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sabato 29 ottobre 2016

COLLERA

1. Tristi effetti della collera principalmente in chi vi si abbandona. — 2. Il collerico dà ricetto al demonio ed egli stesso è un demonio. — 3. La collera prova la malvagità del cuore. — 4. Cause della collera e pretesti con cui si cerca di scusarla. — 5. Castighi della collera. — 6. Rimedi contro la collera. — 7. Vi è una collera santa.

1. Tristi effetti della collera principalmente in chi vi si abbandona. — II collerico viene giustamente paragonato alla vespa la quale per vendicarsi pianta il suo pungiglione nelle carni di chi ella perseguita, e lo perde insieme alla vita. Sì, a somiglianza della vespa, l’uomo in preda alla collera, fa udire un ronzio minaccioso, poi, per vendicarsi e ferire, ferisce se stesso e macchia sovente la sua anima di un peccato mortale; ecco perché il reale profeta dice: « Si gittarono sopra di me, come uno sciame di api » (Psalm. CXVII, 12).
2. Il collerico dà ricetto al demonio ed egli stesso è un demonio. — « Dov’è la collera, lasciò scritto S. Clemente, ivi non si trova il Signore, ma la cortigiana di Satana ». L’anima che accoglie l’ira è il nido del diavolo; ivi Satana depone le uova dei pensieri colpevoli, che poi fomenta e schiude.
3. La collera prova la malvagità del cuore. — La collera fa vedere che il cuore è pieno di fiele... Chi si lascia vincere dall’ira e sovente vi si abbandona, è un essere malvagio, degradato, crudele, è per la famiglia sua e per la società un flagello... È vendicativo; cerca col fuscellino sia le ragioni per aggravare l’ingiuria ricevuta, sia i modi più barbari e maligni per vendicarsene. Studia a rimettere in voga le parole più sarcastiche già cadute in oblio, e se ne serve per ferire profondamente... L’uomo dolce e mansueto è felice, piace a Dio ed agli uomini. Il collerico è infelice, in odio a Dio che lo maledice, in uggia agli uomini che lo detestano, lo temono, lo fuggono, gli imprecano. Egli è un supplizio ed un inferno a se stesso, ma lo è molto più per gli altri...
4. Cause della collera e pretesti con cui si cerca di scusarla. — Se volete vincere la collera e sradicarne da voi il germe, date bando alle immonde e criminose passioni; poiché, fintantoché a queste farete buon viso, sarete soggetti al dominio della collera...
5. Castighi della collera. — « Il Signore, leggiamo nella Sapienza, aguzzerà la sua vendetta a forma di lancia per punire gli insensati » (Sap. V, 21). Chi più insensato e pazzo del collerico? « Semineranno vento e raccoglieranno tempesta», dice Osea (Ose. VIII, 7). Non è vento furioso l’operare degli iracondi?... Dio è mitezza e longanimità, non può pertanto stare con l’uomo che s’abbandona alla collera; lo maledice nel tempo, nella morte, nell’eternità... Gli uomini lo maledicono mentre vive, godono di saperlo morto, ne esecrano la memoria. I vivi riposano quando l’iroso se n’è partito dal mondo...
6. Rimedi contro la collera. — Chi ha avuto la debolezza di cedere alla collera, faccia almeno che non duri, secondo l’esortazione di S. Paolo: «Il sole non tramonti su la vostra collera» (Eph. IV, 26). Queste parole, secondo l’interpretazione di S. Agostino, vogliono dire: «Non abbandonatevi all’ira, per timore che Gesù Cristo, il vero sole di giustizia, non abbandoni l’anima vostra, perchè Gesù non vuole abitare sotto un medesimo tetto con l’iracondia. Cacciate dal cuor vostro l’ira innanzi che vada al tramonto questo astro visibile, affinchè da voi non si parta il sole invisibile ».
7. Vi È una collera santa. — Due maniere di collera si possono trovare nell’uomo, insegna S. Tommaso. Quella che previene la ragione, se rassoggetta e porta l’uomo ad operare: in questo caso è veramente la collera che opera, perchè l’operazione al principale agente s’attribuisce; e questa collera è cattiva. Quella che segue la ragione e ne è come lo strumento; e allora l’operazione, la quale è un atto di giustizia, non all’ira ma alla ragione è attribuita. Perciò, sdegnarsi e incollerire contro il vizio, contro i disordini, contro un seduttore, e via dicendo, non è punto male, ma zelo, santo sdegno, dovere; perciò il Salmista ci esorta a adirarci, purché sia senza peccato (Psalm. IV, 4). E di questa santa collera era infiammato Gesù Cristo quando cacciava dal tempio i profanatori, rimproverava agli scribi e ai farisei l’orgoglio e l’ipocrisia, e li chiamava razza di vipere.
I pensieri dell’uomo in collera somigliano il parto della vipera (De cognit. verae vitae).
dice S. Gerolamo: essi cagionano la morte (Ex Philon.). La collera è l’oscurità, il turbamento, il tumulto, la tempesta dello spirito; essa passa sopra di lui come un’onda d'acqua nera ed agitata. « Per la collera, dice S. Gregorio, si perde a tal punto la cognizione, che non si sa più nè che cosa fare, nè in qual modo farla; poiché tanto di luce sottrae all'intelletto, quanto di agitazione semina nell’anima ».
L’uomo travagliato dalla collera non si differenzia da un frenetico, se non per la durata dell’accesso che prova, essendo la collera una frenesia che passa. Chiesto Platone a qual segnale si dovesse ravvisare il saggio, rispose: Il saggio non si adira se biasimato o punto, nè inorgoglisce se è lodato; l’insensato all’incontro è lo schiavo della collera, nè può dominare le sue passioni (Dialog.).
Plutarco invita l’uomo che va in collera, a contemplarsi in uno specchio e nella sua condotta, che vedendo come il viso e le azioni diano l’aspetto di un frenetico, prenderà avversione alla collera e se ne terrà lontano. (De Morib.). Noi diventiamo del tutto matti, quando andiamo in collera... « Il cuore acceso d’ira palpita, dice San Gregorio, le membra tremano, la lingua balbetta, il volto si contraffa, gli occhi scintillano, non si ravvisano neppure gli amici. La collera travolge la ragione, cosicché giusto e legittimo si stima quanto è da lei suggerito: essa è cieca ed accieca ».
La collera spegne nell’anima che ne è tiranneggiata ogni pazienza, ogni prudenza, ogni carità, ogni giustizia, ogni umanità, ecc... Quindi L'Ecclesiastico ci consiglia di « non essere facili all’ira, perché essa tien nido nel cuore dello stolto » (Eccli. VII, 10); ed i Proverbi ci avvisano che « è da insensato correre all’ira » (Prov. XII, 12).
A ragione dunque S. Gerolamo vede nella collera un segno d’insipienza, e Cassiano sentenzia che il collerico opera da sconsigliato, e si sprofonda nei peccati.
L’uomo in collera mostra la sua frenesia al viso avvampante, alle parole sdegnose, ai gesti minacciosi, ecc.; grida, schiamazza, sbuffa., dimena le mani, pesta coi piedi, scaglia ingiurie e trascorre talvolta, a calunnie. La collera è come scintilla di fuoco lanciata in un mucchio di stoppa; se non si soffoca su l’istante, s’apprende e si dilata, nè più si arresta se non quando la casa divampa e le fiamme cercano un’uscita dal tetto e dalle finestre. Lo stolto che non frena l’ira, ma l’obbedisce, l’accarezza, l’alimenta, la riscalda, ne rimarrà vittima.
L’uomo in collera ti dà l’aria d’un tale, che non appena ha udito la prima parola d’un comando, senz’altro aspettare e senz’aver nulla compreso, si mette in azione, e prende granchi, dice Aristotele, il quale soggiunge ancora: I cani latrano ogni qual volta alcuno, foss’anche il loro padrone, bussa alla porta; così il collerico trasportato dal suo naturale iracondo, non dà retta alla voce della ragione, nè del precetto (Ethic. lib. VII, c. VI).
Due cose fanno a pugni con la sana ragione: troppo affrettarsi ad operare o montare in collera... Un matto, dice Seneca, si ravvisa a questi segni: volto audace e minaccioso, fronte triste, capo dondolante, passo ineguale, mani che continuamente si dimenano, colorito non naturale, sospiri, grida frequenti e forti. E questi sono anche i segni della collera: gli occhi girano infiammati, il viso si accende, le labbra si stringono, i denti crocchiano, i capelli si rizzano, lo spirito agitato freme; suoni inarticolati, singhiozzi, grida, ruggiti, parole pungenti e mozze escono di bocca; tutto il corpo suda; il viso diventa schifoso,orribile a vedersi, la schiuma della rabbia spumeggia su le labbra (De Ira, lib. I, c. I). « La collera, scrive S. Efrem, turba l’anima, debilita il senso, e i pensieri di vendetta sgorgano come fiume dal cuore conturbato ». « La collera, soggiunge il Crisostomo, è un fuoco violento che tutto devasta, fa perdere il corpo, e corrompe l’anima ». E minore patimento sarebbe vivere con bestie feroci, che con una persona iraconda. Si arriva ad ammansare il leone, ma non un uomo tale (In Lib. Il Reg.).
L’uomo in collera mostra i denti come il cinghiale, vibra la lingua come il serpente, ballonzola come l’orso, dimena le braccia come un toro le corna, non guarda nè a vicino, nè ad amico, nè a superiore, non conosce persona. È simile ad un energumeno, anzi peggiore, perchè gli atti dell’energumeno sono involontari e forzati.
La collera produce le gare, le dispute, le ingiurie, le maldicenze, le calunnie, i giuramenti, le imprecazioni, le bestemmie, le maledizioni. Chi cede alla collera, trascorre agli oltraggi, alle battiture, alle uccisioni; niente vi è di sì crudele, di così inumano, che, nell’impeto dell’ira, egli non osi intraprendere; poiché, non essendovi più in lui nè spirito, nè ragione, non fa che seguire ciecamente l’inspirazione del suo furore.
« La collera, dice S. Gregorio, fa spirare l’incanto della vita sociale, rompe la concordia, toglie la luce della verità, caccia dall’animo lo splendore dello Spirito Santo ». Essa sveglia l’ambizione, l’invidia, l’odio, ecc. ma spinge principalmente alla vendetta, alla malvagità,, all'omicidio...
« L’iracondo provoca le risse, il mansueto le calma», dicono i Proverbi (Prov. XV, 18); ma « chi è corrivo all’ira, leggiamo nei medesimi Proverbi, sarà facilissimo al peccare » (lb. XXIX, 22). Sì, egli è trascinato ad una moltitudine di peccati di cuore, di lingua, di opere. Peccati di cuore, cioè pensieri e desideri di vendetta, esasperazioni, mormorazioni interne, ecc.-.; peccati di lingua, clamori, dispute, maledizioni, improperi, ecc...; peccati d’opere, processi ingiusti, rapine, battiture, uccisioni; simile ad una belva scatenata, dice Aristotele (Appia Stobeum, serm. XVIII), la collera mette ogni cosa in iscompiglio: è come un torchio donde si spreme la durezza e la violenza; cagiona l’effusione ingiusta del sangue; è la compagna dell’infortunio e si trae dietro l’obbrobrio e l’infamia.
S. Paolo ci ammonisce di non dare in noi luogo al demonio (Eph. IV, 27). E questo avviene quando si dà adito alla collera e si alimenta. Per lei si spalanca la porta e si prepara un comodo trono a Satana: gli aprono una facile e occulta breccia al cuore, i pensieri d’irritazione, e quivi insediatosi, ingrandisce fuor di misura l’ingiuria ricevuta, e spinge, con le sue suggestioni e con i suoi consigli, alla vendetta. Perciò mette in sobbollimento il sangue, agita lo spirito, infiamma la bile, scombuia la ragione, travolge il giudizio dell’uomo adirato; si dà a persuaderlo che la vendetta da lui meditata non deve chiamarsi vendetta, ma atto di giustizia. Allora costui più non vede nè il suo delitto, nè i pericoli ai quali va incontro, non è tanto lui che opera, quanto la collera e il demonio il quale dimora in lui, e a cui egli obbedisce come corpo all’anima.
« Chi si lascia dominare dalla collera, alloggia in sè il demonio », predica S. Basilio. S. Giovanni Crisostomo chiama la collera il demonio della volontà (Homil. in Dulc.); e S. Gregorio Nazianzeno dà addirittura al collerico il nome di demonio. O collera, grida egli, vizio caro all’esecrabile Satana, tu sei il provveditore dell’inferno; tu trabalzi l’uomo nel fuoco eterno, tu lo fai preda d’una frotta di spiriti infernali! Sì, l’uomo in collera è un demonio; grida, si dimena, infuria, si batte, infierisce, mena colpi, come se fosse un demonio e non più un uomo (In Carm, adv. Iram).
La collera può paragonarsi al fuoco dell'inferno, che brucia, ma non rischiara; è cocentissimo, ma tenebrosissimo.
Le cause della collera sono: 1° la perdita del timor di Dio e della fede...; 2° una cattiva educazione, principi perversi avuti fin dall’età giovanile...; 3° gli eccessi del giuoco, della crapula, della dissolutezza...; ma, la principale cagione è l’orgoglio.
Non v’ha poi vizio che tanto generalmente si cerchi di scusare quanto la collera, siccome il più delle volte proviene da superbia, quindi difficilmente s’incontra chi voglia darsi torto; anzi si pretende di aver ragioni d’incollerire. Il mio carattere è cosiffatto, si dice...; non posso contenermi...; la donna, i figli, i servi sono la cagione delle mie escandescenze. Sono stato provocato, aizzato, tratto per i capelli... Di questo modo voi accusate tutt’altri fuorché il vero colpevole che siete voi.
Ma v'è di peggio: non solamente si cerca scusare la collera, ma vi è chi ne fa un mantello per coprire tutti gli altri vizi. - Perchè bestemmiate voi, o stordito? — La collera mi vi spinge. — Perchè vi vendicate, perchè accogliete il livore nel vostro cuore? — Che volete? sono in collera. — Perchè avete insultato, malmenato quella persona? — Sono da scusare, ero in collera, ecc... Ma tutte queste scuse sono iniquità, non si giustifica già un delitto con un altro. « Chi cerca di giustificare la sua ira, dice S. Ambrogio, non fa che accrescerla e spingersi ad una nuova caduta ».
« Non siate pronti all’ira», dice l'Ecclesiastico (Eccli. VII, 10); perchè basta talora un breve indugio, un piccolo ritardo a spegnere e moderare l’ira... « È nella natura della collera, osserva Cassiano, indebolirsi ed estinguersi quando se ne ritarda lo scoppio, e accendersi e dilatarsi quando le si cede ».
I rimedi contro la collera sono : 1° Rammentarsi che la collera è proibita, 2° Tener a freno la lingua e la mano. Il filosofo Atenodoro diceva all’imperatore Cesare Augusto: Quando vi sentite montare la bizza, non fate e non dite nulla prima d’aver preso tempo a recitare l’alfabeto greco (Plutarc., In Apoph. rom.). « Il castigo che viene differito, sentenzia Seneca, si può per sempre infliggere, ma quello che è inflitto non è più in potere nostro il revocarlo ». 3° Fermare l’occhio su la deformità e laidezza della collera... 4° Ponderare il torto ch’essa fa a colui che vi si abbandona ed agli altri contro cui si scaglia... Non contro l’uomo, ma contro il vizio bisogna adirarsi. Battete il peccato, dice S. Agostino, ma risparmiate il peccatore (De Dulc.). S’imiti il medico che non si offende punto delle ingiurie vomitategli contro dal malato. 5° Ridursi alla memoria la dolcezza e la mansuetudine di Gesù Cristo. « Se ai patimenti del Redentore, scrive S. Ambrogio, si volge la mente, niente parrà sì penoso che pazientemente non si sopporti. 6° Riflettere su la miseria e vanità della cosa che porta alla collera. 7° Estirpare le passioni che la producono.
Tre mezzi indica S. Gregorio Nazianzeno per preservarci dalla collera: la preghiera; il segno della croce; l’umiltà (In Distich.).
In Dio, la collera non è altro se non il desiderio, l’amore della giustizia e di una giusta vendetta.


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