1. In che cosa consiste la virtù. — 2. Necessità della virtù. — 3. Facilità della virtù. — 4. La virtù non può stare col vizio. — 5. Eccellenza della virtù. — 6. Bellezza della virtù. — 7. La virtù è luce e verità. — 8. Potenza della virtù. — 9. Nobiltà e gloria della virtù. — 10. La virtù è la via del cielo, ed un bene che non ci abbandona. — 11. Chi pratica la virtù è felice. — 12. Ricompense della virtù. — 13. Parentela e gradi della virtù. — 14. Per acquistare la virtù bisogna fare sacrifizi. — 15. Mezzi per praticare la virtù.
1. In che cosa consiste la virtù. — La parola virtù, virtus, deriva dal vocabolo vis, che vuol dire forza, vigore. Non dissimile dalla sostanza è l’etimologia che ne dà Cicerone, il quale fa derivare dalla voce latina mr, cioè uomo (De Offic.). Può anche dirsi un vocabolo composto dalle due voci latine viri opus, opera virile. Tale è la virtù nel senso etimologico; a guardarla poi in se stessa, può chiamarsi con S. Bernardo: «Il vigore dello spirito, strettamente abbracciato alla retta ragione ». In altro luogo il medesimo Santo riconferma e spiega questa sua definizione, dicendo che la virtù è figlia della ragione, ma soprattutto della grazia.
Secondo i cristiani, secondo i teologi, la virtù è il massimo dei beni... S. Agostino la chiama « l’affezione regolatissima delL'anima » (De Morib. Eccles. c. XI); in un altro luogo la definisce : « L’arte di vivere bene e rettamente » (De Civit. Dei, lib. IV, c. XXI). S. Ambrogio la fa consistere nella volontà di non voler peccare e nella perseveranza di tale volontà (In Luc. lib. VIII, c. XVIII). Ogni virtù è amore e carità, cioè si produce in atti comandati dalla carità, la quale, è essa che comanda, che dirige, che forma e perfeziona la virtù. La virtù è un bene che si compie facendosi violenza... La virtù sta nel vivere secondo Iddio, secondo la sua legge, la sua grazia e l’insegnamento della Chiesa... La virtù consiste nel fare ciò che Dio e la coscienza impongono; nello schivare quello che Dio e la coscienza proibiscono.
Perciò la virtù consiste nelle opere, non nelle parole, secondo quelle due sentenze perentorie di Gesù Cristo: «Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma solamente colui che fa la volontà del Padre mio che sta nei cieli » (Matth. VII, 21); e quest’altra: «Ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e gettato al fuoco » (Matth. IlI, 10). Quanti sono virtuosi in parole, e viziosi in opere! Se il grano confidato alla terra non germinasse e fruttificasse, a che cosa servirebbe?
2. Necessità della virtù. — Dal sopradetto già risulta quanto sia stringente la necessità di praticare la virtù; ma questa necessità è ribadita da Gesù Cristo in quel comando : « Cercate prima di ogni cosa il regno di Dio e la sua giustizia » (Matth. VI, 33); poiché il regno di Dio non si può cercare nè ottenere se non con la virtù; avvertendo ancora che « chi poco semina, poco miete, e chi semina a larga mano, mieterà ancora in abbondanza » (I Cor. IX, 6). Perciò l’Apostolo animava Timoteo ad esercitarsi nella pietà (I Tim. IV, 7), cioè esercitati in ogni genere di virtù; ed il Savio diceva: «Io ho amato la virtù, ne sono andato in traccia fin dalla mia giovinezza, e l’ho domandata in isposa, allettato dalla sua bellezza » (Sap, VIII, 2)... L’uomo che vive senza virtù non è un uomo, ma ne ha la sola apparenza, come conobbe e asserì il pagano Epitteto del quale si riferisce questo detto : « È indegno di portare il nome di uomo, chi non si studia di essere virtuoso »... Non bisogna poi arrestarsi mai, finché non si sia raggiunta la pienezza della virtù; non si deve mai cessare dal fuggire il peccato, suo mortale nemico... Senza virtù non si dà salvezza; senza salvezza non si ha il cielo, non si ha Dio nell’eternità; quindi dove non vi è virtù, vi è l’eterna riprovazione.
3. Facilità della virtù. — A prima vista sembra stretta e spinosa la via della virtù, ma ben presto essa si allarga e si addolcisce, e tanto più si appiana e diviene deliziosa quanto più l’uomo vi si inoltra... Tutto il rovescio della strada del vizio... « Ogni virtù, dice S. Paolo, sembra che apporti nel presente non gioia, ma tristezza; ma in seguito dà a coloro che vi si addestrarono frutto dolcissimo di pace e di giustizia » (Hebr. XII, 11); e poi ancora: « Turbamento e affanno all’anima del malvivente; gloria, onore e pace a chi fa il bene » (Rom. II, 9-10). E prima di lui già il Savio aveva notato che splendida è la virtù e non si oscura mai, di modo che facilmente è veduta da quelli che l’amano, e trovata da quelli che la cercano. Essa precede quelli che la desiderano, per mostrarsi loro la prima (Sap. VI, 13-14).
Non vi è virtù senza lavoro e fatica, perchè la virtù non avanza se non a forza di fatica; ma la dolcezza della virtù lenisce l’asprezza della fatica; quello che in questa vi è di tristo e penoso presto se ne va e scompare; quello che vi è di confortante e dolce, viene e resta. È certo che si gusta molto più soave felicità nel piangere i peccati, che nel commetterli... Ci vuole più fatica ad essere vizioso, che ad essere virtuoso; infatti S. Agostino, che aveva bevuto alla coppa delle voluttà mondane, non appena ebbe conosciuto la felicità, la bellezza della virtù, esclamava inebbriato : Beltà sempre antica e sempre nuova, oh! come tardi ti ho amato! (Confess.).
Praticando la virtù, noi ci accostumiamo a camminare per le sue strade con balda sicurezza, perchè sodo e fermo è il suo cammino, e chi lo segue può dire col Salmista: « I miei piedi camminarono per la via diritta» (Psalm. XXV, 12). La virtù è il giogo, è il peso di Gesù Cristo; ora Gesù ci dice: « Prendete su di voi il mio giogo, perchè esso è dolce, ed il mio peso è leggero » (Matth. XI, 29-30). Quello che rende facile la virtù, è la grazia, sono i sacramenti, gli esempi di Gesù Cristo e dei Santi, la ricompensa promessa ed aspettata... Grande prova che la virtù è facile e dolce l’abbiamo in ciò, che tutti quelli che l’amano e la praticano sono felici; tutti quelli che ritornano a lei dopo di averla abbandonata, sono dolenti di non averla praticata per tutta la loro vita; e quelli che la trascurano e disprezzano sono i più infelici degli uomini...
4. La virtù non può stare col vizio. — Si legge nel I libro dei Re, che i Filistei avendo preso l’arca dell’Alleanza al popolo d’Israele, la collocarono nel tempio del loro idolo Dagon: ma alla presenza dell’arca, il preteso dio cadde a terra, la sua testa si spiccò dal busto e le sue mani si videro recise. L’arca è la virtù; Dagon è il vizio e il peccato... È impresa assurda accoppiarli insieme... « Che intesa vi può essere, dice S. Paolo, tra Cristo e Belial? » (Il Cor. VI. 15). Si videro mai le tenebre conciliarsi con la luce, la vita con la morte, il cielo con l’inferno? « Le persone insensate, dice il Savio, non comprendono la virtù, non la veggono nemmeno, perchè sta essa lontana dal loro orgoglio e dalla loro malizia; i saggi le vanno incontro. I mentitori non se ne ricordano; gli uomini sinceri non se ne discostano mai di un punto e camminano felicemente accanto a lei fino alla vista di Dio » (Eccli. XV, 7-8).
La virtù è la nemica del vizio, lo perseguita, lo assale, lo scaccia; il vizio è il nemico sfidato della virtù, la insidia e la combatte all’esterno, la soffoca e l’annienta nel cuore. Le virtù, dice S. Giovanni Crisostomo, non possono abitare coi vizi. Quando i vizi sono sbaragliati dalle virtù, la carità s’impadronisce del luogo che prima teneva lo spirito di concupiscenza; la pazienza riprende quello che il furore si era preso; una gioia salutare ritempra e invigorisce quel cuore che la tristezza, compagna della morte, teneva calpestato ed abbattuto; il lavoro ripara i danni della pigrizia, l’umiltà rialza quello che l’orgoglio aveva calpestato. Trionfando nell'uomo le virtù opposte ai vizi che prima lo signoreggiavano, lo chiamano a nuova vita (In Exod.).
5. Eccellenza della virtù. — « La virtù è cosa tanto eccellente, dice S. Giovanni Crisostomo, che nessun’altra le può stare a confronto; basti il dire che perfino quelli che la combattono, non si possono esimere dall’ammirarla » (Homiil. ad pop.), e S. Ambrogio dice che perfetta è quell’età, ancorché tenerissima di anni, in cui si trova una virtù perfetta. S. Bernardo la chiama un astro, e chiama cielo l’uomo che ne è fornito. E infatti la virtù contiene in sè tutti i beni; ella basta a se stessa, e quando regna in un cuore, questo non sente più alcuna privazione, non teme confusione, nè afflizione di sorta. Giobbe spogliato di ogni cosa, sul suo letamaio, era l’uomo più ricco e più tranquillo del mondo, perchè aveva la virtù... E la virtù, dice lo Spirito Santo, dispone tutte le cose soavemente (Sap. VIII, 1); è più preziosa di ogni diamante; tutte le gemme della terra non ne pareggiano il valore. I suoi sentieri sono sentieri di dolcezza, e le sue vie mettono tutte alla pace. Con una mano ella presenta lunghezza di vita, con l’altra offre onori e ricchezze. È l’aurora della vita per quelli che l’abbracciano; felici coloro che se la stringono al seno! Il suo possesso vale più di tutti i tesori e i frutti di lei sono più preziosi dell’oro finissimo (Prov. IlI, 14-18). Dopo una testimonianza così autorevole, non c’è da stupire se tutti i santi Padri giudicano povertà e miseria ogni ricchezza del mondo, posta a confronto della virtù. Clemente Alessandrino insegna che vero tesoro è il cumulo di azioni virtuose (Paedag. 1. IlI), « Non l’oro e l’argento, dice S. Bernardo, ma le virtù costituiscono le vere ricchezze » (Serm. IV, de Advent.). S. Ambrogio ci avverte che Dio non tiene per ricco se non chi è ricco per il cielo, colui che raccoglie non i frutti delle ricchezze periture, ma i frutti delle virtù. Non vi pare sommamente ricco chi ha la pace dell’anima, la tranquillità, il riposo; che non desidera nulla, che non è agitato da nessuna tempesta?... Dunque se volete trovare tesori, prendete quelli che troverete nella virtù, non quelli che stanno sepolti nelle viscere della terra. La vita e la ricchezza dell’uomo consistono nella virtù. Con la virtù, ancorché mancasse ogni altra cosa, si ha tutto; senza la virtù, benché abbondasse tutto il resto, non si ha niente (De Abel et Cain, 1. XI, c. V — 1. I, c. V).
S. Prospero parlando della virtù dice egregiamente: Noi dobbiamo desiderare ricchezze che ci adornino e ci proteggano; che non acquistiamo a nostra insaputa, che non perdiamo nostro malgrado, che ci armino contro i nostri nemici, che ci rendano vittoriosi del mondo e cari a Dio; che arricchiscano e nobilitino le anime nostre, che siano con noi e in noi. E queste ricchezze sono la purità, la giustizia, la pietà, l’umiltà, la mansuetudine, la misericordia, la fede, la speranza, l’amore (De vita contemp.). « Le ricchezze che non possono restare con noi lungo tempo, sono false, scrive San Gregorio; fallaci son quei tesori che non portano sollievo alla povertà dell’anima nostra. Sole vere ricchezze sono quelle che ci fanno ricchi in virtù. Se volete dunque essere veramente ricchi, amate le virtù, sole vere e sode ricchezze ». Sono piene di sapienza le parole di Tobia a suo figlio: «Non temere; è vero che facciamo una vita povera, ma grandi ricchezze abbiamo, se temiamo Dio, se ci asteniamo dal peccato e facciamo bene » (III, 18); e infatti, 1° essa procura e mantiene sia la vita naturale dell’anima, sia la soprannaturale della grazia... 2° Come l’albero della vita comunicava il vigore della vita, così la virtù allontana dalla nostra vita quello che la snerva e la fa languire. « Il giusto fiorirà come palma » dice il Salmista (XCI, 13)... 3° Saporitissimo era il frutto dell’albero della vita; tale è il frutto della virtù... 4° L’albero della vita preservava l’uomo dalla morte; questo prodigio opera pur essa la virtù... 5° L’albero della vita nel paradiso raffigurava la visione di Dio; la virtù rappresenta Dio in colui che la pratica. Quelli che trovano la virtù, leggiamo nei Proverbi, trovano la vita; la loro salute verrà dal Signore. Ma quelli che peccano contro la virtù, sono carnefici dell’anima propria; tutti quelli che la odiano, amano la morte (Prov. VIII, 35-36). « La giustizia nel suo più ampio significato, ossia la virtù, innalza le nazioni; il vizio rende i popoli infelici » (Prov. XIV, 34). S. Agostino insegna che là virtù è il solo e sommo bene (De lib. Arbitr. lib. II, c. XVIII) : e infatti essa ci governa...; ci fa cibo e vestite...; c’istruisce...; ci protegge...; ci procura buon nome...; ci rinforza e innalza...; ci apporta la gloria... La virtù regola l’appetito dei sensi e i movimenti delle diverse concupiscenze... È la sanità dell’anima e del corpo... Procura una santa vita, una buona morte, un giudizio favorevole; chiude l’inferno ed apre il cielo...
Il vizio getta il turbamento e l’angoscia nell’anima, dice Lattanzio; la virtù invece vi apporta la dolcezza e la tranquillità (Lib. VII, c. X). Nell’uomo virtuoso, secondo la bella osservazione di S. Ambrogio, la giustizia cerca, la prudenza trova, la forza prende, la temperanza possiede: la giustizia è nel cuore; la prudenza nello spirito; l’energia, nell’opera; la temperanza nell’uso (Offic.). Non ci sfuggano mai dalla memoria queste sensatissime parole di S. Giovanni Crisostomo: « Nessuna cosa istupidisce tanto gli uomini quanto il peccato; nulla li rende tanto saggi, quanto la virtù, perchè li tempera a misericordia, a riconoscenza, a bontà, a umanità, a dolcezza. La virtù è madre, radice, sorgente della saviezza; ogni peccato ha le sue radici nella stoltezza; sapientissimo è chi coltiva la virtù ». Chi è privo di virtù diventa ben presto, come Caino, fuggiasco, vagabondo; segnato col marchio della riprovazione, non sa più dove va, donde viene, quel che si fa; ben presto si vede tuffarsi e scomparire nel baratro del vizio...
Anche i pagani si accorsero dell’eccellenza della virtù. Isocrate, per esempio, diceva che non vi è nulla di più bello, nè di più perfetto (Ad Daemonicum). Aristotele la chiama la misura di tutte le cose, l’epurazione, la perfezione dell’anima (Ethia. lib. I, c. IV). Epitteto rassomiglia l’anima virtuosa ad un fonte inesauribile, dalle acque dolci, pure, limpide, fresche, benefiche, abbondanti, incapaci di nuocere (Apud Stobaeum, serm. I). Cicerone dice che fuori della virtù tutto è falso, incerto, caduco, mobile; la virtù sola ha tali profondissime e saldissime radici, che nessuna forza basta a scuoterla. E altrove dice : Chi dubita che le vere ricchezze non consistano nella virtù? Infatti nessuna quantità d’oro o d’argento regge al confronto delle virtù. Se gli stimatori dei beni terreni portano a così alto prezzo le cose periture, quanto non deve valere la virtù, che non può perire nè essere involata? essa che non teme rovina nè per naufragio, nè per incendio? essa che non va soggetta a mutazione nè per vicende di tempo, nè per impeto di tempeste? Quelli che la posseggono sono i soli ricchi, perchè essi soli possedono quello che produce ricchi e abbondanti frutti che durano eterni (Tuscul. II).
6. Bellezza della virtù. — « Che cosa è per noi la virtù, se non la bellezza interiore dell’uomo? », dice S. Agostino; e Filone aggiunge che non solamente la virtù è bella, ma anzi l’idea, l’immagine della beltà stessa di Dio (De vita Mosi); infatti la virtù è la suprema partecipazione di Dio il quale, essendo beltà suprema, ne riflette il suo raggio su la virtù e principalmente sul Verbo incarnato, Gesù Cristo, specchio divino di tutte le virtù, del quale il Salmista ha cantato: «Tu superi in bellezza tutti i figli degli uomini» (Psalm,. XLIV, 3). O virtù, meraviglia delle meraviglie, bellezza delle bellezze! o virtù, candida come il giglio, dolce come la rosa, umile come la viola, fiore dei fiori! tu riunisci in te tutta la bellezza e tutto l’olezzo di tutti i più belli e più soavi fiori! O virtù, come sono belle le tue vie, come incantevoli le tue strade! (Prov. IlI, 17).
La virtù è la vera bellezza, il ricco ammanto, l’incomparabile fulgore dell’anima, di tutte le azioni e dell’uomo tutto intero. Al contrario il vizio ne è la deformità, la laidezza, la vergogna. La virtù veste l’uomo della bellezza di Dio; il vizio gli dà la bruttezza del demonio... Tanto bella e splendida si mostra la virtù, che i malvagi, ancorché vivano turpemente, l’amano e l’ammirano negli altri... « La virtù, dice il Nazianzeno, è in mezzo ai vizi, come la rosa tra le spine ». Perciò il Savio afferma che si mostrano amatori della vera bellezza quelli che sono ricchi di virtù (Eccli. XLIV, 6).
7. La virtù è luce e verità. — La virtù è splendida luce, perchè: 1° ama la luce e la presenza di Dio...; 2° illumina l’anima, lo spirito, il cuore; vede il passato, il presente, l’avvenire; rischiara il tempo e l'eternità...; 3° illumina chi la possiede, e gli altri che le si accostano. Si può affermare di lei quello che l’Evangelista scrisse di Gesù Cristo, increata ed incarnata manifestazione della virtù : « Egli era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo » (Ioann. I, 9)... 4° La virtù è luce, perchè esce da Dio, luce increata che supera, illumina, vivifica tutte le cose, e attrae a sé tutte le altre luci come il sole attrae i pianeti... Guardate i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i martiri, i santi di tutti i tempi; splendido modello di virtù era ciascuno di loro e una luminosa luce che rischiarava il mondo, come dev’essere la vita di ogni cristiano. Nessun pregio, osserva il Crisostomo, dà tanta chiarezza e tanto lustro all’uomo, anche quando si studia di stare nascosto, quanto lo splendore della virtù; egli risplende non solamente su la terra, ma anche nel cielo (Homil. ad pop.). Infatti, come dice S. Gregorio, « nella chiarezza della virtù si trova sempre Iddio ».
La luce del sole oscura tutte le luci inferiori; la virtù è anch’essa una luce che fa impallidire quella della scienza... Come il sole, al suo levare, con i suoi raggi rischiara tutto il cielo, illumina la terra e cambia, per così dire, l’aria in luce, penetrandola; così, dice Filone, le virtù penetrando con i loro celesti raggi l’uomo, lo trasformano tutto in fulgido chiarore (De Plant. Noe). Come l’anima rischiara e vivifica il corpo, così la virtù rischiara e vivifica l’anima e il cuore... La virtù illumina col buon esempio, e a lei si può applicare quello che L'Ecclesiaste dice del sole : « Compiendo il suo corso, spande dappertutto torrenti di luce » (Eccle. I, 6). Siamo dunque per le nostre virtù un sole su la terra... I sublimi esempi di Gesù, di Maria e dei Santi, sono per noi luminosissimi soli... Chi pratica la virtù, non cammina mai nelle tenebre, perchè ha per guida il lume di vita... L’uomo virtuoso è, per l’esempio che dà, come un faro luminoso che avvisa, dirige e guida il navigante, affinchè non rompa negli scogli e giunga al porto...
La virtù è la pratica della verità, che è sempre pura da ogni errore; essa è la verità nella sua manifestazione esteriore; è il sole della verità... Fuori della virtù, tutto è errore, falsità, menzogna, inganno... Essa può ripetere quelle parole: «Io sono la via, la verità, la vita » (Ioann. XIV, 6). « Chiunque è dalla parte della verità, dà ascolto alla mia voce » (Id. XVIII, 37). Perciò la Scrittura dice che i bugiardi non si ricorderanno della virtù, ma gli uomini sinceri non l’abbandoneranno mai e cammineranno felicemente fino alla visione di Dio: (Eccli. XV, 8).
8. Potenza della virtù. — La virtù è onnipotente: essa trionfa dell’inferno, del mondo, della concupiscenza... Nessun nemico può tenerle fronte... Anzi, essa vince Dio medesimo e prende il cielo d’assalto... Il mare ed il Giordano fuggono alla vista dell’arca (Psalm. CXIII, 3). Alla vista delle virtù, il mare delle passioni, i fiumi delle concupiscenze scompaiono... La virtù tocca da un punto all’altro con forza, e dispone con soavità ogni cosa (Sap. VIII, 1). S. Giovanni Crisostomo afferma che mentre il vizio non è che debolezza, la virtù è tutta nerbo e forza, di modo che non c’è cosa più potente di lei e lo piova con la costanza e con la pazienza spiegate da Giuseppe, col suo coraggio nello schivare e vincere la più terribile delle passioni. Di tanta forza è la virtù, egli dice, che essa diviene più grande e più coraggiosa quando è assalita e calunniata... Essa si spinge nella sua potenza fino a toccare l’eroismo. Chi la possiede, chi ha l’aiuto della grazia soprannaturale, diventa più forte di tutto il mondo; essa è invincibile, sfugge agli agguati dell’uomo e del demonio.
La virtù messa alla prova si accresce, grandeggia, ingigantisce e splende di tutto lo sfarzo della sua potenza e grandezza: «Non si dà virtù senza fatica, scrive S. Ambrogio, perchè dalla fatica dipende l’avanzamento e il trionfo della virtù ». Ma la vera virtù è forse mai indietreggiata innanzi alle più aspre ed eroiche fatiche? La morte medesima, anche la più orribile, non la spaventa, non l’avvilisce... Le virtù sono catene che legano i demoni e loro impediscono di avvicinarsi e nuocere. S. Bernardo le raffigura in quei cinque sassi puliti che Davide scelse nel torrente e coi quali abbattè il gigante Golia (in I Reg.). Ma badiamo, dirò col medesimo santo Dottore, che se la virtù è di sua natura forte, essa diventa invincibile e meritoria quando a lei va congiunta la grazia. Essa è forte per il giudizio della ragione che approva; e questa forza diviene vittoriosa, per il buon desiderio della volontà illuminata (Serm. , in Cant.). Lodiamo adunque, come uomini fortissimi e gloriosi, gli uomini grandi in virtù, e ornati di prudenza (Eccli. XLIV, 1-3).
La vera e soda virtù è dunque onnipotente; è un diamante preziosissimo di tanta durezza che non si può spezzare, che resiste a tutto, e tutto supera e di tutto trionfa... La virtù è così attiva, che fa del bene anche ai malvagi, anche ai nemici, ed è così potente, che ne riesce vittoriosa co’ suoi benefIzi... Fare del bene ai cattivi, è la vittoria della virtù, dice S. Cirillo (Catech. II, 5). La vera virtù sta nascosta; ma se si tenta di opprimerla, allora si fa vedere e si mostra invincibile. Come le stelle, dice S. Bernardo, splendono la notte, e stanno nascoste di giorno, così la vera e soda virtù che spesse volte nelle prosperità non compare, nelle avversità splende in tutto il suo fulgore.
Anche i pagani ammirano la potenza della virtù; Seneca avverte che è più pronta ad affrontar i cimenti la virtù, che non la crudeltà a inventarli. È avida di azioni eroiche; va al suo scopo, senza impensierirsi di quello che dovrà soffrire. E il sostegno della debolezza umana, ne è il riparo insuperabile. Chi si trincera in lei è sicuro di non cadere in mano agli assedianti. Senza avversari e senza combattimenti, la virtù intorpidisce e si snerva; cimentata, grandeggia e triplica le sue forze (Epist. XXIV). Le prove, scrive in altro luogo il medesimo autore, sono come le nuvole per il sole, anzi di meno; poiché la virtù splende nelle traversie e si forbisce nelle avversità. Il vero bene è di tale natura e condizione, che essendo il vero bene, non può non riuscire vantaggioso; tale è anche la natura della virtù. Essa ci purifica ci conduce al cielo dopo di averci purificati (De Prov.). È proprio di una virtù coraggiosa e di uno spirito magnanimo, dice Cicerone, il non temere di nulla, il disprezzare ogni cosa umana, non considerare come insopportabile nulla di ciò che può accadere all’uomo di spiacevole. Chi è fornito di grande virtù non s’inquieta punto di ciò che può cadErgli sopra, lo stima un niente; dirige e domina tutto ciò che a lui è inferiore; disprezza i dolori e la morte (De Offic. 1. III). Che nobile e giusta testimonianza rendono alla virtù gli stessi pagani!
9. Nobiltà e gloria della virtù. — « Gloria, onore e pace a chiunque fa il bene », cioè all’uomo virtuoso, scrive S. Paolo (Rom. II, 10); e già prima di lui il Savio aveva detto : « Procurate di farvi un buon nome per mezzo della virtù; questo bene sarà per voi più durevole che mille dei più preziosi tesori (Eccli. XL, 15); infatti la virtù presenta a chi la pratica, da una mano lunghezza di giorni, dall’altra ricchezza e gloria (Prov. IlI, 16). Quindi S. Bernardo dà alla virtù il nome di madre dell’onore e la indica come la vera via alla gloria. « Somma nobiltà, supremo onore è agli occhi di Dio, scrive S. Gerolamo, essere chiaro per virtù ». Solo la virtù è nobile, dice Cassiano, ed è nobilissimo e innanzi a Dio grandissimo chi risplende per virtù (Collat. II, c. 10). Chi vive di virtù, vivrà glorioso nella memoria degli uomini; essendo la virtù, come osserva S. Agostino, la strada per la' quale l’uomo dabbene arriva alla gloria, all’onore, al potere. Papa Urbano rispose a un tale che gli rinfacciava la sua bassa origine : I grandi uomini non nascono già tali, ma tali diventano mediante la virtù. L’imperatore Massimiliano disse a un ricco che gli offriva una gran somma di denaro perchè gli desse titoli di nobiltà: Io posso arricchirvi, ma in quanto al nobilitarvi, solo la vostra virtù può farlo.
In questo argomento abbiamo due notevoli sentenze di Seneca: « Incomparabile ornamento è la virtù e rende sacro chi la esercita ». Vi è solo una cosa che ci possa fare immortali e simili agli dèi, la virtù »; e il poeta Giovenale dichiara che solo la virtù è nobile e grande.
10. La virtù è la via del cielo, ed un bene che non ci abbandona. — La virtù ha per unico scopo Dio, la sua legge, la sua volontà, il suo servizio, il suo amore; ora se non è questa la via del cielo, bisogna dire che non ve n’è altra... Sì, solo la virtù conduce al cielo; essa è la strada alla vita eterna; la via dell’inferno, della morte eterna, è il peccato. La via della morte è il mondo; la via del paradiso è il disprezzo del mondo... Per questo appunto la virtù è un bene che non ci abbandona mai. « La virtù ci fa eredi di un nome eterno », dice il Savio (Eccli. XV, 6).
« Noi non possiamo dire che siano veramente nostre quelle cose che non possiamo portare con noi, scrive S. Ambrogio; solo la virtù accompagna i defunti ». Le vesti, i mobili, l’oro, l’argento, dice il Crisostomo, vanno soggetti a deperimento, a perdita, a furto; ma chi è vestito di virtù, possiede un tesoro che nè i vermi possono rodere, nè i ladri rubare, nè la ruggine può consumare (Homil. ad pop.). Perchè, come dice S. Bernardo, « la vera virtù non conosce fine, non muore col tempo ». Ciò che appartiene al secolo, rimane nel secolo, la virtù va all’eternità (S. Ambrogio, In Luc. XII). O virtù inestimabile, tu dai all’anima frutti e beni immortali!...
Platone ci assicura che la virtù ci fa simili a Dio. Ora Dio è eterno (De Legib.). La virtù vale assai più che una lunga posterità, per rendere eterno un nome; perciò Seneca dice che ci dà l’immortalità (Epist. XXVII), e Sofocle la chiama un immancabile, eterno possesso (In Eurifilo). Gli alti obelischi, le grandi piramidi richiedono molta fatica per essere collocate, osserva Plinio, ma una volta che sono alzate, rimangono immobili per sempre; così la virtù costa fatica alla debole natura; ci vuole coraggio, fermezza e lavoro per innalzarci fino a lei, e collocarla nell’anima nostra; ma stabilitavi una volta, è un bene che non si guasta, non si corrompe col tempo, ma dura immortale (Hist. XXXVI, c. IX).
11. Chi pratica la virtù è felice. — La vera felicità si trova nella vittoria su le passioni, e siccome tale vittoria dipende dalla virtù, ne segue che arriva alla felicità chi esercita la virtù. A lui conviene quel detto dell'Apocalisse : « A tutti quelli che seguiranno questa regola, pace e misericordia » (Gal. VI, 16). La virtù produce pace, serenità, gioia, tranquillità di coscienza, allegrezza, confidenza, sicurezza della salute. Dove trovare stato più felice e invidiabile? La Sacra Scrittura dice che la virtù ci nutrisce del pane della intelligenza e della vita, ci abbevera dell’acqua della sapienza e della salute, ci consolida, ci rinforza, ci sostiene, non permette che siamo confusi, ci copre di gloria, accumula su l’uomo che l'ama la gioia e la letizia (Eccli. XIII, 3-6). La virtù procura la pace, l’unione con Dio, col prossimo, con noi medesimi. Con la pratica della virtù, l’uomo si assicura la grazia e l’amicizia di Dio, una vita santa, una buona morte, una splendida corona per il cielo. Ecco la vera, la somma, l’incontestabile felicità!... Con ragione pertanto S. Agostino dice che la virtù rende felici tutti quelli che la praticano (De Civit.); e noi possiamo metterle in bocca quelle parole che lo Spirito Santo fa dire alla Sapienza: Beato l’uomo che mi dà orecchio, che passa i suoi giorni su la soglia di mia casa e che veglia sul limitare della mia porta! Chi trova me, trova la vita e la salute (Prov. VIII, 35-36).
Questa verità non fuggì del tutto alle considerazioni dei saggi pagani. « Solo la virtù, scriveva Seneca, procura una gioia perpetua e sicura ». La virtù mi basta per essere felice, diceva Antistene (Ita Laert., 1. VI). Platone invita a considerare la contraria indole della virtù e del vizio; per un momento di piacere nella vita, ci gettiamo in rammarichi, in dolori, in pene, che non hanno fine; ma la virtù, dopo brevi dolori, vede nascere gioie vere e grandi, che l’accompagnano anche dopo morte e durano eterne. Il medesimo autore nota ancora che i savi danno il primo luogo allo spirito, il secondo al corpo, il terzo alle ricchezze; ed egli vuole che nello Stato la virtù tenga il primo posto, poi le forze del corpo, finalmente la ricchezza (De Repub.). Del resto tutto il mondo sa che i più sensati dei filosofi antichi, gli stoici, insegnavano che la vera felicità in questa vita non si trova che nella virtù, e ne recavano le seguenti ragioni : 1° Il sommo bene, la suprema felicità sta nell'anima; ma per l’anima non vi è niente di meglio, di più salutare e di più ricco della virtù... 2° Il sommo bene è quello che ci rende perfetti; ora la virtù è questo bene, perchè essa perfeziona l’uomo... 3° Si deve chiamare sommo bene quello che è bene in se stesso e che rende buoni gli altri beni; ora la virtù, buona in se stessa, ci rende buoni ed utili i beni di fortuna e di natura, i quali se sono disgiunti da essa, ci tornano piuttosto di danno che di vantaggio... 4° Si deve chiamare sommo bene quello che, separato da ogni altro bene, rende felice chi lo possiede, e che, se viene a mancare, rende infelice chi ne è privo, ancorché fosse largamente provvisto di ogni altro bene; ora tale è il bene della virtù: perchè l’uomo che ha la virtù, sebbene sia privo di tutto il resto, è chiamato uomo probo; ma se gli manca la virtù, ancorché ricchissimo, non è chiamato nè buono, nè probo... 5° Il sommo bene deve comunicare la forza e la potenza; ora tale è la virtù e chi ne è fornito trionfa delle avversità, delle traversie, dei disastri della fortuna, delle incomodità della natura, della voluttà, ecc... 6° Il sommo bene deve essere fisso e sicuro; ora la virtù sola è costante e durevole... Dunque, ne conchiudevano, la virtù forma il sommo bene e quindi la felicità di colui che la possiede.
12. Ricompense della virtù. — Le ricompense della virtù, sono accennate in quel versetto di Davide : « Quelli che seminano nel pianto, mieteranno nell’allegrezza; andavano e piangevano spargendo le loro semenze, ma ritorneranno festosi portando su le braccia i covoni » (Psalm. CXXV, 6-8). La semenza è la virtù; i covoni sono le ricompense. E quale ricompensa! Ci è indicata dallo stesso Salvatore: « Suvvia, servo buono e fedele, perchè ti sei mantenuto fedele nel poco, ti costituirò padrone di molto; entra nel gaudio del tuo Signore » (Matth. XXV, 21). « Venite, o benedetti del Padre mio, al possesso del regno che vi fu preparato fin dall’origine del mondo » (Ibid. 34). E infatti che il paradiso, l’eterna felicità, il sommo bene, stia preparato per i virtuosi, si vede da ciò, che Gesù Cristo assicurò che il regno dei cieli soffre violenza e che solo i violenti lo rapiscono (Matth. XI, 12). Ora chi è che fa violenza a se stesso e sforza l’entrata del cielo, se non l’uomo virtuoso?... E dire regno dei cieli, vuol dire possesso di Dio, godimento di Dio; a buon diritto adunque il Nazianzeno riassume le ricompense che aspettano l’uomo virtuoso, nel dire che la virtù lo fa diventare Dio (In Distich.).
13. Parentela e gradi della virtù. — La virtù ha per padre la grazia; la volontà per madre e per famiglia i buoni pensieri, le sante ispirazioni; infatti la volontà guadagnata e fecondata dalla grazia divina produce le buone opere, la penitenza, il digiuno, la elemosina, la fede pratica, la carità, l’obbedienza, l’umiltà, la saviezza, lo zelo, ecc...
La virtù procede e sale per tre gradi: Il primo è la virtù ordinaria, cioè quella che è comune ai fedeli i quali vivono onestamente, religiosamente, secondo i comandi di Dio... Il secondo grado è quello dei cristiani che si spingono oltre questo limite ordinario, e studiano più di proposito a imitare Dio; le loro virtù si chiamano purgative; il che vuol dire che la prudenza, per la meditazione delle cose divine, lascia da parte le cose terrene e dirige tutti i pensieri dell’anima verso il cielo; che la temperanza abbandona, per quanto lo comporta la debolezza della natura, tutto ciò che l’agio e le comodità del corpo richiedono; che l’anima, per il suo allontanamento dal corpo e la sua vicinanza alle cose divine, non si lascia spaventare nè distogliere dalla via della perfezione, da nessuna difficoltà... Il terzo grado ed il più sublime sta nella somiglianza già acquistata, nell’unione con Dio; in questo grado le virtù sono chiamate e sono realmente virtù di un’anima purificata e perfetta; sono le virtù dei perfetti in questo mondo e degli eletti nell’altro... Vi è dunque la virtù dei principianti, la virtù dei proficienti, la virtù dei perfetti.
14. Per acquistare la virtù bisogna fare sacrifizi. — Le ricchezze della virtù si devono guadagnare per mezzo della fatica... Il sentiero della virtù ha le sue spine; spine lunghe, acute, molteplici, che pungono e cagionano dolori; esse sono intralciate insieme; se ne strappate una, l’altra vi fora; questo forma la disperazione delle anime infingarde e pusillanimi, ma le anime forti e coraggiose, a poco a poco, con pazienza e rassegnazione, giungono a spuntarle, a strapparle e finiscono col distruggerle... Il punto sta qui, che noi vogliamo essere umili senza patire disprezzo, pazienti senza provare dispiaceri, obbedienti senza assoggettarci al comando, poveri senza sentire disagio di nulla, virtuosi senza sudore e senza fatica, penitenti senza dolore e pentimento; vogliamo essere lodati senza meritarlo, essere amati senza essere buoni, essere onorati senza santità. Ma non sono questi nè gl’insegnamenti nè i fatti di Gesù Cristo... E ben altrimenti fecero anche i Santi...
Chi vuole praticare la virtù, deve rassegnarsi a portare la croce; e chi mai può portare la croce senza fatica e senza dolore? « Tutti coloro, dice S. Paolo, che vogliono vivere piamente in Gesù Cristo, soffriranno persecuzione » (II Tim. IlI, 12). S. Giovanni Crisostomo, commentando questo passo, dice che sotto il nome di persecuzione bisogna intendere tutte le difficoltà, i travagli, i dolori, le pene, le prove, gli stenti che incontrano e sostengono quelli i quali praticano la virtù, quando si sforzano di soggiogare le concupiscenze; quando si studiano di conservare la continenza, di acquistare l’umiltà, l’obbedienza, la mortificazione, la temperanza; quando in una parola, si dedicano al bene e alla pietà. « La grazia di Dio nostro Salvatore, scrive S. Paolo, si mostrò a tutti gli uomini, istruendoci che rinunziando all’empietà e ai desideri del secolo, noi viviamo in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà » (Tit. II, 11-12).
15. Mezzi per praticare la virtù. — Per praticare la virtù si richiede : 1° una risoluzione generosa dell’anima ed una volontà efficace di metterla in esecuzione...; 2° ardore e zelo...; 3° il combattimento e la mortificazione delle passioni...; 4° la perseveranza nello studio e nell’amore della virtù...; 5° la penitenza esteriore, perchè, come afferma S. Cirillo, nella mortificazione della carne sta la forza della virtù (Catech.). Le virtù sono come una fortezza inespugnabile: esse difendono l’uomo contro tutti i nemici. Qui è la città degli eletti i cui steccati, dice Ugo da S. Vittore, sono il disprezzo delle cose terrene; i bastioni, la speranza; i forti avanzati, la pazienza; le torri, l’umiltà; le fontane, le lacrime; le sentinelle, la prudenza; le armi, la preghiera e i sacramenti; le porte, l’obbedienza; il duce, la carità; i soldati, la giustizia, la temperanza, la forza (Institut. Monastich. ad Novit. c. III).
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