1. Che cosa sia l’accecamento spirituale. — 2. L’accecamento spirituale è un delitto. — 3. Quest’accecamento è volontario. — 4. Quanto cieco sia il peccatore.
1. Che cosa sia l’accecamento spirituale. — L’accecamento spirituale non è altro se non una certa stupidità, o, diremo, abbrutimento dello spirito, che impedisce di scorgere e gustare le cose divine. L’accecamento spirituale è proprio dell’intelletto, l’indurimento, della volontà: l’uno e l’altro sono un peccato, castigo del peccato, e un principio di peccato. « L’accecamento spirituale, che solo Dio può guarire, perché Egli solo è la vera luce, è un peccato, scrive S. Agostino, per il quale si cessa di credere in Dio; è castigo del peccato, perché punisce il cuore superbo tirandogli contro il giusto sdegno ed odio di Dio; è causa di peccato, quando il cuore ingannato dalla passione viene a commettere qualche cosa di male ». Così i Giudei, accecati dall’errore e dall’indurimento del cuore, perseguitarono Gesù Cristo e lo misero a morte.
2. L’accecamento spirituale è un delitto. — Chi è cieco dello spirito si fa un Dio della sua passione nella quale pone il suo fine ultimo... Miserabile! egli non ha la fede...
L’accecamento spirituale è il principio d’innumerevoli colpe; ora, non si deve chiamare un delitto, un male gravissimo in se stesso, quello che dà origine a molti peccati, bene spesso gravi? Quest’accecamento proviene dalla volontà indurita nel male, e mena seco per conseguenza il non vedere, né sentire, né temere più nulla; non si pratica più la virtù, si cade anzi nell’indifferenza, nell’incredulità, nell’empietà... « Come il cieco corporale, dice S. Agostino, non vede la luce del sole, ancorché l’investa coi luminosi suoi raggi; così il cieco spirituale non comprende la luce di Dio ».
Lo stolido non apprende le opere meravigliose del Creatore, canta il Salmista, e l’insensato non le intende (Psalm. XCI, 6). Ma chi non chiamerà un delitto enorme questa follia volontaria?
Gesù Cristo, il Vangelo, la Chiesa, i dogmi, la morale, i Sacramenti, la grazia, la santità, i novissimi non sono che tenebre pel cieco dello spirito : ora nessuno oserà scusare da colpa chi non vede o non intende tali fatti e verità, così necessarie alla salvezza e la cui esistenza riposa su dimostrazioni innegabili.
Ai ciechi spirituali le cose della Religione sono come caratteri d’un libro sigillato, dice Isaia (Isai. XXIX, 11).
L’accecamento spirituale è il principio d’innumerevoli colpe; ora, non si deve chiamare un delitto, un male gravissimo in se stesso, quello che dà origine a molti peccati, bene spesso gravi? Quest’accecamento proviene dalla volontà indurita nel male, e mena seco per conseguenza il non vedere, né sentire, né temere più nulla; non si pratica più la virtù, si cade anzi nell’indifferenza, nell’incredulità, nell’empietà... « Come il cieco corporale, dice S. Agostino, non vede la luce del sole, ancorché l’investa coi luminosi suoi raggi; così il cieco spirituale non comprende la luce di Dio ».
Lo stolido non apprende le opere meravigliose del Creatore, canta il Salmista, e l’insensato non le intende (Psalm. XCI, 6). Ma chi non chiamerà un delitto enorme questa follia volontaria?
Gesù Cristo, il Vangelo, la Chiesa, i dogmi, la morale, i Sacramenti, la grazia, la santità, i novissimi non sono che tenebre pel cieco dello spirito : ora nessuno oserà scusare da colpa chi non vede o non intende tali fatti e verità, così necessarie alla salvezza e la cui esistenza riposa su dimostrazioni innegabili.
Ai ciechi spirituali le cose della Religione sono come caratteri d’un libro sigillato, dice Isaia (Isai. XXIX, 11).
3. Quest’accecamento è volontario. — L’accecamento dello spirito proviene dalla volontà, ed è ciò che lo rende più colpevole. Non vogliono intendere, dice particolarmente di questa sorta di ciechi il Profeta, per timore di dover fare bene (Psalm. XXXV, 3).
Lo splendore delle opere di Gesù Cristo, osserva S. Cirillo , era tanto, che non lasciava luogo a dubbio a chi non fosse corrotto di mente, ma siccome la più parte de’ Giudei trovavasi in tale condizione, perciò non voleva vedere.
Quando Gesù arrivò in vista di Gerusalemme, nota S. Luca che pianse sovr’essa esclamando : « Ah! se tu conoscessi almeno almeno in questo punto quello che ti può portare la pace, ma, ohimè! ora gli occhi tuoi stanno chiusi su tutto, perché non hai voluto conoscere quand’eri in tempo, la grazia della mia visita » (Luc. XIX, 42-44). Come se volesse dire: O figlia di Sionne cotanto da me amata, onorata, arricchita, istruita, come va che non mi conosci? Per qual motivo mi rigetti, mi perseguiti e ti prepari a condannarmi a morte, a crocifiggermi? Per tuo amore e vantaggio sono disceso dal Cielo e mi sono incarnato; per te ho passato i miei giorni in continui travagli, nella povertà, nel dolore; io t’ho visitata e ammaestrata; ho guarito i tuoi lebbrosi, risanato i tuoi malati, liberato i tuoi indemoniati, risuscitato i tuoi morti; e tu di ricambio mi fuggi, mi disprezzi, mi calpesti, mi odii. Ma nemmeno questo tu conosci e vedi, poiché non hai voluto accogliermi né credere in me. L’incarnazione, la predicazione, la passione, la risurrezione di Gesù Cristo furono dunque celate ai Giudei induriti; questo popolo deicida non conobbe nemmeno la sua perfidia; come non s’accorse del suo accecamento e dell’ingratitudine sua. Ma una strepitosa vendetta si versò sopra Gerusalemme presa e distrutta da Tito.
Io ho incontrato in una delle vostre piazze, predicava S. Paolo agli Ateniesi, un’ara dedicata al Dio ignoto (Act. XVII, 23); su queste parole dice Tertulliano: « Ecco il sommo delitto di coloro che non vogliono riconoscere Colui che pure non possono ignorare ».
« E dove siamo noi? esclama S. Pier Crisologo. Che è questa stupidità che ci smemora? Che è questo sonno che ci opprime? Quest’oblio mortale che c’incatena? Perché non cambiare la terra col Cielo? non comprar i beni imperituri a prezzo dei beni caduchi? non arricchirci col mezzo delle ricchezze temporali de’ tesori eterni? ».
Udite come si lagna Iddio per bocca del Profeta: « E fino a quando, o figliuoli degli uomini, avrete stupido il cuore? perché amate voi la vanità e andate dietro alla menzogna? » (Psalm. IV, 2). « Ah! il mio popolo non ha udito la mia voce, Israele non m’ha prestato attenzione » (Psalm. LXXX, 10), « anzi, ha rigettato e disprezzato e allontanato da sé il Cristo ». (Psalm. LXXXVIII, 37); — « e ha detto: Il Signore non vedrà, il Dio di Giacobbe non ne saprà nulla... Deh! intendetela, o i più stupidi del popolo, e voi, stolti, imparate una volta. Colui che piantò l’orecchia, non udirà? e quei che lavorò l'occhio, sarà senza vista? Non vi condannerà forse colui che castiga le genti? che all’uomo insegna la scienza? ».
Sta scritto nel primo libro de' Re, che gli empi si taceranno nelle tenebre (II, 9); si taceranno, perché non avranno scusa d’essere ciechi. E quegli è cieco, dice S. Gregorio, che vuole ignorare la luce della contemplazione celeste; che sprofondato nelle tenebre della vita presente, e non volgendo mai con amoroso desiderio l’occhio alla vera luce, non sa a qual mèta dirigere le sue azioni. « Va, intimò il Signore ad Isaia, e dirai a questo popolo: Ascoltate voi che avete orecchi e non vogliate capire; e vedete e non vogliate intenderla » (Isai. VI, 9); che vuol dire, voi vedrete e voi udirete, ma non vorrete né intendere, né conoscere... perché il cuore di questo popolo è accecato, le sue orecchie sono turate, le sue palpebre incollate per timore che ha di vedere co’ suoi occhi, d’udire colle sue orecchie la verità, d’avere l’intelligenza, di convertirsi e d’essere guarito (Ib. VI, 10).
Due cose formano l’accecamento spirituale : 1° Un attaccamento perverso alla propria volontà, che impedisce di ricevere la vera luce, con la quale Dio propone, spiega, e sufficientemente prova, sia per se medesimo, sia per mezzo de’ Profeti, degli Apostoli, o della Chiesa insegnante, le verità necessarie alla salvezza. Allora si imita colui che chiude ben bene e tura ogni, fessura dell’impannata, perché non penetri raggio di sole nella sua camera. 2° La mancanza della luce divina, mancanza provocata dalla volontà perversa; e da ciò ne segue l’impotenza morale di conoscere il vero. Un esempio parlante ce ne offrono i Giudei, i quali vedendo Gesù operare tanti miracoli, dovevano conchiuderne ch’Egli era il Messia ed erano quindi tenuti a credergli; ma essi vi si rifiutarono, ed in questo modo s accecarono: la cagione poi di questo loro rifiuto era l’avarizia, l’ambizione, l’invidia, l’orgoglio, ecc. che Gesù loro rimproverava. E se Isaia dice:
« Accecate, o Signore, il cuore di questo popolo » (VI, 10), queste parole significano: Permettete che sia accecato: perchè, propriamente parlando, è l’uomo che s’acceca e s'indura di per se stesso secondo che s’esprime in termini precisi la Sapienza:
« La loro malizia li ha accecati » (Sap. II, 21). La causa positiva dell’accecamento spirituale è dunque la malizia di colui che sottosta a questo castigo. Iddio poi non acceca se non indirettamente, sottraendo a poco a poco agli empi la luce della verità e della grazia e permettendo, in punizione de’ loro peccati, che le occasioni li trascinino nell’errore e nell'accecamento : e s’avvera di loro quel che dice Geremia : « Per costoro il sole è già tramontato in pieno giorno » — (IEREM. XV, 9).
Tutti i ciechi dello spirito, scrive S. Cipriano (Epist.), sono, come i Giudei, privi d’intelligenza e di saviezza; indegni della vita della grazia, essi l’hanno sotto gli occhi e non la scorgono.
« Lasciandosi vedere a quelli che in Lui credono, soggiunge S. Leone, Gesù si nasconde a coloro che lo perseguitano coi peccati. Ed essi vengono colpiti da cecità spirituale, perché non comprendano la gravità dei loro misfatti, né s’inducano a pentirsene ».
Volete vedere fin dove si spinge questo volontario accecamento di spirito? osservate, dice S. Agostino (Homil. in Evang.), il contegno dei Giudei in faccia a Lazzaro risuscitato : non potendo né celare, né mettere in dubbio il fatto, che cosa inventano? Nientemeno che d’ucciderlo. O insensato pensiero, o crudeltà avventata!
Non vediamo noi tuttodì de’, ciechi spirituali che volontariamente fuggono la luce? O non volesse Dio che fosse pur troppo così sovente! poiché tali sono coloro che schivano le chiese, le sacre funzioni, l’insegnamento della parola di Dio; tali, quei giovani che si rifiutano d’accogliere i buoni consigli d’un padre, d’una madre, d’un amico, di un pastore; tali coloro che s’allontanano dalla confessione, che s’espongono temerari alle occasioni prossime del peccato; tali que’ genitori deboli e negligenti i quali o non mai, o di rado e rimessamente, correggono i loro figli, ecc.
Lo splendore delle opere di Gesù Cristo, osserva S. Cirillo , era tanto, che non lasciava luogo a dubbio a chi non fosse corrotto di mente, ma siccome la più parte de’ Giudei trovavasi in tale condizione, perciò non voleva vedere.
Quando Gesù arrivò in vista di Gerusalemme, nota S. Luca che pianse sovr’essa esclamando : « Ah! se tu conoscessi almeno almeno in questo punto quello che ti può portare la pace, ma, ohimè! ora gli occhi tuoi stanno chiusi su tutto, perché non hai voluto conoscere quand’eri in tempo, la grazia della mia visita » (Luc. XIX, 42-44). Come se volesse dire: O figlia di Sionne cotanto da me amata, onorata, arricchita, istruita, come va che non mi conosci? Per qual motivo mi rigetti, mi perseguiti e ti prepari a condannarmi a morte, a crocifiggermi? Per tuo amore e vantaggio sono disceso dal Cielo e mi sono incarnato; per te ho passato i miei giorni in continui travagli, nella povertà, nel dolore; io t’ho visitata e ammaestrata; ho guarito i tuoi lebbrosi, risanato i tuoi malati, liberato i tuoi indemoniati, risuscitato i tuoi morti; e tu di ricambio mi fuggi, mi disprezzi, mi calpesti, mi odii. Ma nemmeno questo tu conosci e vedi, poiché non hai voluto accogliermi né credere in me. L’incarnazione, la predicazione, la passione, la risurrezione di Gesù Cristo furono dunque celate ai Giudei induriti; questo popolo deicida non conobbe nemmeno la sua perfidia; come non s’accorse del suo accecamento e dell’ingratitudine sua. Ma una strepitosa vendetta si versò sopra Gerusalemme presa e distrutta da Tito.
Io ho incontrato in una delle vostre piazze, predicava S. Paolo agli Ateniesi, un’ara dedicata al Dio ignoto (Act. XVII, 23); su queste parole dice Tertulliano: « Ecco il sommo delitto di coloro che non vogliono riconoscere Colui che pure non possono ignorare ».
« E dove siamo noi? esclama S. Pier Crisologo. Che è questa stupidità che ci smemora? Che è questo sonno che ci opprime? Quest’oblio mortale che c’incatena? Perché non cambiare la terra col Cielo? non comprar i beni imperituri a prezzo dei beni caduchi? non arricchirci col mezzo delle ricchezze temporali de’ tesori eterni? ».
Udite come si lagna Iddio per bocca del Profeta: « E fino a quando, o figliuoli degli uomini, avrete stupido il cuore? perché amate voi la vanità e andate dietro alla menzogna? » (Psalm. IV, 2). « Ah! il mio popolo non ha udito la mia voce, Israele non m’ha prestato attenzione » (Psalm. LXXX, 10), « anzi, ha rigettato e disprezzato e allontanato da sé il Cristo ». (Psalm. LXXXVIII, 37); — « e ha detto: Il Signore non vedrà, il Dio di Giacobbe non ne saprà nulla... Deh! intendetela, o i più stupidi del popolo, e voi, stolti, imparate una volta. Colui che piantò l’orecchia, non udirà? e quei che lavorò l'occhio, sarà senza vista? Non vi condannerà forse colui che castiga le genti? che all’uomo insegna la scienza? ».
Sta scritto nel primo libro de' Re, che gli empi si taceranno nelle tenebre (II, 9); si taceranno, perché non avranno scusa d’essere ciechi. E quegli è cieco, dice S. Gregorio, che vuole ignorare la luce della contemplazione celeste; che sprofondato nelle tenebre della vita presente, e non volgendo mai con amoroso desiderio l’occhio alla vera luce, non sa a qual mèta dirigere le sue azioni. « Va, intimò il Signore ad Isaia, e dirai a questo popolo: Ascoltate voi che avete orecchi e non vogliate capire; e vedete e non vogliate intenderla » (Isai. VI, 9); che vuol dire, voi vedrete e voi udirete, ma non vorrete né intendere, né conoscere... perché il cuore di questo popolo è accecato, le sue orecchie sono turate, le sue palpebre incollate per timore che ha di vedere co’ suoi occhi, d’udire colle sue orecchie la verità, d’avere l’intelligenza, di convertirsi e d’essere guarito (Ib. VI, 10).
Due cose formano l’accecamento spirituale : 1° Un attaccamento perverso alla propria volontà, che impedisce di ricevere la vera luce, con la quale Dio propone, spiega, e sufficientemente prova, sia per se medesimo, sia per mezzo de’ Profeti, degli Apostoli, o della Chiesa insegnante, le verità necessarie alla salvezza. Allora si imita colui che chiude ben bene e tura ogni, fessura dell’impannata, perché non penetri raggio di sole nella sua camera. 2° La mancanza della luce divina, mancanza provocata dalla volontà perversa; e da ciò ne segue l’impotenza morale di conoscere il vero. Un esempio parlante ce ne offrono i Giudei, i quali vedendo Gesù operare tanti miracoli, dovevano conchiuderne ch’Egli era il Messia ed erano quindi tenuti a credergli; ma essi vi si rifiutarono, ed in questo modo s accecarono: la cagione poi di questo loro rifiuto era l’avarizia, l’ambizione, l’invidia, l’orgoglio, ecc. che Gesù loro rimproverava. E se Isaia dice:
« Accecate, o Signore, il cuore di questo popolo » (VI, 10), queste parole significano: Permettete che sia accecato: perchè, propriamente parlando, è l’uomo che s’acceca e s'indura di per se stesso secondo che s’esprime in termini precisi la Sapienza:
« La loro malizia li ha accecati » (Sap. II, 21). La causa positiva dell’accecamento spirituale è dunque la malizia di colui che sottosta a questo castigo. Iddio poi non acceca se non indirettamente, sottraendo a poco a poco agli empi la luce della verità e della grazia e permettendo, in punizione de’ loro peccati, che le occasioni li trascinino nell’errore e nell'accecamento : e s’avvera di loro quel che dice Geremia : « Per costoro il sole è già tramontato in pieno giorno » — (IEREM. XV, 9).
Tutti i ciechi dello spirito, scrive S. Cipriano (Epist.), sono, come i Giudei, privi d’intelligenza e di saviezza; indegni della vita della grazia, essi l’hanno sotto gli occhi e non la scorgono.
« Lasciandosi vedere a quelli che in Lui credono, soggiunge S. Leone, Gesù si nasconde a coloro che lo perseguitano coi peccati. Ed essi vengono colpiti da cecità spirituale, perché non comprendano la gravità dei loro misfatti, né s’inducano a pentirsene ».
Volete vedere fin dove si spinge questo volontario accecamento di spirito? osservate, dice S. Agostino (Homil. in Evang.), il contegno dei Giudei in faccia a Lazzaro risuscitato : non potendo né celare, né mettere in dubbio il fatto, che cosa inventano? Nientemeno che d’ucciderlo. O insensato pensiero, o crudeltà avventata!
Non vediamo noi tuttodì de’, ciechi spirituali che volontariamente fuggono la luce? O non volesse Dio che fosse pur troppo così sovente! poiché tali sono coloro che schivano le chiese, le sacre funzioni, l’insegnamento della parola di Dio; tali, quei giovani che si rifiutano d’accogliere i buoni consigli d’un padre, d’una madre, d’un amico, di un pastore; tali coloro che s’allontanano dalla confessione, che s’espongono temerari alle occasioni prossime del peccato; tali que’ genitori deboli e negligenti i quali o non mai, o di rado e rimessamente, correggono i loro figli, ecc.
4. Quanto cieco sia il peccatore. — 1° Il peccatore non vede perfettamente la malizia del peccato, perché se lo vedesse così deforme, così crudele, ecc. non gli basterebbe mai l’animo di abbandonarvisi. Il peccato l’inganna accecandolo. 2° Egli non comprende quel che fa peccando, giacché opera contro i lumi della sua intelligenza.
« Una volta non eravate che tenebre » cioè peccatori, scriveva San Paolo agli Efesini (Eph. V, 8). Osservate che l’Apostolo chiama tenebre i peccati: 1° perché i peccatori non
vedono volentieri la luce, ma desiderano le tenebre, perché il peccato è quanto v’ha di più vergognoso, e vile e degradante; 2° perché i peccati accecano la ragione... Il peccato trae sempre sua origine o dall’errore, o dall’imprudenza, o dal difetto d’esame, o dall’inavvertenza della ragione e dell’intelletto; allorché poi è commesso, istupidisce, acceca, falsifica la coscienza; e con ciò s’addensano ognor più le tenebre in mezzo alle quali il peccatore s’è inoltrato secondo la sentenza di S. Gregorio , « che nei peccati v’è densa caligine, e che quegli che li commette, è trascinato in fondo a fitte tenebre ». « Non peccate, scrive S. Agostino, e Dio che è il vero sole non cesserà di risplendere ai vostri occhi; se al contrario cadete in colpa, Dio tramonterà al vostro sguardo. Se vi piace godere della luce, siate voi medesimi puri e splendidi come la luce; ma se vi piacciono le tenebre e le tenebrose passioni, state certi che sarete da esse non solo oscurati, ma accecati ». I peccati hanno il nome di tenebre perché ne hanno tutta la somiglianza; infatti : 1° Le tenebre son la privazione della luce, e i peccati la privazione della grazia, la quale è alla nostr’anima e al nostro cuore ciò che è il sole alla terra. 2° Quegli che cammina fra le tenebre, non vede nulla e spesso mette il piede in fallo e cade; così pure per la strada della salute quelli che peccano non vedono nulla, cadono e si imbrattano. 3° Gli uccelli notturni friggono la luce perché li abbaglia; i peccatori temono la luce di Dio e degli uomini, secondo le parole di Gesù Cristo : « Chi fa male, odia la luce » « affinchè le azioni sue non siano riprese, corrette, castigate » (Ioann. Ili, 20). 4° I peccati sono anche chiamati tenebre, in quanto che sono opere del Demonio, principe delle tenebre. 5° Perché i più dei peccati si commettono nelle tenebre. 6° Perché nascono dalle tenebre, che vuol dire da un errore pratico, il quale porta il peccatore a credere che egli può carezzare la sua passione, per quanto vile ella sia ed anche a costo di perdere Dio, l’anima e i beni eterni: il che è senza contrasto il sommo della cecità, l’eccesso della follia. 7° Perché il peccato immerge sempre più lo spirito nelle tenebre., 8° Perché il peccato mortale conduce alle ultime ed eterne tenebre, che son quelle dell’Inferno.
La luce è cosa salutare, anzi necessaria per la vita degli uomini e d'ogni creatura, mentre nocive e mortifere sono le tenebre: cosi pure la fede e la grazia di Gesù Cristo sono la sorgente della salvezza e procurano la vita eterna, mentre i peccati indeboliscono l’anima e le danno la morte.
« Andranno brancolando come ciechi, dice Sofonia, perché peccarono contro Dio » (Sophon. I, 17).
« Il cammino che battono gli empii è ingombro di tenebre, leggiamo ne’ Proverbi: essi non sanno né quando, né dove cadranno » (Prov. IV, 19).
« Una volta non eravate che tenebre » cioè peccatori, scriveva San Paolo agli Efesini (Eph. V, 8). Osservate che l’Apostolo chiama tenebre i peccati: 1° perché i peccatori non
vedono volentieri la luce, ma desiderano le tenebre, perché il peccato è quanto v’ha di più vergognoso, e vile e degradante; 2° perché i peccati accecano la ragione... Il peccato trae sempre sua origine o dall’errore, o dall’imprudenza, o dal difetto d’esame, o dall’inavvertenza della ragione e dell’intelletto; allorché poi è commesso, istupidisce, acceca, falsifica la coscienza; e con ciò s’addensano ognor più le tenebre in mezzo alle quali il peccatore s’è inoltrato secondo la sentenza di S. Gregorio , « che nei peccati v’è densa caligine, e che quegli che li commette, è trascinato in fondo a fitte tenebre ». « Non peccate, scrive S. Agostino, e Dio che è il vero sole non cesserà di risplendere ai vostri occhi; se al contrario cadete in colpa, Dio tramonterà al vostro sguardo. Se vi piace godere della luce, siate voi medesimi puri e splendidi come la luce; ma se vi piacciono le tenebre e le tenebrose passioni, state certi che sarete da esse non solo oscurati, ma accecati ». I peccati hanno il nome di tenebre perché ne hanno tutta la somiglianza; infatti : 1° Le tenebre son la privazione della luce, e i peccati la privazione della grazia, la quale è alla nostr’anima e al nostro cuore ciò che è il sole alla terra. 2° Quegli che cammina fra le tenebre, non vede nulla e spesso mette il piede in fallo e cade; così pure per la strada della salute quelli che peccano non vedono nulla, cadono e si imbrattano. 3° Gli uccelli notturni friggono la luce perché li abbaglia; i peccatori temono la luce di Dio e degli uomini, secondo le parole di Gesù Cristo : « Chi fa male, odia la luce » « affinchè le azioni sue non siano riprese, corrette, castigate » (Ioann. Ili, 20). 4° I peccati sono anche chiamati tenebre, in quanto che sono opere del Demonio, principe delle tenebre. 5° Perché i più dei peccati si commettono nelle tenebre. 6° Perché nascono dalle tenebre, che vuol dire da un errore pratico, il quale porta il peccatore a credere che egli può carezzare la sua passione, per quanto vile ella sia ed anche a costo di perdere Dio, l’anima e i beni eterni: il che è senza contrasto il sommo della cecità, l’eccesso della follia. 7° Perché il peccato immerge sempre più lo spirito nelle tenebre., 8° Perché il peccato mortale conduce alle ultime ed eterne tenebre, che son quelle dell’Inferno.
La luce è cosa salutare, anzi necessaria per la vita degli uomini e d'ogni creatura, mentre nocive e mortifere sono le tenebre: cosi pure la fede e la grazia di Gesù Cristo sono la sorgente della salvezza e procurano la vita eterna, mentre i peccati indeboliscono l’anima e le danno la morte.
« Andranno brancolando come ciechi, dice Sofonia, perché peccarono contro Dio » (Sophon. I, 17).
« Il cammino che battono gli empii è ingombro di tenebre, leggiamo ne’ Proverbi: essi non sanno né quando, né dove cadranno » (Prov. IV, 19).
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