Cerca nel blog

martedì 22 luglio 2014

AMORE DEL PROSSIMO

1. Che cosa sia la carità e sua necessità. — 2. Eccellenza della carità. — 3. Forza della carità. — 4. La carità unisce gli uomini. — 5. La carità ci spinge a cose grandi. — 6. La carità scancella i peccati ed è la legge suprema. — 7. Felicità di quelli che praticano la carità. — 8. Qualità della carità. — 9. Mezzi per avere la carità.


1. Che cosa sia la carità e sua necessità. — La carità non è altro, secondo S. Agostino, che la buona volontà; la sua essenza, secondo S. Giovanni Ginnico, è una rassomiglianza con Dio, per quanto possono averne gli uomini : la sua efficacia è una tal quale ebbrezza dell’anima: le sue proprietà finalmente sono di essere il fondamento della fede ed il sostegno di un’anima paziente (Scala grad. 5).

Se il primo comandamento è di amare Dio con tutto il cuore, tutta l’anima, tutte le forze; immediatamente dopo questo e simile a questo è, per attestazione di Gesù Cristo medesimo, quello di amare il nostro prossimo come noi medesimi (Matth. XXII, 39); e divide con quel primo l’onore di essere la perfetta espressione di tutti i Profeti e della legge tutta quanta (Ibid. 40) : tanto che Gesù Cristo lo chiama il suo precetto, cioè il precetto che più gli sta a cuore e più inculca che sia adempito (Ioann. XV, 12).

« Tutta la legge, scrive S. Paolo ai Galati, in questa sola sentenza si compendia : Tu amerai il prossimo tuo come te stesso » (Gal. V, 16) : e quindi il saluto che il medesimo Apostolo mandava agli Ebrei era questo : « L’amore dei vostri fratelli si mantenga sempre vivo nei vostri cuori » — Charitas fraternitatis maneat in vobis (Hebr. XII, 1).

Anche S. Pietro ci raccomanda che prima di ogni altra cosa badiamo ad avere in noi una carità perseverante gli uni per gli altri, perchè la carità fa perdonare la moltitudine dei peccati (Ep. I, IV, 8). « Praticate, dice ancora, l’ospitalità gli uni verso degli altri allegramente. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, ne faccia scambievolmente copia agli altri, come buoni dispensieri della multiforme grazia di Dio » (lbid. 9-10).

Parlando S. Giovanni, nella sua prima Epistola, del comandamento di amare Dio e il prossimo, dice ch’egli non iscrive un precetto nuovo, ma un comando vecchio (II, 7), perchè già dato ad Adamo e a tutti gli uomini nella legge di natura, come anche agli Angeli fin dal principio della loro creazione: e poi poco dopo lo chiama un comandamento nuovo come già lo aveva chiamato Gesù Cristo medesimo (Ioann. XIII, 34). Ora egli lo chiama così:

1° A cagione del nuovo valore che acquista dall’autorità del nuovo legislatore Gesù Cristo e della nuova effusione della carità e della grazia operata dallo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste.

2° Per rispetto del popolo nuovo che è chiamato a praticarlo in più perfetto grado : cioè del popolo cristiano che prima giaceva tra le ombre della morte.

3° Perchè un nuovo mistero è proposto al nostro amore : il mistero cioè dell’Incarnazióne del Verbo e della nuova unione dei fedeli con Lui. Unione che per la sua natura, per la grazia e per i Sacramenti ci stringe ad amare i cristiani, non solamente come nostro prossimo per ragione di Dio, ma quali nostri fratelli e membra del medesimo capo, Gesù Cristo fatto uomo. E siccome l’amore di Gesù Cristo per noi è stato immenso, nuovo, non mai conosciuto, così il suo comandamento è stato nuovo, grande, non mai conosciuto, giacché Egli disse : « Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati » (Ib. XIII, 34).

Per l’Incarnazione di Gesù Cristo noi siamo tenuti ad un nuovo amore, ad un amore più grande che per l’innanzi, sia perchè siamo uniti più intimamente a Dio e ai nostri fratelli, sia per i nuovi ed infiniti benefizi di cui l’Incarnazione è stata per noi il principio. E infatti, per l’Incarnazione noi abbiamo contratto relazioni, e ci siamo stretti con nuovo legame prima col Padre, col Figlio, con lo Spirito Santo, poi tra di noi; noi abbiamo dunque dei nuovi e non mai prima conosciuti motivi di amare. Per mezzo dell’Incarnazione il Verbo umanato ha vestito la nostra carne ed è divenuto nostro fratello: il Padre anch’Egli è divenuto Padre in una nuova maniera, sia di Gesù Cristo fatto uomo, sia dei cristiani suoi fratelli: finalmente lo Spirito Santo si è diffuso tutto quanto su di noi ed un nuovo precetto d’amore è stato dato da Gesù Cristo, affinché gli uomini si amino scambievolmente, non solamente quali parenti in Adamo, ma quali membra del corpo di Gesù Cristo.

4° Il precetto della carità fraterna è detto nuovo a motivo del nuovo modello di amore presentato al mondo nella persona di Gesù Cristo il quale per amore ha dato il sangue, la vita, tutto se stesso per salvare i suoi. Ponderate quanto sono potenti i motivi di carità che Gesù Cristo ci ha forniti per tutta la sua vita, facendosi uomo, nascendo in un presepio, lavorando, predicando, soffrendo, morendo per tutti.

5° Il comando dell’amore è nuovo, avuto riguardo al nuovo fine che ci è stato proposto; poiché Gesù Cristo intese fare, per suo mezzo, di noi uomini nuovi, uomini celesti, non più terreni. Udite a questo proposito S. Bernardo: Io vi dò, dice Gesù Cristo, un comando nuovo. Ma come nuovo? forse perchè nuovamente inventato? No, perchè questo amore già era prescritto nell’Antico Testamento. In qual senso adunque è nuovo? Nuovo si dice, perchè rinnova ciò che è antico, e muta in uomini nuovi gli uomini del passato. È nuovo poiché ci spoglia dell’uomo vecchio e ci veste il nuovo che fu creato secondo Dio nella santità, giustizia e verità. È nuovo, perchè il genere umano che poco prima andava errando bandito dal Paradiso, entra per suo mezzo ogni giorno nel Cielo (Serm. V, in Coena Domini). La carità ci rinnova, dice S. Agostino, affinchè noi siamo uomini nuovi, eredi del Nuovo Testamento, cantori d’un nuovo cantico ed insieme ci collega come un nuovo popolo ». Il nuovo precetto, soggiunge San Gregorio, ha cangiato la vecchia vita dei vizi in una nuova di virtù (Hom. XXXII, in Evang.).

6° Il precetto dell’amore è un precetto nuovo, perchè ci fu dato l’ultimo, al momento cioè in cui Gesù Cristo si divise dai discepoli per andare alla morte.

7° È nuovo per i suoi effetti, producendo esso opere nuove, la conversione del mondo pagano, ecc., ecc... Distingue il Nuovo Testamento dal Vecchio; questo era una legge di timore e dettata per schiavi, quello un codice di amore fatto per figli.

« Il comando di Gesù Cristo consiste nell’amarci a vicenda », dice il discepolo prediletto: «Amiamoci dunque gli uni gli altri, perchè la carità viene da Dio; e se Dio ha amato noi così grandemente, quanto non siamo tenuti noi a portarci scambievole amore? » (I Ep. IlI, 23)(Ibid. IV, 7) (Ibid. IV, 11).

« Il Signore ha ordinato ad ognuno che si prenda cura de’ suoi simili », aveva già detto l'Ecclesiastico (Eccli. XVII, 12); ed in altro luogo aveva fatto notare che « ogni animale ama il suo simile » (Eccli. XIII, 10).

« Ciascuno è tenuto a soccorrere il suo prossimo», troviamo in Isaia (Isai. XLI, 6). E questo dovere è così certo e indeclinabile, soggiunge S. Giovanni, che se alcuno dice, che ama Dio, ma non ama il prossimo, costui mentisce, perchè l’ordine di Dio impone che chi ama Dio, ami ancora il suo fratello (I Ep. IV, 20-21).

La carità è per gli uomini come un pilota per una nave, un governatore per un paese, il sole per la terra. A quel modo che il corpo si scompagina, quando ne è uscita l’anima, così le virtù partono da un’anima, quando la carità se ne è dileguata. Una casa le cui mura si sgretolino, crolla; un’anima, a cui manchi la carità, vede le virtù sue andarsene a ruina, perchè il cemento delle virtù è l’amore.



2. Eccellenza della carità. — « Se noi ci amiamo scambievolmente, Dio è con noi», ce ne accerta S. Giovanni (I Ep. IV, 12). « Ora se chi ha la carità, commenta S. Basilio, possiede Dio, ne viene per conseguenza che chi porta odio, nutre in cuor suo il Demonio ».

«Val più un’oncia di carità, dice il Bellarmino, che una libbra di vittoria » (In Psalm.).

« La carità ha due piedi, scrive S. Agostino, i quali sono i due precetti dell’amor di Dio e del prossimo. Bada di non zoppicare, ma corri con ambedue questi piedi a Dio ».

« Quando voi amate i membri di Gesù Cristo, amate Gesù Cristo medesimo, dice il citato Dottore; quando amate Gesù Cristo, amate il Figlio di Dio e amate il Padre. Scegliete quello che volete amare e il resto verrà da sè »..

Il medesimo santo Padre invitava il suo popolo ad osservare come, finché quella vedova di cui è parola nel libro IV de' Re, ebbe olio nel suo vaso, questo non bastava nè a lei, nè a’ suoi creditori; ma non appena ebbe versato l’olio della carità nei recipienti degli altri, ecco che non solamente essa ne ha quel tanto che a lei bisogna, ma un soprappiù da poter saldare tutti i suoi conti. Così, chi non ama altri fuori di sè, non può bastare a se stesso, nè pagare a Dio i debiti de’ suoi peccati; ma se il suo amore si estende al prossimo, tal è la natura della fraterna carità cristiana, che s’aumenta col darsi e quanto più sparge, tanto più raccoglie e si arricchisce. Se voi date il pane della carità, resterà a voi tutt’intero, e quand’anche a tutto il mondo ne faceste parte, non ve ne mancherebbe un briciolo; anzi quello che darete agli altri, fruttificherà a vostro conto; poiché la carità è un bene sì grande, che può appartenere a ciascuno, e intanto mantenersi tutt’intero a tutti. Voi avete donato ad altri, ma non per questo il vostro tesoro è diminuito; riceverete anzi centuplicato quel che avete dato agli altri.

« Tre cose io amo soprattutto, dice Iddio per bocca dell’Ecclesiastico, la concordia tra i fratelli, l’amore del prossimo, e i coniugi perfettamente d’accordo ».

La carità, scrive Riccardo da S. Vittore, è la vita della fede, la forza della speranza, la molla di tutte le virtù. Essa regola la vita, infiamma il cuore, dirige le azioni, corregge gli eccessi, stabilisce i costumi; a tutto essa è utile e domina tutto, perfino Iddio. È coraggiosa nelle avversità, ma più animosa ancora nelle prosperità; disprezza le carezze e intanto fa gustare dolcezze ineffabili e incomparabili. Non conosce difetti nè corruzione; non si lascia scuotere, ma soggioga i sensi; è il principio delle buone azioni, lo scopo de’ divini precetti, la morte dei peccati, il vigore de’ combattenti, la palma dei trionfanti, l’arma delle anime sante, la ragione del merito, la ricompensa de’ giusti. È giovevole ai penitenti, dolce e amabile ai proficienti, principio di gloria ai perseveranti, di vittoria ai Martiri, utile a tutti gli uomini, dà vita a tutto ciò che è bene (Lib. Animae).



3. Forza della carità. — « Il fratello a cui viene in aiuto il fratello, rassomiglia ad una fortezza; una cordicella a tre fila difficilmente si rompe » (Eccle. IV, 12), dice l’Ecclesiaste; ed il Salmista proclama felice quell’uomo che si muove a pietà di chi geme nelle strettezze e gli fa l’elemosina della sua compassione; egli non sarà mai vacillante (Psalm. CXI, 5).

La carità è un’acutissima freccia che ferisce il nemico, lo prostra e ne fa un vostro amico. La sapienza del mondo s’inganna volendo vincere un nemico con l’odio, con le minacce, con le ingiurie; questo è piuttosto ravvivarne l’ardore, un aizzarlo a nuove aggressioni : il vero modo di soggiogarlo sta nell'amarlo e colmarlo di benefizi. Il Crisostomo commentando quelle parole di Gesù Cristo: Fate agli altri tutto quello che desiderate che altri faccia a voi, così scrive : ce Desiderate voi ricevere de’ benefizi? siate benefici. Vi piace la lode? lodate il vostro prossimo. Volete essere amati? amate. Vi piacciono i primi posti? siate i primi a cederli ».

A proposito delle parole dei Cantici: L'amore è forte come la morte, S. Agostino osserva che è impossibile esprimere con più magnificenza la forza della carità. Difatti chi mai resiste alla morte? Al fuoco, all’acqua, alla spada, alla potenza, ai re si può fare resistenza e trovare schermo; ma viene la morte, e chi la trattiene? tutto rovescia, supera, abbatte, perchè è più forte di tutto (De Laude Charit.). Per questo le è paragonato l’amore del prossimo. Esso, infatti, annichila quello ch’eravamo, per renderci quello che non eravamo : d’una persona triste e detestabile ne forma un uomo buono ed amabile. « La carità dice S. Lorenzo Giustiniani, va coperta d’impenetrabile corazza: non abbassa lo sguardo alla vista della spada, spezza gli strali, si ride dei pericoli, trionfa della morte, supera tutto ».



4. La carità unisce gli uomini. — « Rivestitevi, dice S. Paolo, come eletti di Dio, santi ed amati, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di modestia, di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi scambievolmente, se alcuno abbia a dolersi di un altro... E soprattutto conservate la carità, che è il vincolo della perfezione » (Coloss. II, 12, 13, 14).

Il nome di fratello non dev’essere parola vana. Quindi S. Paolo ci esorta « a conservare con ogni premura l’unità di un medesimo spirito per mezzo del legame della pace; come se formassimo tra tutti un solo corpo ed una sola anima, come tutti siamo chiamati ad una sola speranza » (Eph. IV, 3-4). Ma in un corpo, segue a dire il medesimo Apostolo, « quando un membro duole, tutti gli altri soffrono, e quando un membro è onorato, anche gli altri partecipano dell’onore. Voi siete il corpo di Gesù Cristo e membra delle sue membra » (I Cor. XII, 26-27). Noi dobbiamo pertanto rallegrarci con chi è giulivo, compatire chi soffre; per questo modo i cuori restano uniti. La carità congiunge gli uomini tra loro come il corpo è congiunto all’anima, e come i membri del corpo lo sono tra di loro. Nel corpo umano vi sono più membri ciascuno dei quali ha la sua particolare attitudine, la sua particolare funzione; nessuno lavora per sè solo, ma scambievolmente si aiutano, perchè appartengono ad un medesimo corpo. Ciascuno è contento del suo uffizio e non ne cerca un altro; il più vile non invidia il più nobile, la mano non è gelosa degli occhi, i piedi non pretendono mettersi al posto del capo. Ma una perfetta unione esiste tra loro: vivono in pace, soffrono insieme e insieme gioiscono. Effetti somiglianti a questi produce nella società l’amore del prossimo.

« Fratelli miei, diceva S. Bernardo, io ho deciso di sempre amarvi, qualunque cosa mi facciate, e quand’anche voi non mi amaste. Io m’avvinghierò a voi anche vostro malgrado. Una indissolubile catena a voi mi lega, la catena d’una carità schietta e sincera, di quella carità che sempre rimane. Se voi m’insultate, io sarò paziente; se m’ingiuriate, chinerò il capo. Vi vincerò coi benefizi, andrò al soccorso di quei medesimi che rifiuteranno le mie attenzioni, farò del bene agli ingrati, rispetterò quelli che mi disprezzano : poiché noi siamo membri gli uni degli altri, come dice l’Apostolo » (Eph. IV, 25).

«Faccia Dio, scriveva S. Paolo ai Filippesi, che, durante la mia assenza, io senta dire di voi che vi mantenete tutti d’un solo intendimento, e lavorate unanimi a diffondere la fede » (Philipp. I, 27).

« Rendete compiuto il mio gaudio con essere concordi, con aver la stessa carità, una sola anima, un medesimo sentimento. Nulla fate per puntiglio o per vanagloria, ma per umiltà l’uno creda l’altro a sè superiore. Ognuno guardi non a quello che torni bene a lui, ma a quello che giovi agli altri » (Philipp. II, 2-4).

Il cemento tiene insieme congiunte le pietre d’un edificio : il cemento che tiene uniti gli uomini è la carità. Per essa noi adempiamo la parola di S. Paolo a’ Galati : « Portate gli uni i pesi degli altri » (Galat. VI, 2). Portare i pesi vuol dire i peccati e le miserie del prossimo e sollevarlo con la compassione, con la preghiera, con la limosina. « Non siate lenti a visitare l’infermo, dice l'Ecclesiastico, e vi rassoderete nella carità » (Eccli: VII, 39). Sotto l’inspirazione della carità facilmente si scusano gli altrui difetti e si pratica l’esortazione di S. Paolo, di perdonarci a vicenda, come Gesù Cristo a noi ha perdonato (Eph. IV, 32) : standoci innanzi gli occhi il detto di S. Agostino, non esservi difetto umano che uno non possa commettere, se viene abbandonato dal suo Creatore.

« Fratelli, scriveva l’Apostolo ai Galati, se vedete qualcuno cadere in peccato, voi che vivete secondo lo spirito, procurate di rialzarlo con ogni dolcezza, considerando voi medesimi e temendo di essere tentati come lui » (Galat. VI, 1).



5. La carità ci spinge a cose grandi. — Dalle parole di S. Paolo possiamo conoscere a che cosa lo spingeva la sua eroica carità. Egli scrive ai Romani : « Io avrei bramato che Gesù mi avesse fatto anatema in luogo de’ miei fratelli » (Rom. IX, 3); e ai Colossesi: « Io godo di patire per voi » (Coloss. I, 24); e ai Tessalonicesi: «Era mio ardente desiderio, non solamente d’annunziarvi il Vangelo, ma di dare la vita per voi » (I Tess. II, 8).

Il santo Tobia visitava nell’esilio tutti i giorni i suoi compaesani; li consolava, porgeva loro tutti i soccorsi di cui poteva disporre; satollava il mendico, vestiva il pezzente, seppelliva i morti, e tutto ciò faceva non badando alla sentenza di morte contro di lui pronunciata, e provocata dalla sua eroica carità (Tob. I, 20).

Il popolo di Dio ha con enorme delitto talmente provocato contro di sè la divina giustizia, che questa ne ordina resterminio. Ecco tosto Mosè, portato dalla carità che lo spinge, fondersi in lagrime ed in preghiere, contrastare la giustizia divina e offrire se medesimo vittima di espiazione per il popolo, esclamando : Perdonate, o Signore, a questo popolo, o cancellate me dal libro dei viventi (Exod. XXXIII). Chi dà agli occhi miei, esclama Geremia, una fonte di lagrime, ed io piangerò notte e giorno quelli del popolo mio che sono morti (Hierem. IX, 1).

« Io prendo parte alle vostre angosce, o fratelli, come uno di voi, scriveva S. Cipriano; mi batto il petto con ciascuno, e con quei che caddero mi credo caduto, e giaccio coll’affetto prostrato in terra con quei che sono a terra ».

Nè l’allontanamento, nè i travagli, nè i pericoli, nè i sacrilegi, nè le minacce, nè i tormenti, nè la morte non bastano ad arrestare la vera carità. Guardate quei missionari che abbandonano parenti, patria e famiglia per andare in lontane, sconosciute, barbare contrade, che a mille persecuzioni, a cento morti e ad ogni genere di privazioni si espongono per salvare anime. Che cosa li spinge a così nobili sacrifizi? La carità... Osservateli nei tempi della fame... nei giorni terribili della peste... Considerate le Suore di S. Vincenzo, e tante altre negli ospedali, nelle prigioni, nelle galere, ecc...

A loro conviene quello che di S. Stefano predicava S. Fulgenzio: che cioè egli aveva per arma la carità, e per mezzo di essa portò vittoria. Per la carità resistè a’ Giudei che lo lapidavano; per la carità pregò per i suoi uccisori; per la carità vinse Saulo, suo crudele persecutore, e meritò d’averlo compagno in Cielo (Serm. in S. Steph.). Che più? non è forse la carità infinita di Dio verso i peccatori, che fu la causa dell’Incarnazione, dei patimenti e della morte di Gesù Cristo?



6. La carità scancella i peccati ed è la legge suprema. — « La carità,scancella la moltitudine de’ peccati » dice l’Apostolo S. Pietro (I Epl. IV, 8), e innanzi a lui già aveva detto l’autore dei Proverbi: « La carità seppellisce tutte quante le iniquità » (Prov. X, 12); e S. Agostino lasciò scritto: « Cresciuta la cupidigia, la carità scomparve; la carità ritorna e l’iniquità scompare ».

Se voi adempite, soggiunge S. Giacomo, la legge che secondo le Scritture è legge regia, se amate, cioè, il prossimo come voi medesimi, voi fate opera sopra ogni altra eccellente (Iacob. II, 8).

La legge regina d’ogni altra è la carità. 1° Perchè essa è a capo di tutte le virtù, vincendole in splendore e magnificenza, ed essendo di tutte la più perfetta. 2° Perchè deve regnare sopra tutti gli uomini, e forma il loro più ricco e glorioso ornamento. Perciò Gesù Cristo una sola domanda fa a Pietro ed è questa : Mi ami tu, o Pietro? La carità, stringe tutti, anche i poveri, i barbari, i nemici. A quel modo che il firmamento circonda la terra tutta, la rischiara, la scalda, la feconda, la vivifica per mezzo del sole, la rinfresca con benefiche piogge e soavi rugiade; così la carità tutto abbraccia e contiene : ella fa del bene a tutti, illumina, accende, feconda e vivifica i cuori, ancorché pieni di vizi e di odio; con la sua bontà e dolcezza ammollisce e feconda i cuori più ingrati, aridi e sterili. Ella tiene una via regia e diritta, senza piegare nè a destra nè a sinistra. Per lei tutti i giusti e tutti i santi giungono al Cielo. 3° Perchè essa è la prima e principale legge di Gesù Cristo, re dei re. 4° Perchè è superiore ai re ed ai tiranni, alle minacce ed ai supplizi. O carità, la più grande delle virtù, virtù reale, più potente di tutti i potentati dell’universo! Tu ripari, senz’armi e senza spargimento di sangue, i danni cagionati dalle armi, dalle guerre, dagli odi, dalla superbia, dall’ambizione, dalla barbarie. Tu pratichi morendo quello che i tiranni proibiscono, pena la morte : tu trionfi immolando i tuoi, e converti i persecutori e i manigoldi medesimi! 5° Perchè è inviolabile ed eterna (I Cor. XIII, 8). 6° Perchè, dice S. Bernardo, si guadagna e sottomette tutte le affezioni come un re bene amato che comanda a tutta la nazione e se la soggioga con le sue generosità e coi molti suoi benefizi (Serm. in Cant.). 7° Perchè non obbedisce mai alla pena ed al lavoro come serva, ma li sceglie a suo arbitrio come padrona; e in questo modo soltanto si espone ai patimenti, ai roghi, alle mannaie, alla morte. Ella facilita e addolcisce tutto ciò che è difficile ed amaro. 8° Perchè costituisce re chi la possiede, facendo che regni sul prossimo, sopra se stesso, e sopra Dio. 9° Perchè è in lei ogni bene, ogni dignità, ogni grandezza.

« Chiunque, dice S. Giacomo Apostolo, avendo osservata tutta intera la legge, l’avrà trasgredita in un sol punto, è colpevole come se l’avesse violata in tutto » (Iac. II, 10). Ora perchè questo? Perchè, risponde S. Agostino, egli ferisce la carità da cui dipende tutta la legge; essendo la carità il principio e la base di tutte le leggi, e di tutte le virtù (In Psalm.); e, come si esprime S. Gregorio, perchè tutti i precetti germogliano dalla radice della carità. Come un eretico che non crede un articolo qualunque di fede, perde il merito della fede non solo a riguardo di quell’articolo, ma di tutti gli altri, così chi viola un solo precetto, tutti li viola, perchè offende la carità, fondamento di ogni legge.



7. Felicità di quelli che praticano la carità. — La carità forma di tutti gli uomini una sola e medesima famiglia perfettamente felice.

« Quanto è buono, esclama il Profeta, quant’è dolce che i fratelli sieno insieme uniti » (Psalm. CXXXII, 1). La carità è come l’unguento sul capo di Aronne, il quale gli cola sul viso e gli si spande su le vesti: come la rugiada dell’Hermon, che cade sul monte di Sion; perchè su lei discende la benedizione del Signore, e il dono della vita le si prolunga per l’eternità (Id. ibid.).

La carità è una luce divina che impedisce le cadute e secreta e pubbliche, dice S. Giovanni (1 Epl. II, 10).

Chi pratica la carità fraterna, vive in pace con Dio, col prossimo, con se stesso. Egli è benedetto dal Cielo e dalla terra.



8. Qualità della carità. — La carità, dev’essere: 1° universale...; 2° continua...; 3° forte e attiva...; 4° liberale ed abbondante...; 5° cordiale e sincera...; tal era la carità di Gesù Cristo verso di noi.

S. Paolo poi dà alla carità i seguenti caratteri: 1° è paziente; 2° è dolce e benefica; 3° non invidiosa; 4° non temeraria, nè avventata; 5° non superba; 6° non disdegnosa, nè egoista; 7° non permalosa, nè irritabile; 8° non pensa male; 9° non gode dell’ingiustizia, ma gioisce del vero; 10° tutto soffre; 11° tutto crede; 12° tutto spera; 13° tutto tollera; 14° non viene mai a mancare (I Cor. XIII, 4-8).



9. Mezzi per avere la carità. — Il primo mezzo per procacciarsi la carità è l’umiltà...; il secondo si trova nell’abnegazione della propria volontà...; il terzo consiste nel preferirla a tutte le cose...; il quarto si fonda nella pazienza...; il quinto sta nell’adoperarsi a calmare le altrui impazienze e collere, e accostumarsi a sopportarle.



Nessun commento:

Posta un commento