, i vescovi di Francia gli scrissero: «Non solamente in virtù della promessa fatta da Gesù Cristo a Pietro, ma per gli atti degli antichi Pontefici, i giudizi proferiti intorno a materie di fede dai sommi Pontefici consultati dai vescovi, obbligano i cristiani ». Dunque, tutti sono tenuti a sottomettersi ai decreti di Roma, prima del consenso dei vescovi; dunque il Papa è infallibile. Già l’abbiamo notato, solo i gallicani portano diverso parere, ma i gallicani non sono la Chiesa universale.
Non è raro che scorrano parecchi secoli prima che si raduni un concilio generale; ora non è necessaria un’autorità suprema, infallibile, permanente, per arrestare l’errore e condannarlo? Se diversamente fosse, qual pericolo che esso non s’insinui nella Chiesa? E sarà questa, la quale ha pure un governo divino, meno saggia de’ governi umani, e difetterebbe dei soccorsi che a questi non mancano? Una corte di cassazione non chiude ogni litigio? Roma è la corte suprema, dove tutto si termina, si definisce, si conchiude.
È certo che, qualora si ammettesse il sentimento dei gallicani, che fa il Papa fallibile e richiede il consenso de’ vescovi, non s’avrebbe più mezzo, nemmeno con i concili generali, di convincere d’errore gli eretici. Poiché questi non si assoggettano mai al giudizio di un concilio a cui non intervengano, perchè, considerando se stessi per la parte più sana della Chiesa, ritengono che mancandovi essi, nessun concilio possa dare sentenza. Perciò noi vediamo gli eterodossi fare appello al concilio ecumenico, quando i loro errori sono portati innanzi alla corte di Roma, per evitare la condanna romana, sapendo che alla sentenza del concilio non mancherà a loro il mezzo di sottrarsi.
Si oppone contro questa tesi, 1° che il papa Liberio sottoscrisse all’eresia ariana. Ma bisogna notare che questo Papa si trovava in esilio e per ordine dell’imperatore Costanzo; che non era libero; che non aveva parlato ex cathedra in qualità di reggitore supremo, ma come individuo particolare. Quindi, reso alla libertà, folgorò la detta eresia.
2° Che il papa Virgilio, in una lettera all’imperatrice Teodora, avea detto anatema a coloro che professassero due nature in Gesù Cristo, il che è un cadere nell’eresia d’Eutiche. Ora si deve osservare che, secondo la storia, Virgilio trovavasi in certo modo in esilio e non era vero Papa quando piegò alle voglie di Teodora. Ma passato di vita Silverio, che a que’ dì sedeva in Roma, e divenuto Virgilio Papa legittimo, disdisse presso Teodora e Giustiniano, quanto aveva promesso o sottoscritto come arcidiacono e apocrisario.
3° Si dice ancora che il medesimo papa Virgilio approvò i tre Capitoli condannati poi dal concilio generale di Costantinopoli. Questo però poco importerebbe, sia perchè in detti capitoli non si trattavano quistioni di fede; sia perchè anche il detto Papa li condannò, sia perchè finalmente quest’affare è così imbrogliato e le lettere di Virgilio patirono tante alterazioni e supposizioni, che riesce assai difficile scoprire il vero.
4° Si presenta S. Cipriano come oppugnatore gagliardo del decreto del papa Stefano; e non si bada essere quello un punto di disciplina e non di fede, e che in seguito S. Cipriano sottoscrisse il decreto.
5° Si mena scalpore della condanna portata da un concilio contro il papa Onorio, per una sua lettera a Sergio, capo de’ monoteliti. A questo si risponde: 1) è sentenza di moltissimi autori che la detta lettera sia stata inventata dai Greci; 2) anche quando, sia proprio del detto Papa, essa può benissimo volgersi a senso ortodosso;. 3) Onorio scrisse non come Papa, ma come dottore particolare...
In quanto a noi, dice il Liguori, adottiamo il parere di quelli che pongono il Papa al di sopra del concilio generale, o di tutte le Chiese, anche prese collettivamente. Questo è il sentire dei Santi Agostino, Tommaso, Bonaventura, Bernardo, Giovanni da Capistrano, d’Alessandro d’Ales, del Baronio, del Bellarmino, dello Sfondrati, del Pallavicini e di altri parecchi. È il sentimento del V Concilio Latera-nese, sotto Leone X, sessione XI. In questo concilio la costituzione di
detto Papa, Pastor aeternus, fu solennemente ricevuta.. Ora in questa costituzione si legge che solo il romano Pontefice, come avente autorità su tutti i concili, può di pieno diritto e di sua propria autorità convocare, trasferire, sciogliere i concili, e questo per testimonianza non solamente della Scrittura, dei Santi Padri, e dei Pontefici, ma dei concili medesimi.
A quello poi che gli avversari oppongono, essere cioè cosa inutile che i Papi radunino dei concili per sentenziare delle quistioni di fede, se quelli sono a questi superiori, si può dare una risposta facile e convincente col far notare che i Papi convocarono i concili, non già perchè non potessero definire essi medesimi di per sè soli le controversie di fede, ma perchè essendo le questioni più solennemente dibattute, fossero gli eretici più rigorosamente combattuti e in più solenne forma condannati; ed esaminati dalla Chiesa intiera i dogmi della fede, fossero con più splendida pubblicità stabiliti e con più facilità dai popoli fedeli accettati.
Invano altri oppone i concili di Costanza e di Basilea; invano si reca innanzi il decreto di Costanza che dice : Questo sacro concilio rappresentante la Chiesa, tiene il suo potere immediatamente da Gesù Cristo; ed ognuno, qualunque dignità rivesta, foss’anche la papale, deve obbedirgli in ciò che riguarda la fede, l’estirpazione dell’eresia, la riforma generale della Chiesa nel suo capo e nelle sue membra. — Infatti, prima di tutto convengono i più che la sessione in cui fu dato cotale decreto è nulla; in secondo luogo esso fu dato in una circostanza specialissima, quando, per esservi tre Papi i quali si disputavano il supremo pontificato, non si sapeva di certo quale fosse il vero e legittimo. D’altronde poi, eletto dai cardinali il Papa Martino V, tutti gli prestarono obbedienza, ed i decreti del concilio di Costanza ebbero forza di veri decreti per quella parte che fu da lui approvata.
Unendo ora tutto ciò che la Scrittura, i Padri, i vescovi, i concili medesimi dicono a favore della nostra tesi, conchiude il Liguori, ognuno può di per se stesso vedere come l’opinione da noi difesa, si deve dire, anziché nostra, l’opinione, la regola, il giudizio della Chiesa universale; e che l’opinione contraria è senza fondamento, pericolosa, infetta di novità, opposta alla pratica della Chiesa, e quindi da rigettare come fonte di scandali, di tumulti, di discordia.

6. Infallibilità della Chiesa. — Gesù Cristo ha dato la sua parola, che le potenze dell'Inferno, cioè dell’errore, non vinceranno mai la Chiesa: — Portae inferi non praevalebunt adversus eam (Matth. XVI, 18); ora se la Chiesa potesse ingannarsi od ingannare, sarebbe preda dell’Inferno, e Gesù Cristo toccherebbe una smentita. Altrove egli promise che avrebbe pregato il Padre affinchè desse a’ suoi Apostoli lo Spirito Santo, lo spirito di verità, il quale sarebbe rimasto con loro in eterno : — Ego rogabo Patrem et Paraclitum dabit vobis, ut ma-neat vobiscum in aeternum, spiritimi veritatis; apucl vos manebit, et in vobis erit (Ioann. XIV, 16-17); ora che dire della preghiera del Redentore, se la Chiesa potesse sbagliare? che pensare della veracità della sua parola: Io vi mando investiti di quel medesimo potere, che a me ha dato il Padre : — Sicut misit me Pater, et ego mitto vos (Ioann. XX, 21); e siccome questo mio potere s’estende sul Cielo e su la terra, perciò andate dovunque ed io sarò con voi sino alla consumazione de’ secoli — Data est mihi omnis potestas in coelo et in terra: Euntes ergo docete omnes gentes... ecce ego vobiscum sum... usque ad consummationem saeculi? (Matth. XXVIII, 18-20).
« Chi ascolta voi, ascolta me », disse ancora Gesù Cristo a’ suoi Apostoli ed in essi alla Chiesa : « chi voi disprezza, disprezza me, e Colui che mi ha mandato » — Qui vos audit, me audit; qui vos spernit, me spernit. Qui autem me spernit, spernit eum qui misit me (Lue. X, 16); e « chi la Chiesa non obbedisce, abbiatelo come etnico e pubblicano » — Si Ecclesiam non audierit, sìt tibi sicut ethnicus et pu-blicanus (Matth. XVIII, 17). Gesù Cristo ci ha imposto il sacro dovere d’ascoltare e seguire l’insegnamento della Chiesa sotto pena d’essere tenuti come pagani e idolatri; ora se )a Chiesa non fosse infallibile, come mai avrebbe Gesù Cristo ordinato d’obbedirle, minacciando sì grave pena? <c Ah! Signore, esclamava Riccardo di S. Vittore, se è erroneo quello che noi crediamo indettati dalla Chiesa, siete voi che c’ingannate (57) ».
Udite S. Paolo che chiama la Chiesa colonna e sostegno della verità: — Columna et firmamentum veritatis (I Tini. Ili, 15), e dice che Gesù Cristo sarà sempre per tutti i secoli quello che era ieri e che è oggi: — Iesus Christus heri et hodie, ipse et in saecula (Hebr. XIII, 8). Egli era ieri, cioè esiste da tutta l’eternità, ed è stato nei Profeti; è oggi, cioè negli Apostoli e nella Chiesa per dirigerla; sarà nei secoli con la Chiesa militante, per renderla infallibile, e con la Chiesa trionfante per coronarla. Chi non ha udito quella confessione di S. Agostino : « Non crederei al Vangelo, se non nii vi spingesse l’autorità della Chiesa? (58) ». Che altro è questo se non riconoscere l’infallibilità della Chiesa?

7. Necessità di questa infallibilità. — Basta la ragione a provare che la vera Chiesa dev’essere infallibile : infatti, sorgendo controversie tra i fedeli, chi troncherebbe le difficoltà, se la Chiesa di Gesù Cristo
fosse soggetta ad errore? Forse la Scrittura? ma chi non sa che dalla Scrittura appunto nascono le difficoltà? che dalla Scrittura malamente intesa ebbero origine le eresie? che dalla cattiva interpretazione della Scrittura si sparse nel mondo quella spaventosa confusione di opinioni cozzanti fra di loro, di sentimenti empi, di scismi scandalosi, di contraddizioni stravaganti, di deplorevoli urti : insomma quel caos orribile di innumerevoli eresie che vediamo infestare la terra? Non vale raffrontare i diversi passaggi per trovare la verità? gli avversari confrontano i medesimi passi e vi ravvisano un senso del tutto opposto. Ora se Gesù Cristo non avesse stabilito un giudice vivente, parlante, perpetuo ed infallibile, soccorso ed inspirato dallo Spirito Santo, il quale si pronunziasse infallibilmente su tutte le controversie, e decidesse in sul sicuro: — Questa è una verità di fede, questo è un errore: — In questo senso e non in quell’altro si deve intendere il tal passo della Scrittura, — senza di ciò, io dico, noi saremmo sempre nel dubbio e nell’incertezza, sempre erranti da un’opinione all’altra. Non ci sarebbe religione sicura: questi ne prenderebbero una qualunque a casaccio, quegli una secondo il proprio interesse o la moda; gli uni a norma del loro capriccio, gli altri a seconda delle loro passioni, e tutti senza essere giammai sicuri di nulla. Adunque per prevenire così spaventevoli disordini, per rendere ferma la religione, salda la fede, invariabile la Chiesa, per conservare in tutta la sua purezza e integrità, fino alla fine de’ secoli, il deposito della fede, era necessario che Dio stabilisse un giudice perpetuo ed infallibile nelle materie spettanti alla fede.
Che disordini, che scompigli spaventosi non si vedrebbero in un regno, dove non ci fosse un giudice con autorità di terminare le contese, decidere le liti, comporre le differenze, ovvero non ci fossero che volumi di leggi e di costituzioni? Ciascuno pretenderebbe che la legge lo favorisse, e l’interpreterebbe secondo i suoi interessi; i piti potenti opprimerebbero i più deboli; l’ingiustizia e la violenza terrebbero il campo dell’equità e della giustizia: tutto insomma sarebbe disordine e confusione.
Così pure, se Dio non avesse costituito un giudice per definire sovranamente e infallibilmente i punti di fede in materia di religione, la religione cristiana altro non presenterebbe se non una confusioe di sentimenti equivoci, opposti e contraddittori, come ne fanno prova i novatori di tutti i tempi, i quali non vollero sottoporsi alle decisioni del tribunale da Dio stabilito, Ovvero, se Gesù Cristo si fosse contentato di darci un gran cumulo di leggi e di rivelarci sublimi misteri nel Nuovo Testamento, senza designare e stabilire un giudice che tali leggi e misteri con sicuro ed infallibile magistero spiegasse e dilucidasse, ciascuno le volgerebbe a quel senso che gli talenta, d le interpreterebbe a giudizio della setta da lui adottata, come appunto hanno sempre fatto gli eretici; e così Gesù Cristo avrebbe lasciato il suo Vangelo alla mercè di tutti i capricci, di tutte le fantasie, di tutte le caparbietà dello spirito umano, e principalmente di tutte le passioni immane.
Una seconda ragione che rende necessario il magistero di un giudice diretto dallo Spirito Santo, è la grande quantità di Bibbie
falsificate in parecchi luoghi. I rabbini corruppero l’esemplare ebreo, principalmente nelle profezie riguardanti il Messia; i santi Padri d’Oriente si lagnano che gii eretici dei loro giorni avevano adulterato il testo greco: i riformatori dei secoli passati falsificarono il latino. E vi furono versioni del Nuovo Testamento così maltrattate e maliziosamente scontorte, che ci vollero parecchi volumi a dimostrarne la falsità e le contorsioni. Questo è sempre stato il grande artifizio di tutti i novatori, i quali sono per l’ordinario spiriti superbi e presuntuosi. Essi vogliono ad ogni costo sostenere le loro opinioni contro l’autorità della Chiesa; una volta poi inoltrati nella mala strada, vi si ostinano; non vogliono che si dica nel mondo che si sono ingannati; perciò, quando i loro errori sono condannati, il loro grande studio ed unico appiglio si è di fare versioni della Scrittura e corrompere quei passi, che troppo apertamente condannano i loro falsi dogmi. Poi compóngono in stile fiorito, stampano con eleganza, legano con grazia, vendono a basso prezzo piccoli libri il cui titolo medesimo serve ad abbagliare il popolo. Sono per esempio, Note su la Scrittura, Parafrasi degli Evangeli, Anàlisi delle Epistole di S. Paolo, Riflessioni morali sopra ciascun versetto del Vangelo, e simili, quasi che presumano sigillare con l’autorità dei Libri santi le loro note, e parafrasi, e riflessioni erronee ed eretiche. Questo fu in ogni tempo il cavallo di battaglia degli eretici. Lutero, Calvino e loro aderenti empirono l’Europa di sì fatti libri, composti con tutto l’artifizio e la malignità di cui può essere capace uno spirito sedotto, e portanti in fronte i più pomposi e insidiosi titoli, per ingannare i. semplici, gli ignoranti, i deboli. Libri avvelenati che i partigiani dell’errore facevano spargere allora e fanno spargere anche adesso dai loro emissari, ordinariamente a spese comuni. Di là dispute, armeggiamenti di parole, cavilli, diatribe scandalose.
Se ogni individuo avesse, come vogliono gli eretici, il dono dell’infallibilità, non ci sarebbero mai state discordanze tra i fedeli nè sul numero e la canonicità de’ Libri santi, nè su la diversità delle versioni, nè sul senso dei testi : inspirati tutti dallo Spirito Santo, non potrebbero parlare che un solo linguaggio. Bisogna dunque cercare altrove che negli individui questa infallibilità; e non può essere in altro luogo che nella Chiesa. Inoltre, a confermarci in questa conclusione, ci si presentano le divergenze sorte in seno ai protestanti ed agli eretici intorno al numero de’ Libri santi, la diversità delle traduzioni ed il senso de’ testi.
Lutero rigetta l'Epistola di S. Giovanni e tiene per apocrifa l’Apocalisse; Calvino è di parere affatto contrario: dunque la persuasione interiore va soggetta ad errore. Lutero fa una versione della Scrittura, e Zwinglio pubblica che quella versione corrompe la parola di Dio: va senza dirlo, che i luterani affermano la stessa cosa della versione di Zwinglio. Ecolampadio e i teologi di Basilea fanno un’altra traduzione che Beza trova empia in parecchi luoghi, mentre quei di Basilea dànno la medesima taccia a quella di Beza, ecc. Avuto perciò riguardo a queste differenze, la loro fede non può essere che assai dubbiosa e ad ogni modo non si leva sopra la fede puramente umana. In essi non vi è il dono dell’infallibilità perchè simcontraddicono, nè dallo Spirito Santo sono inspirati, perchè lo Spirito Santo è spirito di verità, anzi la verità per essenza.
Convengono poi almeno gli eretici tra di loro rispetto al testo? Qui s’incontra un più gran caos ancora di contraddizioni. Su questo solo testo (Matth. XXVI, 26) vi sono più di sessanta spiegazioni diverse. Lutero l’interpreta nel senso della realtà, ma pretende che il pane sussiste sempre. Zwinglio sostiene doversi queste parole intendere nel senso che vi sia nel pane, la semplice figura del corpo del Salvatore. Calvino non trova Gesù Cristo nell’Eucaristia se non per la fede. La fede dei protestanti deve pertanto essere incerta, dubbiosa, oscillante; eppure tutti questi famosi riformatori, uscendo dalla Chiesa romana, si vantano d’avere una perfetta intelligenza della Scrittura. Questa orribile diversità d’interpretazione, che cade ben sovente sopra un medesimo passo, non mette forse all’aperto che non dallo spirito di Dio, il quale è dappertutto uniforme, ma da uno spirito di vertigine e d’errore erano invasi? Quello che abbiamo detto dei protestanti, si può dire degli eretici di tutti i tempi, i quali non agirono diversamente...
Bisogna dunque che vi sia un giudice infallibile : senza di questo si disputerebbe fino alla fine del mondo e non si saprebbe mai il certo di nulla, si cadrebbe d’errore in errore e non si crederebbe nulla. Se Gesù Cristo non avesse costituito un’autorità infallibile, avrebbe collocato la sua Chiesa sopra una base malferma, non sopra immobile pietra; le porte dell’Inferno prevarrebbero nonostante la solenne sua promessa; non avrebbe sufficientemente provveduto alla conservazione del deposito della fede; non sarebbe con la sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli; la sua Chiesa non sarebbe la colonna della verità; la preghiera fatta da Lui, affinchè la fede della sua Chiesa non venisse a mancare giammai, sarebbe una preghiera inutile ed inesaudita. Si vede dunque che tutte le controversie si riducono a questo solo punto, anzi che questo è il solo punto di controversia che in ogni tempo fu discusso tra i cattolici e gli eretici; e se vi furono e vi sono ancora eresie, è appunto perchè vi furono e vi sono ancora al presente di quelli che ricusano di sottomettersi alle decisioni di un tal giudice infallibile.

8. Qual è il giudice, o quale la Chiesa a cui Dio ha comunicato il dono dell’infallibilità? — Qual è il giudice stabilito da Gesù Cristo per decidere in ultima istanza tutte le controversie? Abbiamo veduto non poter essere, nè la Scrittura da sè sola, perchè essa è il testamento del quale si litiga e che forma il soggetto di tutte le dispute, nè ciascun individuo, perchè tutti si contraddicono; è dunque la Chiesa. Ma fra tante Chiese che ebbero od hanno il nome di cristiane, non certo nè all’ariana, nè alla nestoriana, nè alla pelagiana, nè a verun’altra delle eretiche antiche, Dio ha comunicato l’infallibilità, poiché tutte quelle chiese sono cadute in rovina e la vera Chiesa deve rimanere fino alla fine de’ secoli. Nemmeno può dirsi che l’infallibilità sia stata concessa alla Chiesa luterana o alla calvinista, o alla zwingliana, o alla sociniana, o all’anglicana, perchè queste Chiese sono nuove, sono contraddette e si combattono a vicenda, ed anche in ciascuna di loro vi s’incontrano tante variazioni e contraddizioni, che non basterebbero nemmeno più i loro autori a riconoscerle se ritornassero su la terra.
Questo dono dell’infallibilità non può dunque essere stato comunicato ad altri se non alla sola Chiesa cattolica, apostolica, romana, la quale è la sola che porta con sè tutti i caratteri della verità, tutti i motivi di credibilità; e qui ancora non a ciascun individuo della Chiesa, perchè sarebbe una confusione, un labirinto da non uscirne. Perciò Gesù Cristo, il quale è la sapienza increata ed incarnata, non ha concesso questo dono dell'infallibilità a nessun altro fuorché al Papa quando parla ex cathedra, ed al corpo dei vescovi radunati in concilio generale, uniti al sommo Pontefice, e operanti con lui d’accordo.
Affinchè però la Chiesa sia questo giudice infallibile, bisogna che in lei si trovino certe qualità o prerogative le quali non solamente la distinguano, ma ne accertino la fede. È quindi necessario, in 1° luogo che essa duri sempre ed in ogni tempo. « Conviene, dice S. Paolo, che vi siano delle eresie » (I Cor. XI, 19); bisogna dunque ad ogni momento un oracolo infallibile che le scopra e le condanni. 2° Che sia governata dallo Spirito Santo; senza di questo noi non saremmo mai sicuri di nulla. 3° Che quest’assistenza dello Spirito Santo non le venga mai meno, perchè se durasse soltanto per qualche tempo, Dio non avrebbe sufficientemente provveduto alla conservazione della fede nei cristiani. 4° Che lo Spirito Santo illumini questa Chiesa su tutte le verità rivelate, che noi dobbiamo credere, su la canonicità de’ Libri santi, su la fedele esattezza delle versioni, sul senso de’ testi, su le tradizioni che sono veramente divine ed apostoliche: poiché, supposto che sopra una delle verità non fosse illuminata, noi non potremmo ormai più essere sicuri delle altre. 5° Che questa Chiesa sia sempre visibile, perchè una Chiesa invisibile non può essere nè consultata, nè insegnare. 6° Che sia ella medesima convinta d’essere assistita dallo Spirito Santo. Una Chiesa infallibile suppone ed esige tutte queste prerogative. Quindi Gesù Cristo si diede cura che tutti questi punti essenziali fossero notati nel Vangelo...
La prima ragione che prova come tutte le qualità di giudice infallibile non s’incontrino se non nel corpo dei primi pastori, sta nelle parole di Gesù Cristo. Parlando Egli a S. Pietro come al sommo Pontefice della Chiesa cattolica, apostolica, romana, gli dice: «Tu sei Pietro, ed io sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'Inferno non avranno contro di lei prevalenza» (Matth. XVI, 18); ora chi non vede qui designata la fermezza incrollabile di questa infallibilità contro tutti gii sforzi della terra e dell'Inferno, e gli assalti degli errori? Dopo di aver parlato al popolo, una volta chiamò in disparte gli Apostoli e loro disse: « Andate, ammaestrate, battezzate tutti i popoli, ed io sarò con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli » (Matth. XXVIII, 19-20). Chi non rileva da queste parole che la detta infallibilità sarà perpetua e non interrotta, giacché Gesù promette d’essere con loro tutti i giorni? Altrove promette a’ suoi Apostoli lo Spirito Santo, lo spirito di verità per governare infallibilmente la Chiesa, affinchè dimori con loro in eterno (Ioann. XIV, 16). Non promette no questo Spirito Santo per i soli quattro primi secoli, come vogliono i protestanti, ma per tutti i tempi: ed ecco sorgerne la perpetuità dell’infallibilità. Aggiungendo poi Gesù Cristo che questo Spirito di verità insegnerà agli Apostoli ogni cosa (Ioann. XIV, 26), ossia ogni verità (Ioann. XVI, 13), indica chiaramente l’infallibilità universale per tutte le verità.
Ora se si considera che in tutti i passi citati Gesù Cristo parlava ai soli Apostoli, e nelle loro persone a tutti i loro successori, che sono i soli vescovi uniti e parlanti col Papa, facilmente si intende quanto gli stesse a cuore quest’articolo della nostra fede, se volle dichiarare e specificare in modo sì preciso tutto ciò che gli si poteva riferire; e ciò per prevenire tutti i dubbi, le contese, le dispute. E qui veramente sta il punto decisivo d’ogni controversia, perchè quando si tien fermo quest’articolo di fede, tutto è finito; non c’è che da piegare il capo a quest’oracolo infallibile, illuminato dallo Spirito Santo, e che non può errare in forza delle promesse di Gesù Cristo, ed eccoci tosto sicuri della propria fede e religione. Ciò tolto, tutto sarebbe confusione d’opinioni differenti, di religioni diverse, foggiate secondo il capriccio, le prevenzioni e le passioni di spiriti inquieti e perturbatori. Vedete perchè il Figlio di Dio niente ha trascurato per scolpire bene addentro nella mente degli uomini questo articolo di fede.
Inoltre Gesù Cristo paragona la sua Chiesa ad una città adagiata su la vetta di un monte, in vista a tutto il mondo; ad una candela accesa e posta ad ardere sopra un candeliere; agli Apostoli poi intimava di percorrere tutta la terra, ed insegnarvi agli uomini la scienza e la pratica di tutte quelle cose che da Lui aveano apprese, promettendo che Egli si sarebbe sempre trovato con essi (Matth, XXVIII, 20), cioè che avrebbe predicato, insegnato e deciso con essi. Ma si può predicare ed amministrare i sacramenti in una Chiesa invisibile? No! Ecco dunque stabilita la visibilità della Chiesa e la perpetuità della sua infallibilità per tutti i secoli.
Finalmente, deve la Chiesa essere ella medesima convinta della sua infallibilità: essa vede nel Vangelo tutto quello che Gesù Cristo ha detto perchè ella fosse tale. Gli Apostoli insegnarono ai loro successori come dovessero parlare in tali occorrenze: «Parve allo Spirito Santo e a noi» (Act. XV, 28); il che vuol dire, parve bene a noi parlanti secondo lo Spirito Santo, ovvero parve bene allo Spirito Santo parlare per bocca nostra. Quantunque ciascuno degli Apostoli avesse ricevuto la pienezza dello Spirito divino, e potesse decidere la celebre questione sollevatasi a proposito dell’osservanza della legge mosaico, mirando tuttavia a dare un modello di condotta da osservarsi dai primi pastori nel progresso de’ secoli, si vollero radunare in Gerusalemme, per mettere fine a una causa che già cominciava a mettere turbamento tra i fedeli. E così si fece poi sempre quando sorsero eresie a cagionare torbidi e scissure nella Chiesa.
La seconda ragione che stabilisce aver Gesù Cristo promesso il dono dell’infallibilità ai soli primi pastori, si deduce da questo, che se fossero soggetti all’errore quando decidono d’accordo con la Santa Sede, si dovrebbe affermare, o che Gesù Cristo se ne sia fatto giuoco promettendo loro, nella persona degli Apostoli, questo gran dono, o
che l’abbia promesso per la sola durata della vita degli Apostoli, o che in Lui non vi sia il potere di adempiere la sua promessa: ma queste sopposizioni sarebbero altrettante orribili bestemmie, perchè aveva loro promesso mille volte che la sua Chiesa esisterebbe fino alla fine dei secoli.
I protestanti ammettono che la dottrina della Chiesa si mantenne pura per i quattro primi secoli, ma pretendono che al quinto ebbe a patire mescolanze di grossolani errori e fin anche di principi idolatrici. Ma allora bisogna che si spingano ancora a dire essere Gesù Cristo quello stolto, di cui fa cenno egli medesimo nel Vangelo, il quale fondò la sua casa nell’arena, dimodoché al primo urto dei venti la vide atterrata. Sì, il divin Salvatore non avrebbe, in quest’ipotesi, nè meglio nè più sodamente fondata la sua Chiesa, perchè essa, a udir costoro, è caduta in ruina; ovvero si sarà ingannato, e avrà ingannato S. Pietro quando gli diceva: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la Chiesa mia, in modo che le potenze dell’Inferno nulla contro di lei potranno »; ovvero, sarà stato costretto per mancanza di potere a lasciare che si sfasciasse. Nè giova il replicare, che faceva queste magnifiche promesse ai soli Apostoli perchè, a provare che le estendeva pure ai successori, basta ricordare quelle parole: « Ecco ch’io sono con voi fino alla fine dei secoli », e quelle altre: « Lo Spirito Santo dimorerà in voi eternamente ». Egli sapeva per certo che gli Apostoli non sarebbero vissuti sino alla fine del mondo; di chi dunque parlava se non anche dei loro successori? Perciò, pretendere che la Chiesa da Gesù Cristo fondata è caduta in errore, è non solamente un’orribile bestemmia, ma di più una stupida menzogna e la più grande delle follie.
Convien dunque conchiudere, o che il Salvatore non ha fondato nessuna Chiesa, il che è apertamente falso; o che se una ne ha fondata, l’ha resa ferma, incrollabile, infallibile, senza che mai nessun errore in materia di fede potesse infettarla, e noi vediamo questa promessa adempita fino al presente.
La terza ragione che prova aver Dio comunicato il dono dell'infallibilità ai soli primi pastori della sua Chiesa, cioè ai vescovi uniti e operanti d’accordo col Papa parlante come capo supremo ossia ex cathedra, si è questa che essi soli in ogni tempo condannarono tutte le eresie. Tutti quelli che non erano uniti con loro nella fede, sono sempre stati recisi dal corpo della Chiesa e riguardati, con ragione, quali scismatici ed eretici.
Quale articolo di fede, da Gesù Cristo al tempo presente, fu mai sostenuto più gagliardamente in tutti i secoli, che quello dell’infalli-bilità della Chiesa? Vi fu mai tradizione più antica, più costante, più universale di questa? Essa infatti non è solamente stata sempre la fede dei semplici fedeli, ma ancora la fede dei più grandi Santi, dei più sublimi Dottori della Chiesa.
Dal fin qua esposto è facile ad ognuno conchiudere, essere nostro dovere di sottometterci senza opposizioni ed esame alle decisioni della Chiesa, pena il venir dichiarati eretici e riprovati, poiché il Signore ci dice apertamente nel Vangelo, che chi non crede, è già giudicato e condannato (Ioann. IlI, 18).
D’altronde, essendo noi certi che i primi pastori, uniti alla Santa Sede, non possono errare nella fede, in virtù delle promesse di Gesù Cristo il quale non può ingannarsi nè ingannare, ed ha promesso ai primi pastori l’assistenza dello Spirito Santo fino alla fine del mondo, non deve bastare questo a dissipare tutti i nostri dubbi, a calmare le inquietudini, a tranquillare la coscienza? Senza di questo, come già l’abbiam detto e giova ridirlo, noi non saremmo mai sicuri di nulla, non sapremo mai che cosa credere o che cosa rifiutare; e si avranno tante religioni quante sono le persone, come vediamo avvenire tra i protestanti. Quando anche ci sembrasse talvolta che questi primi pastori sbagliano, dobbiamo diffidare dei nostri lumi e sottomettere la nostra mente alle loro decisioni; e perchè? perchè noi siamo certi da un lato, che la nostra scienza è debole, difettosa, ed esposta a mille errori e che non fu data a noi la missione di giudicare; dall’altro, sappiamo non meno sicuramente che infallibile è il giudizio de’ primi pastori intorno ai punti spettanti la fede, che le loro decisioni sono altrettanti oracoli dèllo Spirito Santo; e tutto ciò in forza delle promesse di Gesù Cristo. Quando pure altri vi facesse vedere, con passi della Scrittura e dei Padri, con sottili ragionamenti, con speciose ragioni il contrario di quello che è stato deciso, tenetevi sempre inviolabilmente attaccati al sentimento della Chiesa, e siate sempre fermamente persuasi che tutto quanto vi si oppone non è che falsità,, errore, cavillo, sottigliezza ordita dallo spirito di menzogna...




























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