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domenica 13 dicembre 2015

CANTO

1. Dio prescrive il canto. — 2. Utilità del canto. — 3. Gli Angeli cantano in Cielo, i Patriarchi e i Profeti hanno cantato in terra le lodi del Signore. — 4. Bisogna cantare sovente, e felici quelli che cantano le lodi del Signore. — 5. Con quali sentimenti bisogna cantare. — 6. Non bisogna mai fare cattivo uso della voce.

1. Dio prescrive il canto. — Niente è tanto ripetuto ed inculcato ne’ salmi di Davide quanto questa prescrizione: «Cantate lodi al nostro Dio, cantate, celebrate il Signore nostro re, perchè Dio è il re di tutta la terra; con saviezza cantate (Psalm. XLV-I, 7-8). « Regni della terra, cantate lodi a Dio, cantate salmi al Signore, cantate Colui che ascende al sommo de’ cieli » (Psalm, LXVII, 33-34). « Intonate salmi, sonate il timpano, il dolce salterio insieme con la cetra nel giorno delle vostre solennità, perchè tale è il comando dato da Dio ad Israele » (Psalm. LXXX, 2-4). « Cantate al Signore un cantico nuovo; la terra tutta intoni inni in lode di Dio » (Psalm, XCV, 1). « Cantate al Signore un cantico nuovo, perchè ha fatto cose meravigliose. Lodatelo e fate risuonare sui vostri strumenti i suoi prodigi » (Psalm. XCVII, 1) (Psalm. CIV, 2).
2. Utilità del canto. — « Vi è tra di voi chi sia in tristezza? dice S. Giacomo, costui preghi : è tranquillo? salmeggi » (Iac. V, 13). Così nella melanconia, come nella gioia, sposate la preghiera al canto ed il canto alla preghiera. Cantare è come pregare. Il canto conserva e accresce la gioia, invita a pregare ed esaltare Dio.
La Chiesa poi ha introdotto il canto e la salmodia nelle sue feste per le seguenti ragioni : 1ª affinchè i fedeli siano eccitati all’amor di Dio...; 2ª affinché siano tutti un solo spirito ed un cuor solo, a quel modo che le diverse voci insieme si uniscono a comporre una sola e dolce armonia: è riflessione di S. Atanasio; 3ª affinché con la soavità del canto, come dice S. Basilio, gli spiriti diventino capaci di ricevere con più avidità la forza e l'efficacia de’ divini oracoli. S. Cipriano aggiunge la 4ª che è di imitare gli Angeli e i Serafini i quali cantano del continuo inni in lode del Signore e ripetono senza posa: «Santo, Santo, Santo è l’altissimo Signore Iddio», come leggiamo in Isaia (Catech. XIII).
« Il canto, scrive S. Agostino, è l’alfiere della pace, un timiama spirituale, l’esercizio degli spiriti celesti; reprime la sfrenatezza, porta alla sobrietà., muove a dolce pianto. È il tesoro della dottrina divina messa in comune, un sollievo dell’anima quando è molestata dalle passioni. Risuoni il canto, e i ciechi saranno illuminati, i sordi udiranno, i paralitici si innoveranno, gli zoppi cammineranno, gli infermi guariranno, i morti risorgeranno. Faccia la musica echeggiare i suoi concenti ed ecciti in noi il desiderio e l’amore delle cose divine; dissipi il nostro languore spirituale, colpisca, flagelli, crocifigga, seppellisca in noi l’uomo vecchio. Ecco perchè i Santi che soffrirono il martirio, che mortificarono la loro carne e immolarono le passioni, cantano su Tarpa davanti all’Agnello, come dice l'Apocalisse (XIV, 2-3) (August. In Psalm. XXXVI).
S. Basilio pare non trovi parole abbastanza proprie a indicare i vantaggi del canto; udite come si esprime : « Il canto è il riposo dell’anima; un principio di pace; Calma il tumulto e l’agitazione dei pensieri; mitiga l’ira, Prepara gli uomini ad amarsi, ricongiunge i dissidenti, riconcilia i nemici, poiché chi terrà ancora per nemico colui col quale si è unito a l'odare con una sola voce Iddio? Il canto mette in fuga i demoni, attira gli Angeli custodi; dà sicurezza tra i timori notturni e requie in mezzo ai lavori del giorno. È tutela al ragazzo, decoro al giovane, sollievo al vecchio, onestissimo ornamento per le donne; elemento di perfezione ai principianti, accrescimento ai proficienti, corona ai perfetti. Il canto è la voce della Chiesa, parte indispensabile delle sue solennità, rende bello perfino il deserto; forma l’occupazione degli Angeli, lo spirituale abbellimento della repubblica celeste ».
Il canto, aggiunge S. Giovanni Crisostomo, è la santificazione dell’anima, il soave concerto dello spirito, saetta sfolgorantissima contro i demoni; non così veloci fuggono i cervi le frecce de’ cacciatori, come i demoni i salmi davidici. Non appena Davide tocca la corda dell’arpa, che già lo spirito maligno s’è partito da Saul; egli cade come cervo trafitto a morte ». « Il canto porta diletto e utilità. Il principale suo vantaggio sta nel dar lode a Dio, purgare l’anima, sollevare in alto il pensiero, proclamare i dogmi con concisione e purezza, insegnare sanamente le cose presenti e le future. Colui che canta, sia pure dissipato, se canta con rispetto, tiene a freno la vivacità della sua dissipazione; se è accasciato da malinconia e da sciagure, si sente sollevato dal piacere del canto che ricrea l’animo, rasserena il pensiero e innalza la mente al Cielo (7) ». Finalmente il medesimo Dottore, nella Prefazione al Salmo XLI, non teme di. asserire che niente solleva tanto in alto l’anima, la libera dai ceppi del corpo, la riempie del desiderio della, sapienza, niente esprime più acconciamente il suo disprezzo per i fragili beni del mondo e la fa progredire nell’amore della virtù, quanto il canto religioso, pio e bene eseguito. Perciò Dio medesimo ha composto i. salmi, gli inni e i cantici; e intende che siano cantati e apportino utilità* e piacere all’uomo.
Perciò, come abbiamo notato, la Chiesa usa ne’ suoi divini uffizi il canto e la musica. Essa mira ad eccitare nei fedeli la divozione, l’energia dello spirito, l’allegrezza, ed a spronarli a servire Dio e combattere Satana. Questi divini effetti del canto aveva sperimentato S. Agostino il quale diceva: « Quante lagrime non grondarono da’ miei occhi al suono- di quegli inni e cantici che soavemente dalla bocca della Chiesa modulati mi penetravano in fondo all’anima! Mentre quelle voci battevano al di fuori il timpano de’ miei orecchi, la verità picchiava al di dentro nel mìo cuore e vi accendeva l’affetto della pietà: io piangeva; ed oh! care e deliziose lagrime ch’erano le mie! (8) ». Quindi egli avrebbe voluto poter salmeggiare e cantare le lodi del Signore in tutto il mondo per scuotere dal sonno e dal torpore il genere umano (Confess. lib. IX, c. IV).
Leggiamo nella Vita dei Padri, che il demonio di nessun’altra preghiera ha così paura come della salmodia, e Sofronio ne indica la ragione dicendo che in essa ora noi preghiamo e invochiamo Dio per noi medesimi, lodandolo; ora con imprecazioni e maledizioni perseguitiamo il demonio (Prato Spirit. c. CLII).
Il canto, notava S. Giustino, porta insensibilmente a pie aspirazioni; calma la concupiscenza e smorza i desideri carnali, scaccia i cattivi pensieri, dà ai combattenti generosi la forza e la costanza nelle dure prove; fornisce alle anime pie un farmaco che allevia e guarisce i mali della vita (Quaest. CVII, ad orth.).
Esso consola, dice S. Isidoro, i cuori tristi ed abbattuti, allieta l’anima, dissipa la noia, sprona gli indolenti, invita al pentimento i peccatori. Poiché, per quanto sia duro il cuore umano, non appena ode la dolce melodia del canto, tosto si sente muovere a sentimenti di pietà. Il cuore resta, io non so come, molto più intenerito dalla modulazione del canto, che non da ogni altra cosa; parecchi si veggono, che rapiti dalla bellezza e soavità del canto, piangono i loro peccati (Sentent. lib. VII, c. 7).
All’unanime concerto de’ sopracitati Padri, si unisce S. Ambrogio il quale chiama il canto la voce delle benedizioni del popolo, la glorificazione di Dio, un modo a lui carissimo di lodarlo, un applauso generale, un insegnamento adatto a tutti, la voce della Chiesa, un atto sonoro di fede, di speranza, d’amore, una divozione attraente, l’accento giubilante della libertà, l’espressione della gioia, una pubblica dimostrazione di felicità, un’arma contro la potenza delle tenebre, uno scudo contro il timore, un maestro assiduo, il piacere de’ santi, l’imagine della contentezza, il pegno della pace e della concordia. Il canto frena la collera, bandisce l’inquietudine, scaccia i pensieri tetri, e dissipa le tentazioni di disperazione (Praef. in Psalm.).

3. Gli Angeli cantano in Cielo, i Patriarchi e i Profeti hanno cantato in terra le lodi del Signore. — I Serafini furono uditi da Isaia cantare a cori alternati : Santo, Santo, Santo è il Signore Iddio degli eserciti, piena è la terra della gloria sua (Isai. VI, 3). Ecco perchè S. Giovanni Damasceno insegna che la Chiesa ha imitato il coro dei Serafini, stabilendo il canto alternato. Il canto e la salmodia formano dunque l’occupazione degli Angeli; coloro che cantano cooperano con gli spiriti celesti ed alle voci di questi uniscono la loro.
Quando l’Angelo annunziò ai pastori di Betlemme la nascita di Gesù Cristo, Salvatore del mondo, ecco tosto farglisi accanto un esercito di spiriti celesti, i quali in soavi concerti sciogliendo le lingue cantavano: «Gloria nell’alto dei cieli a Dio, e pace in terra agli uomini di buon volere » (Luc. II, 13-14).
Dopo il passaggio del Mar Rosso e il prodigioso trionfo sui loro innumerabili e feroci nemici, pieni di gioia Mosè ed il popolo giudeo intonarono in ringraziamento a Dio quel magnifico cantico che si legge al capo XV dell'Esodo : « Diamo gloria al Signore, perchè Egli si è gloriosamente esaltato; ha gettato nel mare il cavallo ed il cavaliere, ecc. ».
Si legge nell'Ecclesiastico, che Davide stabilì dei cantori innanzi l’altare e che sposava egli medesimo il suono dell’arpa ai loro armoniosi canti (Eccli. XLVII, 11); ed altrove l’autore sacro dice che i cantori facevano udire i loro canti e riempivano il tempio di dolce armonia (Ibid. L, 20).
Non cantò anch’essa la Beatissima Vergine, allorquando intonò il sublime cantico del Magnificat?

4. Bisogna cantare sovente, e felici quelli che cantano le lodi del Signore, — « Voi siete sempre, o Signore, esclamava il Salmista, l’oggetto delle mie benedizioni. Fiorisca del continuo su le mie Iabbrà la lode, affinchè io non cessi un istante dal magnificare e cantare la grandezza e la gloria vostra» (Psalm. LXX, 7-8). Ah sì! .« io vi loderò, Signore, finché avrò fiato » (Psalm. CXLV, 2).
Una vita santa è un canto perpetuo, una continua soavissima armonia...
« Beato il popolo, esclama Davide, che sa cantare le lodi vostre, o Signore! egli camminerà alla luce della vostra faccia, si rallegrerà tutto il giorno nel vostro nome e mediante la vostra giustizia sarà esaltato; perchè gloria della sua fortezza siete Voi » (Psailm. LXXXVIII, 15-17).
Canta un sublime, giocondissimo inno dinanzi a Dio ed agli uomini, colui che loda il Signore così nella prospera che nell’avversa fortuna. Se siete nell’abbondanza, dice S. Agostino, date gloria a Dio con un cantico di ringraziamento; se siete nell’indigenza, o se per qualche rovescio vi trovate sbalzato dal vostro posto, cantate ancora con confidenza; fate assegnamento su Dio, ed a Lui parlino le fibre del vostro cuore come le corde d’uno strumento; egli vi accompagni come un’arpa sonora, ed armoniosa, allorché direte con Giobbe : « Il Signore me l’ha dato, il Signore me l’ha tolto; avvenne come piacque al Signore; sia benedetto il suo santo Nome » (Iob, I, 21).

5. Con quali sentimenti bisogna cantare. — « Ammaestratevi ed esortatevi vicendevolmente, scriveva S. Paolo ai Colossesi, con salmi, inni e cantici spirituali, cantando di cuore, con edificazione, le lodi di Dio » (Coloss. IlI, 16). In grulla, cioè con raccoglimento, rispetto, divozione: In cordibus, ricordando cioè i benefizi divini.
« Cantate con saggezza » (Psalm. XLVI, 8), soggiunge il Salmista, il che vuol dire, sia il vostro canto accompagnato dalla saviezza e bontà della condotta.
E ancora il medesimo Salmista diceva : « Io vi celebrerò con i miei canti, o Signore, al cospetto dei vostri Angeli » (Psalm. CXXXVII, 1).
Perciò S. Agostino ci ammonisce « di cantare in tal modo che in noi sia il desiderio di piacere a Dio. Poiché chi è animato da questo desiderio, se anche tace la lingua, canta col cuore; al contrario, resta muto innanzi a Dio chi non nutre tal desiderio, qualunque sia l’armonia con cui accarezzi le orecchie degli uomini ». Scioglie, un canto delizioso colui che accorda con la voce, la vita e i costumi. Finito il canto, la voce cessa di risuonare, ma la buona condotta non tace mai; essa loda, benedice e adora Dio continuamente.

6. Non bisogna mai fare cattivo uso della voce. — La voce è un dono di Dio, dunque bisogna consacrarla a Lui... Guai a coloro che la prostituiscono con canti empi, irreligiosi, osceni, scandalosi... È questo un male gravissimo... E lo stolto che profana la sua voce inneggiando al vizio e all’impudicizia, ne dovrà rendere stretto conto al tribunale di Dio...


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