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domenica 13 dicembre 2015

CADUTE E RICADUTE

1. Disgrazia della caduta nel peccato. — 2. Causa delle cadute. — 3. Bisogna rialzarsi prontamente dalle cadute. — 4. Cause. delle ricadute. — 5. Stato spaventoso a cui porta la ricaduta. — 6. Castighi che seguono le ricadute. — 7. Mezzi per evitare le ricadute.

1. Disgrazia della caduta nel peccato. — « Mancare è facile cosa, avuto riguardo alla fragilità umana, dice S. Bernardo, ma è cosa diabolica il durare nella colpa ». Anzi, S. Gregorio soggiunge che « per l’ordinario torna più accetta a Dio una vita di fervore dopo una caduta, che non l’innocenza la quale vive sicura nella tiepidezza ». Ad ogni modo però, deplorabile è la caduta non meno che la tiepidezza...
« Come mai, esclama Isaia, la città fedele è diventata una cortigiana? La giustizia regnava nelle sue mura, ora non è più che un covo di ladroni: l’argento suo s’è cangiato in iscoria... ». «Come s’è annerito l’oro! soggiunge Geremia; s’è estinto lo splendore! come le pietre del santuario furono disperse in capo a tutte le strade! » (Isai. I, 21-22) (Lament. IV, 1). « Belli e ammantati d’oro purissimo comparivano i figli di Sionne, ed ora sono trattati, come vasi di creta » (Ib. IV, 2).

2. Cause delle cadute. — Chi non bada alle colpe leggere, a poco a poco cadrà in quelle gravi, dice l'Ecclesiastico (Eccli. XIX, 1). E S. Gregorio avverte che colui il quale non si cura di piangere i suoi peccati e non si studia di schivarli, per l’avvenire, cade non già ad un tratto, ma a poco a poco dallo stato di giustizia.
« Badate, esclama S. Agostino, che vi è un precipizio dove vedete che un altro è caduto ».
Felice colui che dalle altrui cadute impara a stare guardingo e cauto!... Chi non veglia sopra di se stesso, chi confida nelle sue forze, certamente cadrà.

3. Bisogna rialzarsi prontamente dalle cadute. — « Forse che chi cade non si rialza? » dice Geremia (Ier. VIII, 4). Chi sdrucciola a terra, desidera, si sforza quanto può e tenta in ogni modo di rialzarsi : così pure chi è caduto camminando per la strada della salute deve fare quanto può per rialzarsi. Che stoltezza è dunque quella del peccatore che vuole restare nel peccato! Oh! quanti, dice S. Cipriano, sono da compiangere, perchè quando conveniva stare in piedi caddero e quando bisognava rialzarsi, non vollero! (Serra.).

4. Cause delle ricadute. — Un abisso ne chiama un altro (Psalm. XLI, 8), dice il Profeta: il che vuol dire, come spiega S. Gregorio, che « un peccato, il quale non sia subito cancellato con la penitenza, trascina ben presto col suo peso medesimo ad altro peccato ». Il pensiero succede allo sguardo, la compiacenza al pensiero, il consenso alla compiacenza, l’azione al consenso, l’abito all’azione; poi l’abito si fa necessità, la necessità conduce alla disperazione a cui tien dietro l’impenitenza finale e la dannazione, giusto castigo dell’impenitenza.
Il vizio genera il vizio, dice S. Isidoro; Davide dall’adulterio passa all’omicidio (Lib. de Sum. borio, c. XXIII). Per la ricaduta si aggiunge colpa a colpa, delitto a delitto, si moltiplicano e ribadiscono gli anelli della catena che lega, stringe, avvolge e soffoca per tutta l’eternità.

5. Stato spaventoso a cui porta la ricaduta. — « Allorquando lo spirito immondo, sono parole di Gesù Cristo, esce da una persona, va per luoghi deserti errando in cerca di riposo, e non trovandolo, dice : me ne ritornerò nella casa donde sono uscito ; ed al suo ritorno la trova sgombra, spazzata e adorna. Allora va e prende con sè sette altri spiriti peggiori di lui e con essi entrando vi si ferma; e l’ultimo stato di quell’uomo diventa ben peggiore del primo » (Matth. XII, 43-45). Questo passo evangelico si deve meditare con timore, anziché commentare, dice il Venerabile Beda (In Evang.).
Dopo la guarigione del paralitico, troviamo che il divin Salvatore l’ammonì di non peccare più per l’avanti, affinchè non gli incontrasse di peggio (Ioann. V. 14). Questo avvertimento, del resto, era già stato dato a tutti dal medesimo Salvatore con quella sentenza :
« Non è fatto pel regno de’ cieli chi, dopo aver posto mano all’aratro, si volga a guardare indietro » (Luc. IX, 62). Quindi quell’esclamazione di S. Agostino : « Oh! qual disgrazia spaventevole è il guardare indietro! ».
«Sarebbe stato meglio per loro, dice S. Pietro, che questi tali non avessero mai conosciuto la via della giustizia, piuttostochè, conosciutala, smarrirla e rinnegare la santa legge già data a loro » (II, II, 21).
« Gli uomini malvagi ed impostori andranno di male in peggio, ingannati e ingannatori » (II Tim. III, 13), diceva l’Apostolo a Timoteo; ed agli Ebrei scriveva, essere cosa impossibile che coloro i quali sono stati una volta illuminati, ed hanno gustato il dono del Cielo e ricevuto lo Spirito Santo, che si cibarono della santa parola di Dio e delle meraviglie del secolo futuro, e sono poi precipitati, ritornino un’altra volta a penitenza; perchè per quanto sta in loro crocifiggono di bel nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’ignominia. Poiché la terra che beve la pioggia che frequentemente le cade in grembo e produce erbe utili a chi la coltiva, riceve la benedizione di Dio; ma se produce spine e triboli è riprovata, maledetta, e messa a fuoco (Hebr. VI, 4-8).
È impossibile, cioè difficilissimo; e sapete perchè? Perchè, continua il medesimo Apostolo, se noi pecchiamo di proprio arbitrio dopo di aver conosciuto la verità, non v’è più vittima che espii i nostri peccati, ma non c’è che attendere il terribile giudizio e l’ardore del fuoco che consumerà i nemici di Dio (Hebr. X, 26-27).
È vero che qui si accenna specialmente al peccato d’apostasia, ma si può anche dire proporzionatamente della ricaduta in ogni altro peccato. Il vento porta via la pula, non il frumento; l’uragano crolla la casa senza fondamenta, non già quella profondamente basata. Ora a chi somiglieremo noi quelli che facilmente ricadono nel peccato? non forse alle pagliuzze, alle mura senza basi? La ricaduta fa sì, dice S. Bernardo (Serm. in Psalm.), che il peccatore diventi temerario, svergognato, corrotto, senza ritegno. Si cade dalla terra ferma nella melma, dal trono in una cloaca, dal Cielo nell’Inferno. Poi altrove aggiunge che chi ricade dopo di aver ottenuto il perdono de’ peccati, diventa tante volte figlio dell’Inferno, quante sono le sue ricadute. «Temete, egli dice, per la grazia ricevuta; temete ancora di più per la grazia perduta; ma temete soprattutto per la grazia ricuperata ».
Il Crisostomo predicava: Non peccate più dopo di aver ottenuto il perdono; non vi lasciate più ferire dopo di essere stati guariti; non macchiatevi dopo di aver ricevuto la grazia. Pensate che più grave diventa la colpa già una volta perdonata; che il riaprirsi di
una ferita riesce più doloroso dopo la guarigione; che la macchia è molto più orrenda quando si cade dallo stato di grazia. Non merita indulgenza chi pecca dopo il perdono; non merita di guarire nuovamente chi si ferisce da se stesso dopo di essere stato guarito; non è degno di ricevere più oltre la grazia, chi si tuffa nel fango dopo di essere stato purificato per mezzo della grazia. Grave colpa è il peccare, ma più grave è ricadere nel peccato dopo l’assoluzione. Il servo che insulta il suo padrone dopo che ne ha ricevuto la libertà, è indegno perfino di portare il nome di servo. (Serm. in prim. hom. lapsu). A questo proposito fa quel detto dell’Ecclesiastico: « Chi si lava per cagione d’un morto e lo tocca di nuovo; che gli giova essersi lavato? Così l’uomo che digiuna per i suoi peccati e li commette di nuovo, qual profitto cava dalla sua mortificazione? Chi esaudirà l’orazione di lui? » (Eccli. XXXIV, 30-31).
Quindi imparate che la ricaduta nel peccato è più grave, più pericolosa del peccato stesso, sia a cagione dell’offesa che per la sua ingratitudine commette l’uomo già altra volta perdonato, sia perchè rinnova e accresce la prima colpa. Chi ricade, stramazza; perchè Dio abborrisce il ricaduto, l’abbandona e lo disprezza, anzi lo punisce con particolare rigore. Ecco perchè Gesù Cristo raccomanda al paralitico guarito di non più peccare, affinchè non gli incontri di vedere perciò peggiorata la sua condizione. Ecco perchè, mentre assolve la donna adultera, l’avverte di non peccar mai più per l’avvenire (Ioann. XIV, 11). E poi, fate conto dal corpo medesimo: non sono forse le ricadute ben più terribili e pericolose che la prima malattia?
Se noi ricadiamo, vedremo avverato quello che diceva Geremia agli Ebrei, dormiremo cioè nella nostra confusione, e saremo ricoperti della nostra ignominia; perchè abbiamo peccato, noi e i padri nostri, contro il Signore Dio nostro, dall’adolescenza nostra fino a questo giorno, e non ascoltammo la voce del Signore Dio nostro (Ierem. III, 25).
« O Galati insensati! esclama S. Paolo, chi vi ha affascinati talmente, che non ubbidiate alla verità?... La vostra follia è così grande, che dopo di aver cominciato dallo spirito, finite ora nella carne? » (Gal. IlI, 1, 3). L’imprudente che ricade nelle sue follie è dallo Spirito Santo rassomigliato al cane che si ripasce del suo vomito (Prov. XXVI, 11).
Quasi tutti coloro che hanno la disgrazia di vivere nella ricaduta e nell’abito del peccato, muoiono in tale stato; essendo pur troppo vero il detto di S. Agostino: Il peccato mette in prigione; la ricaduta la chiude; l’abito la mura (Confess.); o come già disse scherzando un poeta: Mentre il diavolo sentivasi male in gambe, si fece monaco, ma non appena gettò via le grucce, rimase quello ch’era prima.
Non è forse questo lo spettacolo che ci presentano coloro i quali sono colpiti da grave malattia, quando la loro vita è piena di nefandezze? Il male li spaventa, non vogliono morire, come sono vissuti, e pare che tornino sinceramente a Dio; ma fate che ricuperino la sanità di prima, eccoli ricadere nelle solite colpe.

6. Castighi che seguono le ricadute. — « Si oscurino gli occhi loro, sì che più non veggano, dice di costoro il Salmista, e la loro schiena s’incurvi sotto il peso della schiavitù; versate, o Signore, sopra di essi il vostro furore, e il fuoco dell’ira vostra li investa. Aggiungete iniquità alla loro iniquità, e stiano per sempre fuori della vostra clemenza. Siano cancellati dal libro de’ viventi e non siano descritti tra i giusti » (Psalm. LXVIII, 24-25, 28-29). E nel Libro 1 de' Re (XII, 25) leggiamo: Se voi durerete nella vostra malizia, perirete.

7. Mezzi per evitare le ricadute. — « State saldi nei propositi, scriveva S. Paolo ai Galati, e non ripiegate il collo al giogo della schiavitù » — (Galat. V, 1). Tentati di ricadere, diciamo come la Sposa dei Cantici : « Già ho deposto la mia tonaca, perchè la vestirò di nuovo? già mi sono lavata i piedi, ora perchè li imbratterò di nuovo? » (Cantic. V, 3). «Hai tu peccato, o figliuol mio, dice l’Ecclesiastico, non aggiungerne altri, ma prega che ti siano perdonate le prime colpe » (Eccli. XXI, 1).

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