7. Quanto ci ha amati il Figlio facendosi uomo e morendo per noi. — 8. Eccellenza dell’amor di Dio — 9. L’amore ci fa imitatori di Dio. — 10. L’amore ci unisce a Dio, e ci fa vivere di Gesù Cristo e per Gesù Cristo. — 11. Amare Dio è un amare se stesso. — 12. L’amor di Dio unisce gli uomini tra di loro. — 13. L’amor di Dio rende invincibile.
7. Quanto ci ha amati il Figlio facendosi uomo e morendo per noi.
— Qui si trova la lunghezza, la larghezza, l’altezza, la profondità dell’amor divino; qui dobbiamo esclamare con S. Paolo: — O altitudo! — O mistero impenetrabile del più sublime e del più grande amore! Un Dio si fa uomo (Ioann. I, 14); muore su la croce; ed è il suo amore che lo spinge ad incarnarsi e a morire. O amore!... Dio ci ha amati da tutta l’eternità, ma per questo non gli bisognò che un pensiero; ci ha amati nella creazione, ma gli bastò una parola; nella Redenzione ci ha amati fino a morire per noi. Calcolate la potenza e l’immensità del suo amore dalla sua Incarnazione, dalla vita sua di patimenti e di dolori, dalla sua morte. Il Figlio di Dio ci ha amati del più tenero, del più efficace amore, che non si dimostrò in parole, ma in fatti. Spinto da quest’amore Egli ha volontariamente e liberamente donato non ricchezze terrene a fratelli od amici suoi, ma ha donato se stesso a noi peccatori suoi nemici, per pagare i nostri debiti, espiare i nostri misfatti, distruggere la morte e darci la vita. « La grazia di Nostro Signore ha sovrabbondato », dice S. Paolo (I Tim. I, 14). Ah! diciamo anche noi con Zaccaria: «Benedetto sia il Signore Iddio d’Israele, perchè ci ha visitati ed effettuato la liberazione del suo popolo. Ha inalberato lo stendardo della salute, ci ritolse ai nostri nemici, e dalle mani ci strappò di coloro che ci odiavano. Dio, spinto dalla sua misericordia è disceso dall’alto e ci ha visitati » (Luc. I, 67-78).
Gli effetti dell’amor divino a nostro riguardo, amore perfetto ed evidente, sono la sua Incarnazione nel seno d’una Vergine, le sue predicazioni, i suoi viaggi, i suoi travagli, le sue umiliazioni, i suoi miracoli, la sua passione, la sua morte, i suoi Sacramenti, la discesa dello Spirito Santo, la cura tutta speciale Ch’Egli si prende della Chiesa e di ciascun fedele.
Sapete, dice Teodoreto, dove sta il più eccelso, il sommo grado della bontà divina, dell’ineffabile misericordia, della immensa clemenza, dell’inenarrabile carità dell’autore e consumatore d’ogni bene? Sta in ciò, che il Creatore e Signore di tutte le cose, il Principe sovrano, il Dio forte, l’Essere immutabile abbia liberato dalla morte e dalla schiavitù del Diavolo quell’atomo, quell’essere soggetto alla morte, corruttibile, ingrato, inutile, che si chiama l’uomo; che gli abbia dato tal libertà, per cui fu assolutamente e completamente affrancato e se lo adottò in figlio; che sia infine divenuto l’amico degli uomini, loro pane, loro vino, loro vita, loro porta, loro via, loro luce, loro risurrezione (In Evang.).
Oh! ben possiamo dire con la Sposa de’ Cantici: «Voce del mio Diletto: ecco ch’Egli viene saltellando pei monti, valicando i colli. Ecco che il mio Diletto mi parla: Sorgi: affrèttati, o mia Diletta, colomba mia, bella mia, e vieni: — Il Diletto mio che si pasce fra i gigli, è tutto a me ed io tutta a Lui » (Cantic. II, 8, 10, 16).
Più si considera l’amore infinito di Gesù Cristo, e più si trasecola per lo stupore. L’oggetto, il motivo dell’amore è il bene, e gli uomini s’inducono ad amare gli uomini perchè sono belli, savi, ricchi, delicati, nobili, e veramente buoni. Ora che avete voi, o Salvatore divino, trovato di buono o di bello in noi che abbia potuto guadagnare il vostro amore? Noi poveri, abbietti, mendichi, stolti, miserabili, corrotti, ributtanti? Ah! io ho amato, mi pare di udirvi rispondere, la
tua laidezza, per assorbirla e renderla bellezza; ho amato de’ nemici, per farmene degli amici; degli stolti per farne de’ saggi; de’ miseri, per nobilitarli; degli accattoni, per arricchirli; degli infelici, per renderli beati e gloriosi. La grandezza dell’amore dì Gesù Cristo, che vince ogni amore creato, si deduce specialmente da questo, che non si volge su un oggetto amabile, ma lo rende amabile amandolo. Egli ama, per comunicare le sue grazie ai miserabili, chiamarli a parte del suo amore, farne suoi amici, e più ancora che amici, figli ed eredi.
Il Verbo eterno, che è la Sapienza del Padre, ha voluto farsi uomo per salvare l’uomo, e insegnargli a parole ed a fatti la vera sapienza: desiderando egli ardentemente di possederci, s’è incarnato, per riposare nelle nostre anime, per dimorarvi come nel suo tempio e tabernacolo; per innestarvi e farvi germogliare le sue virtù, i suoi meriti, il frutto de’ suoi preziosi lavori, acciocché imitandolo meritiamo di vederlo e possederlo.
La grandezza dell’amore di Gesù Cristo ha cangiato in miele tutto il fiele delle miserie umane, in delizie tutti i dolori e le croci. Egli s’è addossato tutte le nostre miserie, eccetto il peccato, per colmarci di tutti i suoi beni. L’amore di Gesù Cristo, il quale ha trovato le sue delizie nel dimorare con noi, ha operato questo prodigio di convertire in nostra felicità la fame, la sete, il lavoro, il patimento, il dolore, la morte, e le sofferenze tutte. Studiate i Martiri e ne avrete le prove... Se voi osservate, dice S. Bernardo, venite a conoscere come Gesù Cristo, la gioia per essenza, si rattrista e si conturba; che Egli, nostra salute, soffre; che Egli, forza suprema, è debole; che Egli, nostra vita, muore. E, cosa non meno prodigiosa, la sua tristezza produce la gioia; il suo timore, la forza; la sua passione, la salute; la sua debolezza, il coraggio; la sua morte, la vita. Perciò Gesù Cristo s’è volenteroso e lieto sottoposto alle nostre sciagure, perchè la sua felicità divenisse nostra delizia (Serm, in Epiph.).
« Gesù Cristo, soggiunge il Crisologo, è venuto a provare le nostre infermità, per armarci della sua forza; a vestire l’umanità, per parteciparci la divinità; a ricevere gli oltraggi, per renderci degni degli onori; a sopportar le noie, per meritare a noi la pazienza; perchè il medico che non compatisce le infermità, non sa guarirle, e chi non sa, essere infermo coll’infermo, non può guarirlo.
« O dolcezza, o grazia, o forza dell’amore di Gesù Cristo! esclama San Bernardo; il più grande di tutti gli esseri s’è fatto il più piccolo, l’ultimo di tutti. Chi ha operato meraviglie tali? l’amore di Gesù Cristo, amore non curante della dignità, pieno di misericordia, potente in affezione, efficace in persuasione. Vi è forse qualche cosa di più forte dell’amore, il quale trionfa di Dio medesimo? L’amore trionfa di Dio, per trionfare di noi e sforzarci a ripagare amore con amore,
a consacrarci tutti interi all’amore di Cristo, come Gesù Cristo s’è dato tutto quanto al nostro amore ».
Per quali ragioni mai Gesù Cristo ama meglio dimorare con gli uomini piuttostochè con gli Angeli? Eccovene due : 1° Egli ha vestito non l’angelica, ma l’umana natura. 2° Siccome la virtù è cosa più ardua e penosa agli uomini, a cagione della loro natura degradata, Esso li fortifica con le sue consolazioni e grazie, li sostiene affinchè la pratica della virtù torni loro facile e gradita. Così Egli ha cangiato per S. Pietro e S. Andrea la croce in delizia; S. Lorenzo trovò la sua felicità su la graticola ardente; le frecce portarono refrigerio e dolcezza a S. Sebastiano; tutti i generi di tormenti furono dilettevoli per S. Vincenzo e le stigmate care a S. Francesco d’As-sisi, ecc. Qual gioia non ha provato Gesù Cristo ne’ suoi più grandi Santi, in un San Paolo, per es., in un S. Antonio, in una S. Agnese, o Cecilia, o Agata, o Caterina da Siena, o in tanti altri Vergini e Martiri! L’amore di Gesù Cristo per gli uomini l’inebbria. E non è forse ebbro d’amore, quando discende dal Cielo nel seno d’una Vergine; quando dal seno di Maria passa a riposare in una greppia, e da questa ascende al Calvario? Non è forse un amore spinto fino all’ebbrezza, quello che gli fa percorrere i borghi ed i villaggi, le città e le capanne per predicare il regno di Dio; soffrire la fame, la sete, il freddo, il caldo, gli insulti, le maledizioni, le derisioni, e le bestemmie per la salvezza degli uomini? E su la croce, non è forse più l’amore che non il dolore quello che lo tormenta? Egli consente di essere creduto un infame, si lascia insultare, spogliare, coprire di piaghe e di sangue, appendere al supplizio de’ ladri come un furfante; incontra finalmente la morte de’ scellerati! Che cosa si può trovare di più forte? L’amore trionfa d’un Dio.
Dio è nostro padre, l’umanità di Gesù Cristo è nostra madre; come una madre porta il suo ragazzo nel seno, gli fornisce gli elementi della vita, lo dà alla luce, lo nutrisce, lo leva, lo corica, lo lava, lo diverte, l’istruisce non senza continue e gravi pene, e ne forma un uomo perfetto; così Gesù Cristo, nostra madre, s’è dato, per corso di trentatrè anni, a penosi e continui lavori; ha sofferto atroci dolori, principalmente su la croce, e in questa guisa ci ha concepiti, generati alla vita della grazia, allattati, nutriti e allevati. Ecco perchè Gesù Cristo nel farsi uomo ha voluto non dover ad altri il suo corpo che ad una madre: perchè tutto in Lui fosse viscere materne. Che cosa trovare di più forte? L’amore trionfa di un Dio.
« Avendo Gesù Cristo amato i suoi, dice S. Giovanni, li amò fino alla fine » (Ioann. XIII, 1) : e infatti lava loro i piedi, stabilisce il Sacramento eucaristico in cui si dona per nutrimento a’ suoi discepoli prima di morire per essi e per l’universo intiero.
Contemplate principalmente l’amore di Gesù Cristo su la croce. La croce è la cattedra da cui risuona l’insegnamento della bontà e dell’amore di Gesù Cristo: Ah! voi mi avete amato, ed infinitamente amato, o mio Salvatore; ancorché io vi dessi mille anime e mille vite, che sarebbe mai questo a confronto della vostra vita, ch’è la vita d’un Dio? « Imparate da Gesù ad amare Gesù », esclama S. Bernardino da Siena; « e pensa, soggiunge il Crisostomo, che Egli ti ha dato tutto, nulla per sé riservando »; e San Bernardo dice:
« Dònati tutto quanto a Lui, giacché Egli, per salvarti, ha dato tutto quanto se stesso ». « Non ritenete un filo per voi, suggerisce S. Francesco d’Assisi, affinchè Gesù Cristo il quale nulla ha riservato per se stesso, vi riceva tutt’interi » (S. Bonaventura, In Vita). Quindi S. Agostino esclamava : « Fate, o Signore, ch’io muoia a me stesso, affinchè Voi solo viviate in me ».
Ci fu poi tempo in cui questo Dio abbia cessato di amarci? No, mai. « Poveri orfani, Egli disse, state certi ch’io non v’abbandonerò mai, ma verrò a voi » (Ioann. XIV, 18). Non abbandoniamolo dunque mai, neppure noi e diciamo con l’Apostolo: «Chi o che cosa avrà forza da strapparmi dall’amore di Gesù Cristo? Forse le afflizioni, le angosce, la fame, la nudità, i pericoli, le persecuzioni, la spada? Ah no! nè la morte, nè la vita, nè gli angeli, nè i principati, nè le potestà, nè le cose presenti, nè le future, nè la violenza, nè ciò che v’ha di più alto o di più profondo, nè creatura alcuna potrà mai separarmi e farmi rinunziare all’amore di Dio in Gesù Cristo mio Signore » (Rom. VIII, 35-39).
8. Eccellenza dell’amor di Dio. — « Solo l’amore, scrive S. Agostino, fa distinguere i figli di Dio dai figli del Demonio; questo è l’unico segnale al quale si possono riconoscere. Quelli in cui è la carità, son nati da Dio; non viene da Lui chi non lo ama. La carità è la più vera, la più piena e assoluta giustizia ».
Il medesimo S. Agostino chiama l’amor di Dio « la cittadella di tutte le virtù », e con lui fanno a gara a magnificare l’eccellenza della carità gli altri santi Padri. S. Basilio la chiama « radice di tutti i comandamenti ». S. Gregorio Nazianzeno la dice « punto capitale della dottrina cristiana » (Epl. XX), e Tertulliano, « il segreto supremo della fede, il tesoro del nome cristiano » (De patient.). S. Gerolamo la chiama « madre », S. Efrem « colonna di tutte le virtù ». Per S. Prospero la carità è la più potente di tutte le inspirazioni, è invincibile in tutte le cose, è la regola suprema delle buone azioni, la salvaguardia dei costumi, il fine de’ precetti divini, la morte de’ vizi, la vita delle virtù (De vit. Contemp. lib. IlI, c. 13). San Gregorio la proclama «madre e custode di tutti i beni»; S. Bernardo l’esalta come « la madre degli Angeli e degli uomini, la pa-ciera del Cielo e della terra ».
Ascoltate ancora il Crisostomo che vi predica: che chi arde di amore per Gesù Cristo, vive come se fosse solo su la terra. Egli non s’inquieta nè della gloria, nè dell’ignominia. Disprezza le tentazioni, i flagelli, le carceri quasi che soffrisse in un corpo non suo, ma di un altro, o in una carne di diamante. Se la ride de’ piaceri del secolo e non ne prova maggior solletico di quello che ne proverebbe un morto. A quella guisa che le mosche fuggono il fuoco, così le sensazioni della carne e della concupiscenza s’allontanano da chi ha la carità (Hom. LII in Act. Apost).
Nell’amor di Dio vi sono tutti i tesori; fuori di quest’amore non vi è nulla. Da lui dipende e in lui consiste la felicità dell’uomo in questo mondo; esso è l’unica via che mette al Cielo: esso fa e farà in eterno la suprema beatitudine degli eletti.
« Se voi avete la carità, dice S. Agostino, voi possedete Dio, e quando si possiede Dio, si hanno tutte le ricchezze ». Ed altrove soggiunge che « l’amor di Dio è il colmo della felicità, il sommo grado della gloria e della gioia, che uguaglia tutti i beni » (De Civ. Dei). Desiderate voi, dice S. Anselmo, d’essere re nel Cielo? Amate Dio e voi sarete tutto quello che bramate (Epist.).
La carità è la massima tra le virtù; e di quanto l’oro sopravanza gli altri metalli, il sole vince le stelle, i Serafini superano gli Angeli, di tanto la carità è superiore alle altre virtù. Nessuna virtù è là dove non v’è carità, tutte si trovano dove questa si trova; la carità è una regina a cui tutte le altre virtù formano corteo. Essa è l’oro prezioso e purgato col quale si compra il Cielo; è un fuoco celeste che infiamma i cuori; è un sole che rischiara, feconda e vivifica ogni cosa. È una virtù angelica che cangia gli uomini in Serafini.
Ne volete di più? Udite. 1° La carità è la guida, la direttrice, la regina delle virtù. 2° È la lor nutrice che le mantiene, le fortifica, le conserva, come scrive S. Lorenzo Giustiniani (Lib. arbitri. vitae). 3° La carità forma d’ognuno di noi altrettanti amici e figli di Dio, suoi eredi, coeredi di Gesù Cristo, templi dello Spirito Santo, 4° È il distintivo tra gli eletti ed i riprovati. 5° È l’anima delle virtù le quali da lei ritraggono il merito loro : ed è perciò che S. Agostino sostiene
che solo la carità conduce a Dio (In Psalm.). 6° È il vincolo che intimamente ci lega a Gesù Cristo. « La nostra conformità col Verbo per mezzo della carità, dice S. Bernardo, congiunge a Lui l’anima nostra come sposa a sposo ». 7° È un fuoco inestinguibile che ammollisce il macigno, e squaglia i cuori più duri, perchè l’amore sorpassa tutto, trionfando perfino di Dio. La carità comanda all’odio, alla collera, al timore, alla cupidigia, al fascino de’ sensi, ecc. e tutto dirige verso Dio. 8° Come l’aquila fissa la pupilla nel sole, così, afferma S. Agostino, quegli che ha la carità, contempla Dio, e librato su due ali di fuoco, che sono l’amore di Dio e del prossimo, vola alla volta del Signore (De Morib. Manich.).
Osservate di grazia quello che la carità opera in S. Paolo : è San Giovanni Crisostomo che ce lo dice. A quel modo che il ferro posto nel fuoco diventa anch’esso fuoco, così Paolo, infiammato d’amore, diventa tutt’amore. Ora colle epistole, ora di viva voce, tal volta con preghiere, tal altra con minacce, qua in persona, là per mezzo dei discepoli, adoperava tutti i mezzi per incoraggiare i fedeli, tener saldi i forti, rialzare i fiacchi e i caduti nel peccato, guarire i feriti, rianimare i tiepidi, ribattere i nemici della fede : eccellente capitano, intrepido soldato, abile medico, egli bastava a tutto. Oh! se i nostri cuori amassero Dio come l’amava Paolo, noi vedremmo meraviglie non mai più udite (Serm. in Laud. Paul.).
« L’amore ed il timore di Dio guidano a tutte le opere buone, lasciò detto S. Agostino, come l’amore ed il timore del mondo menano a tutti i peccati ».
La carità è cosa tanto preziosa, che vince il prezzo d’ogni altra; per ottenerla dobbiamo impiegarvi tutte le nostre forze, i nostri sudori, la vita medesima...
Un’opera eccellentissima fatta senz’amore di Dio, ha poco o niun pregio, ed una ancorché comunissima, un bicchier d’acqua, per es., dato ad un povero, se fatta per ispirito di carità, l’ha grandissimo agli occhi di Dio. Dio pesa gli spiriti, dicono i Proverbi (Prov. XVI, 2). Ora il peso dell’anima e del cuore è l’amor di Dio. Quanto più adunque l’anima ama Dio, tanto più ella ha peso nelle bilance di Dio; l’amore le dà il peso ed il valore. Di che cosa è capace l’amor di Dio? Che cosa non merita la carità, sorgente e principio d’ogni merito? Come mai il Signore abbandonerebbe colui che l’ama? Come potrebbe non amarlo egli medesimo?...
L’anima fedele e santa si trova, rispetto all’amore divino, in quella condizione in cui trovasi un generoso soldato in mezzo ad una battaglia, o un erudito in mezzo ad una biblioteca, o un medico in mezzo - ad una munitissima farmacia, o un legista armato della legge, o un lavoratore munito d’ogni attrezzo per la coltura de’ campi, o un orefice padrone d’immensa quantità d’oro. L’amore divino è per quest’anima la sua spada, il suo libro, il suo farmaco, il suo codice, il suo campo, la sua ricchezza, la sua arte, il suo lavoro. Per mezzo dell’amore noi ci tuffiamo in Dio, oceano senza sponde, e vi ci troviam ad agio come il pesce nell’acqua e l’uccello nell’aria. Ah! riceviamo Dio con un cuore infiammato di amore: Dio lo penetri, come i raggi del sole penetrano l’aria; vi si rifletta, come si riflette su tersissimo specchio la fisionomia dell’uomo.
« Non il prezzo dell’offerta guarda Iddio, dice Salviano (lib. II, ad Cler.), ma l’animo, ossia l’amore con cui si porge ». « Il vero amore, soggiunge S. Bernardo, non cerca il premio, ma se lo merita; e questo premio è quel Dio medesimo che si ama ». « Signore, datemi che vi ami, diceva S. Ignazio di Loiola, ed io sarò ricco fuori misura » (In Vita).
9. L’amore ci fa imitatori di Dio. — San Paolo scrive agli Efesini:
« Siate imitatori di Dio, come figli carissimi » (Eph. V, 1). Ma come mai, o grande Apostolo, una misera creatura, qual è l’uomo, può imitare Dio? Com’è possibile ciò? Eccovi il mezzo: «Camminate nell’amor di Dio» (lb. 2). Dio è tutto amore; dunque colui che ama di tutto cuore, imita Dio. Dio è tutto amore per noi: siamo tutt’amore per Lui, e noi saremo suoi imitatori.
10. L’amore ci unisce a Dio, e ci fa vivere di Gesù Cristo e per Gesù Cristo. — Per mezzo dell’amore noi ci uniamo a Dio così intimamente da formare, in certo modo, una sola cosa con Lui: l’amore ci divinizza. Come il ferro nella fornace si cangia in fuoco pure conservando la sua natura, così chi ama Dio si trasforma in Dio. Per mezzo dell’amore divino si effettua in noi la parola di Gesù Cristo al Padre : « Padre santo, custodisci nel nome tuo quelli che hai a me consegnati; affinchè siano una sola cosa come noi... Io sono in essi, e tu in me, affinchè siano consumati nell’unità » (Ioann. XVII, 11, 23). Il fine dell’amore, commenta S. Bernardo, è dunque la consumazione, la perfezione, la pace, la gioia nello Spirito Santo, il silenzio nel Cielo (Serm. in Verb. Ev.).
L’amore trasforma l’amante nell’amato: l’anima abita più in colui ch’ella ama che nel corpo a cui dà vita. Dio, per mezzo della grazia, si comunica e si dà all’uomo giusto e con questa comunicazione lo innalza fino a sè, se l'unisce, lo divinizza. Sì, noi per mezzo dell’amore, come dice S. Pietro, diventiamo « partecipi della natura divina » (II Petr. I, 14). L’amore divino trasforma colui ch’esso riempie; lo fa aderire così intimamente a Dio, che forma, diremo, una sola cosa con lui, affinchè egli viva, senta, goda della vita, dei sentimenti, della gioia di Dio. Questo appunto provava S. Paolo in se medesimo, quando diceva: Io vivo, però non sono più io, ma è Gesù Cristo che vive in me (Galat. II, 20). Chi ama Dio, si separa interamente da se stesso; passa a Dio e a Dio si congiunge e non pensa, non comprende, non sente altro che Dio vivendo solo di Dio, perchè il bene è comunicativo di sua natura e tende ad espandersi; ora, siccome Dio è il bene supremo e per essenza, non può a meno che comunicarsi ed espandersi al più alto grado. La Sposa dei Cantici gustava le dolcezze di tale unione quando esclamava: « Ah! il mio Diletto è tutto a me, ed io son tutta a Lui » (Cantic. II, 16). Io che sono il puro e il perfetto amore, disse un giorno Iddio a S. Geltrude, ti ho scelta per me, e per quanto l’uomo desidera vivere e respirare, io desidero che tu ti unisca a me d’indissolubile legame; io ti ho accolta nel seno della mia paterna bontà, affinchè tu ottenga da me tutto ciò che puoi desiderare.
La mia vita, la causa della mia vita è Gesù Cristo, esclama San Paolo (Philipp. I, 21); e questo per tre motivi : 1° Gesù Cristo è la causa efficiente della mia vita spirituale, e me la conserva; 2° è il principio della mia vita per i suoi esempi; 3° ne è lo scopo finale. « Io sono, disse Gesù Cristo, la via, la verità, la vita» (Ioann. XIV, 6); e per conseguenza chi ama Gesù Cristo, possiede la via, la verità e la vita, ossia, come spiega Teofilatto, Gesù Cristo è il suo spirito, la sua luce, la sua vita sì naturale che soprannaturale e beata.
« Ognuno di noi, scrive S. Agostino, è quale è il suo amore; ami tu la terra? tu sarai terra; ami Dio? sarai Dio » : perciò S. Paolo scriveva ai Galati : « Io sono crocifisso con Gesù Cristo » Gal. II, 19).
11. Amare Dio è un amare se stesso. — È sentenza di S. Agostino, che la città di Dio si fonda, s’innalza, si compie per mezzo dell’amor di Dio, e si mantiene con l’odio verso se stesso; mentre la città del Diavolo comincia con l’amore di se stesso e cresce fino all’odio di Dio. Amare se stesso è un odiarci. Io non so darmi ragione come altri possa amar sè invece di Dio; perchè chi non può vivere con la sua forza, certamente muore se ama se stesso; al contrario quando si ama colui che solo dona la vita e si ha in odio se medesimo, allora è un vero amare se stesso. Si deve amare Dio affinchè con l’aiuto del suo amore possiamo dimenticare noi medesimi. Amare Dio è un amare se medesimo: è chi preferisce sè a Dio, costui non ama nè Dio, nè se medesimo. Non si ama poi Dio, se non per Dio e con Dio.
12. L’amor di Dio unisce gli uomini tra di loro. — « Vi sono tante anime e tanti cuori, quanti sono gli uomini; dice S. Agostino; ma quando si congiungono a Dio per l’amore, non hanno più tra tutti che un cuor solo ed un’anima sola ». E tale è il sublime esempio lasciatoci dai primi cristiani.
Giacché non possiamo fare nulla per rendere felice Iddio, adoperiamoci almeno con la carità al bene del prossimo che è imagine di Dio : seminiamo tra i nostri fratelli la sapienza, la grazia, il buon esempio e tutti i doni che abbiamo ricevuto da Dio. La limosina spirituale vince in pregio la corporale, e più noi largheggeremo col prossimo, più largamente noi riceveremo da Dio.
Quanto più una sorgente emette acqua, tanto più ne riceve; ma se la polla non potesse zampillare fuori, o, riempiuto il bacino, più non avesse uscita, allora ben presto l’acqua si disperderebbe per altri canali, e il fonte disseccherebbe. Così avviene dei predicatori e di coloro che fanno in qualche modo la limosina spirituale, ecc. ; più aiutano il prossimo, e più Dio aiuta loro e li colma di grazie.
S. Paolo che fu martire della carità prima di essere martire della spada, scriveva a quei di Corinto:- « Io muoio ogni giorno per la vostra gloria, o fratelli, che è mia in Cristo Gesù Signor nostro » (1 Cor. XV) « Chi è infedele a Dio, dice S. Agostino, non può essere fedele all’uomo; e la pietà è la salvaguardia dell’amicizia ». L’amor di Dio e l’amor del prossimo non vanno disgiunti; non formano che un comandamento...
13. L’amor di Dio rende invincibile. — Una viva pittura dell’invincibile forza dell’amor divino ci fu lasciata dal grande Apostolo in quelle parole ai Romani — Chi ci strapperà dall’amore di Gesù Cristo? forse l’afflizione, o l’angoscia, o la fame, o la nudità, o i pericoli, o le persecuzioni, o la spada? Ah no! io sono sicuro, certus sum, che nè la morte, nè la vita, nè gli angeli, nè i principati, nè le potestà nè le cose presenti, nè le future, nè la violenza, nè creatura alcuna, sia pure dei Cieli o dell’Inferno non potrà mai staccarci dall’amore di Dio in Gesù Cristo (Rom. VIII, 35-39).
Ammaestrata dall’Apostolo, la vergine e martire S. Agata usciva anch’essa in questi accenti : Io sono così ferma ed incrollabile nell’amore del mio Signore Gesù, sono così fermamente risoluta a mantenere saldo il voto di verginità a Lui fatto, che spero, mercè la grazia sua, di veder mancare la luce al sole, il calore al fuoco, la bianchezza alla neve, piuttosto che tentennare nella volontà e nei proponimenti miei (Surio, In Vita).
« Niente v’è di così duro, soggiunge S. Agostino, che non ceda al fuoco dell’amor divino (29) ».
Sta scritto nei Cantici che « l’amore è forte come la morte; che le molte acque non poterono estinguere la carità, nè le fiumane la soverchieranno » (Cantic. Vili, 6-7). Sì, l’amore è forte come la morte; 1° perchè come la morte doma tutto, è padrona di tutto, e nessun vivente può evitarne il colpo, così l’amore di Gesù Cristo ha trionfato delle battiture, de’ chiodi, delle spine, dei dolori, della croce, degli affronti, della fame, della sete, delle nudità, in una parola di tutte le avversità e di tutti gli ostacoli. Chi ama Gesù Cristo è pronto a soffrire per Lui ogni cosa. 2° L’amore di Gesù Cristo è forte al pari della morte : poiché quest’amore l’ha vinta, l’ha soggiogata, l’ha uccisa, come dice il profeta Osea: « O morte, io sarò la tua morte » (XIII, 14). 3° L’amore è forte al par della morte : poiché l’amore prova, e risente in sè tutti i mali dell’oggetto amato. Se questo muore, l’amante muore anch’esso d’angoscia.
L'amore è forte come la morte. È impossibile, nota S. Agostino, esprimere in più bello, e splendido, e ricco, e gagliardo modo la potenza dell’amor divino: che cosa infatti resiste alla morte? Si resiste al fuoco, all’acqua, al ferro, al potere, ai re; ma viene la morte, e non importa sotto quale sembianza, e dov’è chi possa tenerle fronte? Essa è padrona di tutto. Ecco perchè la potenza dell’amore è paragonata a quella della morte : e infatti l’amor di Dio uccide e distrugge in noi quello che noi siamo, per trasformarci in quello che non siamo. È una morte, la morte cioè del peccato, ma è ad un tempo la risurrezione e la vita.
« Come la morte uccide, scrive S. Gregorio, così l’amore della vita eterna ci fa morire alle cose di questo mondo. L’amor di Dio produce sulle passioni dell’anima lo stesso effetto che la morte sul corpo; ci porta, vale a dire, a calpestare ogni terreno affetto: e a defunti di questo genere l’Apostolo diceva: « Voi siete morti, e la vita vostra è nascosta con Gesù Cristo in Dio» (Coloss: III, 3).
La carità è forte come la morte, soggiunge S. Ambrogio, perchè la carità uccide e fa scomparire tutti i peccati. Si muore a’ vizi, quando si ama il Signore (In Psalm. CXVIII, serm. XV).
E poiché la morte non si stanca mai, nè mai si riposa finché vi sia vita d’uomo da mietere, il nostro amore anch’esso duri fino a tanto che abbia estirpato in noi le passioni e i vizi tutti quanti.
L’amore è forte al par della morte. Ci fa morire al mondo, al demonio, a noi stessi, per non vivere che di Gesù Cristo; ci fa desiderare la morte e sacrificar la vita : perchè chi ama davvero, non risparmia nè ricchezze, nè figli, nè se medesimo.
L’amor divino fa vivere l’anima pel tempo e per l’eternità; l’amore del mondo uccide l’anima pel tempo e per l’eternità.
L’anima viene dal celeste amore siffattamente innalzata, dice il Crisostomo, che tiene in conto di suprema sua gloria trascinare le catene di Gesù Cristo, ed essere per Lui perseguitata. Ella si spoglia di ogni affetto terreno, come l’oro nel crogiuolo si purga di ogni scoria. Dove l’amor di Dio è grande, si vedono prodigi di coraggio.
Purtroppo che queste verità non ci colpiscono, non ci dànno gusto, perchè siamo tiepidi e freddi.
S. Agostino, parlando della castità di Giuseppe, esprime questo bel pensiero: Chi ama Dio, non può esser vinto dall’amore di una donna: le lusinghe della gioventù non allettano punto un’anima casta, la quale non si arrende nemmeno alla influenza d’un amore appassionato. Giuseppe è grande, perchè schiavo rifiuta d’obbedire; amato, rifiuta d’amare; scongiurato, non si piega; afferrato, fugge (De Civ. Dei, CXXIII).
L’amor di Dio mi brucia, mi divora, va gridando S. Francesco d’Assisi: io ho risposto all'amore con l’amore: l’amor divino trionfa nel mio cuore dell’amore che l’uomo naturalmente prova per se stesso. Nè le tempeste, nè le fiamme, nè la spada non me lo rapiranno mai. Oh Signore! muoia io d’amore per Voi, giacché Voi siete morto d’amore per me!
« Cercate il Signore per mezzo della carità e voi sarete fortificati » dice il Salmista (Psalm. CIV, 4).
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