1. Che cosa è la penitenza ? — 2. Necessità della penitenza. — 3. Esempi di penitenza. — 4. Eccellenza della penitenza. — 5. Vantaggi della penitenza. — 6. Qualità della penitenza. — 7. La penitenza non è penosa. — 8. La vera penitenza è rara. — 9. Mezzi per fare penitenza.
1. Che cosa è la penitenza? — La parola penitenza derivante dai due vocaboli pena e tenere, denota, propriamente parlando, l’azione con cui uno tiene, ossia applica a sè la pena. La penitenza adunque si può definire con S. Ambrogio, « dolore del cuore, e amarezza dell'anima per i peccati che si sono commessi » o cambiamento dei costumi malvagi... La penitenza è una morte che non ci priva della vita; essa uccide l’uomo di peccato, immola le concupiscenze della carne, le sacrifica a Dio.
2. Necessità della penitenza. — Ci narra il Vangelo che a preparare la strada al Signore, « venne Giovanni nel deserto della Giudea dicendo ad alta voce : Portate frutto degno di penitenza; perchè già la scure è alla radice dell’albero; ed ogni pianta che non dà buon frutto, sarà recisa e gettata al fuoco » (Matth. IlI, 1, 2, 8, 10).
Gesù Cristo poi confermò la predicazione di Giovanni, dicendo chiaramente : « Se non farete penitenza, perirete tutti quanti » (Luc. XIII, 3); e la medesima intimazione ribadì poco dopo con le medesime parole (Id. 5). Poteva con più aperte e forti espressioni inculcarci la necessità della penitenza? Egli affermò ancora di essere venuto a chiamare i peccatori a penitenza (Luc. V, 32). A commento di queste parole, S. Ambrogio osserva che se la grazia dipende dalla penitenza, chi ricusa di fare penitenza, rinunzia alla grazia.
Perciò al rimprovero fatto da S. Pietro ai Giudei, che avessero crocifisso il Figlio di Dio, Gesù Cristo, il vero Messia, parecchi di loro tocchi da pentimento gli domandarono che cosa dovessero fare; ed egli a loro: « Fate penitenza» (Act. II, 38). S. Paolo, in adempimento di quest’ordine naturale e divino, confessa di se medesimo, che mortificava il suo corpo e lo teneva schiavo dell’anima con la penitenza, affinché dopo aver predicato agli altri, non avesse la disgrazia di diventare reprobo egli medesimo (I Cor. IX, 27). Quello poi che egli faceva, raccomandava anche agli altri : « Mortificate le vostre membra », scriveva, per esempio, ai Colossesi (III, 5).
La vivanda non condita di sale, si corrompe; senza il sale della penitenza, i costumi si corrompono e il corpo si abbandona al disordine, o per lo meno al rilassamento. D’altronde, come egregiamente osserva S. Gregorio, Dio non risparmia mai il colpevole, perchè non lascia mai impunito il delitto. O il peccatore si punisce da se stesso con la penitenza, ovvero Iddio entrando con lui in giudizio, lo percuote. Udite infatti quello che disse il Signore nell'Apocalisse all’angelo di Efeso : « Tu ti sei rallentato dal tuo primo fervore. Ricordati dunque donde sei caduto, e fa penitenza; altrimenti io non tarderò a venire a te, e se a penitenza non ti muovi, toglierò il tuo candelabro dal suo luogo » (Apoc. II, 4-5).
Ci stia sempre in mente quel detto del Savio : « Se noi non facciamo penitenza, cadiamo nelle mani del Signore, non in quelle degli uomini » (Eccli. II, 22). Da questo pensiero salutarmente atterrito, il Salmista diceva : « Perchè voi me ne avete fatto precetto, io ho camminato per le spinose vie della penitenza » (Psalm. XVI, 4).
3. Esempi di penitenza. — Gesù Cristo non si è contentato di raccomandare che si faccia penitenza, ma dal punto della sua incarnazione, della sua nascita in una stalla, fino alla sua morte in croce, soffre del continuo per espiare i peccati del mondo...
S. Giovanni Battista predica la penitenza, ed egli per il primo, dall’età più tenera fino al suo martirio, ne dà luminosissimo esempio.
Gli apostoli annunziano la penitenza, e tutta la loro vita è una continua mortificazione della carne, una penitenza quotidiana...
S. Maria Maddalena, S. Maria Egiziaca, S. Taide, S. Margherita da Cortona, i martiri, i confessori, le vergini, gli ordini religiosi; tutti i santi di tutti i secoli, anche quelli che menarono vita pura e immacolata, fecero penitenza... Ci serva di stimolo a tutti l’esempio dei Niniviti (Ion. III), i quali alla parola di Giona che predicava la penitenza o l’esterminio furono così compunti di dolore per i loro misfatti, che tutti quanti, dal re all’ultimo plebeo, fecero penitenza nella cenere, nel digiuno e nel cilizio, e al digiuno costrinsero perfino gli animali.
4. Eccellenza della penitenza. — « Le lagrime dei penitenti sono il vino degli Angeli » dice S. Bernardo (Serm. IlI in Cant.); e più brucia i demoni una lacrima di penitenza, dice S. Anselmo, che non tutto il fuoco (Monolog.). Sul fatto di Pietro che, dopo di aver negato il Divin Maestro, piange amaramente, S. Ambrogio ha le seguenti parole: «Le lagrime della penitenza lavano i peccati. Le lagrime del pentimento non implorano, ma meritano il perdono. E ben lo sai tu, o Pietro, il quale prima di piangere sei caduto, appena che hai pianto, ti sei rialzato ». La penitenza è un sacrificio per il peccato; vi si offre da Dio la macerazione della carne in espiazione delle colpe commesse.
L'Ecclesiastico, parlando del re Giosia, dice che la memoria di lui olezza come soave profumo preparato da abile mano. Il suo ricordo sarà dolce a tutti gli uomini, come il miele al palato, come i canti in mezzo ad un festino; perchè « fu guidato dall’alto a condurre il popolo nelle vie della penitenza, e a togliere via le abbominazioni dell’empietà » (Eccli. XLIX, 1-3).
S. Bernardo dice: « Vi è forse spettacolo più meraviglioso a vedersi o martirio più rigoroso a sostenersi di quello di una volontà ferma e salda nel soffrire fame in mezzo alle vivande, patire freddo avendo copia di preziose vestimenta, rimanere povero tra le ricchezze che il mondo offre, Satana magnifica, il nostro appetito desidera? Non sarà meritamente coronato colui il quale avrà cosi combattuto, chiudendo l’orecchio alle promesse del mondo, ridendosi delle tentazioni del nemico degli uomini e, quel che è più glorioso ancora, trionfando delle proprie inclinazioni e crocifiggendo la concupiscenza che le stimola? ».
5. Vantaggi della penitenza. — Maria Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, fu la prima cui toccò l’onore e la fortuna di vedere
Gesù risuscitato; ma se l’era meritata facendo penitenza. Qui si adatta quel detto di S. Agostino : l’uomo fu vittorioso su di un letamaio (nella persona di Giobbe); fu vinto nel paradiso (nella persona di Adamo)(Homil). Colui che trova il suo cibo nel digiuno, il suo riposo nell’orazione, il suo pane nella parola di Dio, il suo vestimento nei cenci, il suo letto in un semplice mantello, il suo sonno su la nuda terra, mentre l’anima conversa col Signore in sante veglie; questi, a giudizio di S. Paolino, ha trovato il vero riposo.
Vi sono due cose che ci difendono contro il peccato, la confessione frequente e la penitenza... Udite S. Giovanni Crisostomo: « La penitenza è il rimedio più efficace che possiamo avere per medicare le nostre ferite; essa guarisce così radicalmente e fa sparire le ulceri dell’anima per modo che non ne lascia nè cicatrice nè traccia; cosa impossibile nelle ferite del corpo ». S. Isidoro scrive: «La penitenza è balsamo alle ferite, àncora di salvezza; per lei si provoca la misericordia di Dio; per lei si reprime e si castiga la carne corrotta ». Infatti il Signore, dice il Savio, ha pietà di tutti gli uomini perchè può tutto, e si dimentica dei loro peccati quando ne fanno penitenza (Sap. XI, 24). « Perciò Tertulliano esorta il peccatore a impadronirsi della penitenza, ad abbracciarla, ad aggrapparvisi, come naufrago a tavola di salvezza; essa lo trarrà fuori dalle onde perigliose del peccato, e lo condurrà al porto della divina clemenza ».
« O penitenza, esclama S. Giovanni Crisostomo, o penitenza che, per la misericordia di Dio, rimetti i peccati ed apri il paradiso, che rinvigorisci l’abbattuto, rallegri il melanconico, richiami i morti alla vita, ristabilisci il peccatore nella grazia, gli rendi la sua dignità primiera, gli inspiri la fiducia, ne ripari le forze e gli fai piovere nell’anima più copiosa grazia! O penitenza, come narrerò io le tue meraviglie? Tu spezzi le catene, tu reprimi ogni rilassatezza, lenisci ogni avversità, guarisci ogni piaga, dissipi le tenebre, rianimi quello ch’era disperato! O penitenza più splendente dell’oro, più sfolgorante del sole, non vinta mai dal peccato, non abbattuta dalla defezione, non cacciata dalla disperazione! O penitenza, madre della misericordia, e maestra delle virtù! Grandi sono le opere tue; quelle opere con cui sciogli i colpevoli, ristori i cadenti, rialzi i caduti, rincuori i disperati! Per te Gesù Cristo si è in un istante impadronito del buon ladrone e lo ha collocato nel suo regno; per te Davide, restituito alla felicità dopo il misfatto, ricuperò lo Spirito Santo ».
Si vede quanto sia vantaggiosa la penitenza, da ciò che cancella tutti i delitti, ottiene misericordia, trionfa di Dio e della vendetta del giudice supremo, legando, per così dire, l’Onnipotente medesimo il quale si protestò già che, ritornando a lui i figli suoi con la penitenza, egli avrebbe sanato e perdonato tutte le loro trasgressioni (Ierem. III, 22). Vedete che cosa è la penitenza, e come di un peccatore essa ne fa un tutt’altro uomo. La penitenza ripara tutti gli errori, tutte le mancanze della vita; placa Dio e se lo rende propizio, toglie gli scandali, muta lo spirito e il cuore, rinnova in una parola tutte le cose... « La penitenza, scrive S. Agostino, sana i languidi, cura i lebbrosi, risuscita i morti, aumenta la sanità, conserva la grazia, raddrizza lo zoppo, rende la vista al cieco, scaccia i vizi, abbellisce le virtù, munisce e fortifica l’anima ». « Chi al mondo, ha peccato più di Paolo? dice S. Pier Crisologo, chi, nella religione, mancò più gravemente di Pietro? Ciò nulla meno ecco che in virtù della penitenza meritarono l’uno e l'altro, non solamente di diventare Santi, ma altissimi maestri di santità ».
Per farci intendere l’immenso potere della penitenza, Iddio ci assicurò che quando un peccatore si pente del male con cui ha provocato contro di sè le sue minacce: anche egli si ritratta dal male che aveva minacciato di fargli (Ierem. XVIII, 8). La penitenza è virtù di tanta forza, che obbliga Dio non solamente a mostrarsi misericordioso col peccatore convertito e ad amarlo, ma ancora ad obbedirgli, a vegliare sopra di lui, a proteggerlo, a combattere in suo favore. Ugo da S. Vittore dice : « O penitenza, piena di frutto e di vigore, o virtù potente che nessuno saprà mai abbastanza amare, mediatrice fedelissima tra Dio e il peccatore! O seconda tavola dopo il naufragio! O rifugio degli indegni, soccorso dei miserabili, speranza degli esiliati, sostegno dei fiacchi, lume dei ciechi, bastone che trattieni l’inclinazione alla voluttà, semenzaio di virtù! O penitenza, tu sola intenerisci il giudice supremo, tu giustifichi l’uomo presso il Creatore, tu trionfi dell’Onnipotente! Tu sei vincitrice quando sembri vinta; immoli i vizi, quando sottostai ai santi rigori dell’espiazione; tu guarisci col ferire e cominci un regno glorioso nell’istante medesimo in cui la morte viene a troncare l’opera tua salutare. Innanzi a te tace ogni altra Virtù; tu sola monti sicura e balda sino al trono di Dio. Tu meni Davide alla riconciliazione, rialzi Pietro, illumini Paolo, introduci il pubblicano nel collegio degli Apostoli : tu elevi dalla prostituzione al più alto grado di santità la Maddalena, tu inscrivi nel numero degli eletti il ladrone che pende da un patibolo. Che fortunati effetti non produci tu ancora! La corte celeste ti appartiene di diritto; per te regna l’abbondanza dove trovavasi la più squallida miseria; tu acqueti la fame; tu sostituisci la gloria all’obbrobrio; tu rendi vani gli assalti e le crudeli voglie dei demoni, svelandone la bruttezza, il fetore che spandono e la morte eterna che loro tien dietro; tu bandisci la fame e la sete, conducendo al fonte di vita; tu rendi fertili ed ubertosissimi i campi prima aridi ed incolti; tu dissipi la tristezza e inspiri la gioia; tu cancelli la vergogna e fai che vi sottentri la consolazione e la gloria; fai dimenticare le ingiurie e dai la pace; tu risusciti i morti, e per un po’ di cenere concedi una corona » (De Piaenit.).
Di tale valore è, al dire di S. Gerolamo, la penitenza, che restituisce al peccatore tutte le sue antiche virtù, e tutti i meriti, da lui acquistati prima di cadere (Epl.). Questo è anche il sentimento di S. Tommaso e di tutti i teologi. Mediante la penitenza, chi ha peccato ritorna alla vita soprannaturale per godere di una più grande grazia; perchè alle grazie antiche, aggiunge la grazia delia risurrezione spirituale, che è la grazia delle grazie... Ninive riceve dalla bocca di Dio medesimo la sentenza della sua rovina; fa penitenza ed è salva. « Iddio, osserva S. Agostino, volendo spaventare questa città, la corregge provandola; la muta, minacciandola. Ninive ricorre alla penitenza, e Dio le perdona (In lon. proph.). « L’iniquità di Ninive, dice S. Gaudenzio, fu distrutta perchè ne fece penitenza » (In lon. proph.).
La penitenza cancella tutti i misfatti; placa la collera divina; trasforma gli schiavi di Satana in amici di Dio; converte uomini ingiusti, empi, infedeli, colpevoli, in persone giuste, pie, fedeli, e sante. La penitenza annulla la maledizione e le sostituisce la grazia e la giustificazione. Chiude l’inferno ed apre ai peccatori il seno di Dio. Così parlano S. Giovanni Crisostomo, S. Ambrogio, S. Agostino, Tertulliano ed altri Padri e Dottori... S. Bernardo chiama la penitenza vendicatrice dei misfatti e nutrice delle virtù (Servi, de S. Andreae) e in altro luogo così scrive: «La mia penitenza è la vivanda di Gesù Cristo. La mortificazione mi corregge, la macerazione mi purifica. Noi abbiamo dato motivo di allegrezza agli Angeli, quando ci siamo abbracciati alla penitenza ».
Consolantissima finalmente è quella sentenza del Crisostomo: «Quegli che, abilmente prudente, ha mostrato frutti di penitenza, ha potuto in poco tempo cancellare i misfatti di una lunga vita ».
6. Qualità della penitenza. —- 1° La penitenza dev’essere forte e generosa. « Chi semina poco, dice il grande Apostolo, raccoglierà anche poco; chi è largo nel seminare, mieterà anche largamente » (II Or. IX, 6). « La larghezza del perdono che Dio concesse a Davide, nota S. Ambrogio, ben rivela quanto grande e generosa fosse la sua penitenza » (De poenit.).
2° La penitenza deve andare congiunta con l’umiltà e il timore di Dio... Come una terra arida ed incolta non porta frutto; così senza umiltà, nessuno può fare penitenza vera. Infatti, perchè la penitenza, se non perchè siamo peccatori? Ora il peccato.è una rivolta la quale non è perdonata se non a misura che uno si umilia... Non dovremmo mai dimenticare quel detto dell’Ecclesiaste: « Non essere senza timore del peccato perdonato » (V, 6).
3° La penitenza deve mortificare la carne: «Mortificate i vostri membri » (Coloss. III, 5), scrive S. Paolo ai Colossesi; e ai Romani diceva che se fossero vissuti secondo la carne, sarebbero morti; ma se avessero mortificato con lo spirito le opere della carne, sarebbero vissuti (Rom. VIII, 13). « Il corno esce fuori dalla carne, dice S. Agostino, ed è necessario che trapassandola sia forte e solido per resistere. Chi intende fare una vera penitenza, deve farla forte, affinchè possa vincere e trionfare della carne e delle voglie sue (De vera et fai. Poenit. c. VIII). Se i soldati di Gedeone, osserva l’abate Isaia, non avessero rotto i loro vasi di argilla, non sarebbe comparsa la luce delle lampade. Se l’uomo non castiga e rompe colla penitenza il suo corpo, non vedrà la luce di Dio. Se Giaele non avesse avuto in mano un chiodo, non avrebbe abbattuto il superbo Sisara. Se l’anima vuole camminare verso Dio, deve attendere a crocifìggere tutti i vizi della carne (Vit. Patr.).
4° « La sincera penitenza consiste, dice S. Gregorio, nel detestare i peccati commessi e nello schivarli per l’avvenire » (Homil. XXXIV, in Evang.). Essa deve essere, secondo S. Agostino, una specie di vendetta che esercita sopra di se medesimo colui che si pente; egli punisce in sè quello che gli duole di avere commesso (De vera et fai. Poenit. c. VIII).
5° La penitenza deve comprendere tutte le facoltà dell’uomo..., estendersi agli occhi, alle orecchie, alle mani, ai piedi, alla lingua,
agli atti ed ai tempi tutti della vita... Sia esteriore, ma soprattutto interiore; regni sui pensieri, sui desideri, su gli affetti, su l’intelletto, su la memoria, su la volontà, su lo spirito, sul cuore. Essa è di tutte le età, di tutte le condizioni : « La penitenza richiede, secondo il Crisostomo, la contrizione del cuore, la confessione della bocca, l’umiltà delle opere ». Dice Riccardo da San Vittore: Colui che mediante lo Spirito Santo, comprime fortemente le voglie della carne e gli affetti scomposti del cuore, fa una perfetta penitenza. Senza la penitenza dell’anima a nulla vale quella del corpo (De Statu inter hom.).
6° La penitenza deve continuare fina alla morte... S. Clemente, discepolo e successore di S. Pietro, assicura che tanto profondo dolore ebbe questo Apostolo della sua caduta, che ne fece penitenza tutta la sua vita, ed ogni notte, al canto del gallo, si prostrava a terra, e la bagnava di lagrime (Storia eccles.). « Quelli, dice S. Gregorio, che hanno veramente l’animo alla pratica delle mortificazioni, le cercano con quell’ardore con cui un minatore scava nel terreno per trovarvi il tesoro : più si accostano alla fine della loro opera, e più vi mettono d’impegno ». La penitenza deve cominciare con la vita e finire con essa.
7. La penitenza non è penosa. — La bellezza e il soave olezzo della rosa compensano ad usura le spine che la circondano e che pungono chi la spicca. La brama del guadagno e la speranza di rivedere la patria, rendono leggere le pene ai trafficanti che affrontano i pericoli dell’Oceano... La speranza della guarigione fa cara l’amarezza del rimedio... Chi vuole la mandorla, rompe il guscio... Così il cristiano che vuole godere la gioia di una buona coscienza, trova facile e dolce la penitenza... Come brevi e leggere devono sembrare le espiazioni di questa vita a colui che sa di essersi meritato, e forse le cento volte, l’inferno!... D’altronde, non viene forse la grazia in soccorso del penitente? Le consolazioni che si trovano nei patimenti, vincono di lunga mano tutte le loro amarezze: Dio misura le consolazioni sul regolo della penitenza... S. Paolo, il quale praticava grandi austerità, esclama : « Io sono pieno di consolazione, io ribocco di allegrezza in ogni nostra tribolazione » (II Cor. VII, 4).
8. La vera penitenza è rara. — Oh come pur troppo universalmente si avvera quel detto di Giobbe : « Dio ha dato all’uomo i mezzi e il tempo di fare penitenza; e questi se ne abusa nel suo orgoglio » (Iob. XXIV, 23). Dice S. Ambrogio: « Mi accade più facilmente trovare persone che hanno conservato la loro innocenza, che non peccatori
i quali abbiano fatto una penitenza proporzionata alle loro colpe ».
Ma il male non si ferma qui, perchè il non fare penitenza trascina poi a maggiori colpe, secondo il detto di S. Gregorio : « Il peccato non distrutto con la penitenza, trae ben presto col suo proprio peso ad altro peccato ». La penitenza è un freno; chi lo trascura viene a poco a poco trasportato là dove vuole il demonio, il mondo, la carne... O cielo! quali sono i costumi di coloro che si sottraggono alla penitenza, che fuggono la mortificazione? Essi vanno di eccesso in eccesso, di misfatto in misfatto, di abisso in abisso; percorrono nelle loro cadute tutti i gradi del vizio e dell’infelicità, senza fermarsi in nessuno... non si arresteranno che all’inferno...
La sentenza è già stata pronunziata da Dio per bocca di Giovanni Battista : « Ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e gittato al fuoco » (Matth. III, 10); e da Gesù Cristo medesimo che disse : « Se non farete penitenza, perirete irremissibilmente tutti quanti » (Luc. XIII, 5)... Il peccato non può rimanere senza castigo; se il peccatore non lo punisce egli medesimo con la penitenza, lo punirà Iddio con le disgrazie e con l’inferno... O penitenza, o morte eterna...
9. Mezzi per fare penitenza. — Un buon mezzo per fare utile e sincera penitenza è quello indicatoci da S. Pier Damiani il quale ci suggerisce di innalzare tribunale nella nostra coscienza e quivi fare il dibattimento, in modo che il pensiero accusi, la ragione giudichi, la penitenza eseguisca la condanna e castighi, le lagrime solchino il viso. Per questa imitazione del martirio, noi arriveremo alla dignità di coloro che versarono il sangue per la fede (Epist.). Imitiamo la Maddalena, suggerisce S. Gregorio, la quale quanti godimenti provò, tanti olocausti trovò in se stessa da offrire; quanti delitti aveva commessi, altrettanti atti di virtù compì, con l’intenzione di volgere al servizio di Dio, con la penitenza, tutto quello di cui aveva abusato in disprezzo di Dio, col peccato.
Chi vuol fare una buona e sincera penitenza, deve ancora: 1° Ricordarsi dei suoi trascorsi...; 2° temere per i peccati che ha commessi...; 3° non perdere di vista il tempo che è assicurato all’uomo e che si riduce al tempo presente...; 4° disprezzare il mondo...; 5° umiliarsi...; 6° pensare all’inferno...; 7° volgere la mente al cielo...; 8° meditare su la passione e morte di Gesù Cristo...
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