1. VI è un doppio amore. — 2. Necessità d’amare Dio. — 3. Motivi d’amare Dio ricavati da Lui medesimo, ossia dalle infinite sue perfezioni. — 4. Motivi d’amare Dio, ricavati dall’amor suo verso gli uomini. — 5. Amore infinito di Dio nella creazione e nel modo di comunicarsi all’uomo. — 6. Come il Padre ci ha dato prova del suo amore nell’Incarnazione e nella Redenzione di Gesù Cristo.
1. Vi è un doppio amore. — L’amore dell’uomo verso Dio è di due specie: cioè l’amore di concupiscenza, o imperfetto; e l’amore di pura carità, ossia perfetto. Con l’amore di concupiscenza noi studiamo di piacere a Dio, affinchè ci dia per ricompensa la vita eterna; questo amore è buono, ma piuttosto che un atto di carità si deve chiamare un atto di speranza. L’amore perfetto poi, col quale noi ci adoperiamo di piacere a Dio e fare quello che gli è gradito, consiste nell’amarlo esclusivamente per se stesso, senz’avere di mira la ricompensa; questo amore è propriamente quello che si chiama carità perfetta.
2. Necessità d’amare Dio. — « Tu amerai il tuo Signore Iddio con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima, con tutte le facoltà tue » (Beuter. VI, 5). Questo precetto dava Dio agli Ebrei, e perchè fossero ben persuasi dell’alta sua importanza, soggiungeva che scolpissero queste parole dentro il proprio cuore, e le meditassero in casa ed in viaggio, la notte e il giorno, le ripetessero e insegnassero ai figli, le legassero come un ricordo ai polsi e le tenessero scritte innanzi gli occhi; e le scrivessero su le porte della casa (Ib. 7-9). Quest’obbligo ripeteva e inculcava Gesù Cristo nella nuova legge, riportando le medesime parole dell’antica, e avvertiva essere questo il primo ed il più eccellente dei comandamenti (Matth. XXII, 27-28).
« Ama, avea detto anche l'Ecclesiastico, a tutto tuo potere Colui che ti ha creato » (Eccli. VII, 32); ed in altro luogo: « Ama Dio per tutta la tua vita, ed invocalo per la tua salute » (Ib. XIII, 18).
Il motivo che ci deve spingere ad amare Dio, è che Dio forma l’anima e la vita dell’anima nostra. Ora non è giusto che l’anima renda a Dio quel che il corpo rende all’anima, e che noi facciamo tutto per amor di Dio? Niente più teme il corpo che d’essere separato dall’anima, niente più deve temere l’anima, che d’essere separata da Dio: quindi l’Apostolo S. Giuda ci fa un obbligo di conservarci nell’amor di Dio (Iud. 21).
Il cavallo è nato per correre, ed è questo il suo fine, come il fine dell’uccello è il volare, quel del bue l’arare, quel del cane l’abbaiare, quel del fuoco lo scaldare, quel dell’acqua il dissetare...; l’uomo è nato per amare Dio: questo è il suo ultimo fine.
« Quand’io parlassi le lingue degli uomini e degli Angeli scriveva S. Paolo a’ Corinzi, se non ho la carità, sono come un bronzo sonante o un cembalo squillante. E quando avessi la profezia e intendessi tutti i misteri, e tutto lo scibile; e avessi tutta la fede, talmente che trasportassi le montagne, se non ho la carità, sono un niente. E se pure distribuissi in nutrimento ai poveri tutte le mie facoltà, e quando sacrificassi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità, nulla mi giova » (1 Cor. XIII, 1-3).
Il medesimo Apostolo dice ancora : « La carità di Cristo ci spinge » (II Cor. V, 14). « Gesù Cristo è morto per tutti, affinchè quelli che vivono, non vivano più per se stessi, ma per Colui che è morto e risuscitato per loro » (Ib. V, 15).
L’amor di Dio è così grande cosa, dice S. Agostino, che a colui che ne è privo, niente giova possedere tutto il resto; e chi ne è fornito, non difetta di nulla. E aggiunge in altro luogo: «Può la fede trovarsi senza la carità, ma non può, senza la carità, essere nè fruttuosa, nè utile ».
Udite anche S. Bernardo: « La castità senza la carità è una lampada senz’olio; togliete l’olio e la lucerna, non fa lume; togliete l’amor di Dio e la castità perde il suo pregio ».
« Lo scopo de’ comandamenti è la carità, », dice S. Paolo a Timoteo (I Tim. 1, 5) : e nel precetto dell’amor di Dio tutto si riassume, secondo la parola di Gesù Cristo, la legge e la profezia (Matth. XXII, 40).
« O anima mia, esclama S. Agostino, creata a imagine di Dio, riscattata col sangue di Gesù Cristo, sposa della fede, dotata dallo Spirito, ornata di virtù, fatta pari agli Angeli, ama Colui che tanto ti ha amato; pensa a Colui che di te non mai si dimentica; cerca Colui che ti cerca; dònati tutta quanta a Colui che si dona a te tutto intero. Questo gran Dio non si occupa che di te, e tu non occuparti di altri che di Lui; Egli lascia in certo modo ogni cosa per te, e tu ogni altro affare lascia per Lui; Egli è la santità per essenza, e tu sii santa; Egli, è la purità in persona, e tu sii pura... Deh! che il cielo, la terra e tutto quanto in essi è contenuto non cessano un istante dal gridarmi, che ami Voi, mio Dio; e quello che dicono a me, lo predicano senza posa a tutti, affinchè essi siano inescusabili se non V’amano ».
3. Motivi d’amare Dio ricavati da Lui medesimo, ossia dalle infinite sue perfezioni. — Bisogna amare Dio, anzitutto perchè Egli è sommamente amabile.
Dio è tutto amore, dice S. Giovanni (I Episl. IV, 8); Dio è una fornace ardente che tutto infiamma, predica San Paolo (Hebr. XII, 29); « Che cosa è Dio? soggiunge S. Bernardo; Dio è la volontà onnipotente, la virtù amorosissima, il lume eterno, l’immutabile ragione, la suprema beatitudine ».
Dio è l’eternità, la misura, l’ordine, la causa, il fine di tutte le cose. Egli è il principio e il termine di tutte le creature: è il sommo, l’immenso, l’increato bene... Ah! sì! esclama S. Agostino, è povertà e indigenza ogni abbondanza e ogni ricchezza, che non sia il mio Dio.
Infinito nella sua essenza, Dio è pur tale nei suoi divini attributi, ed in ciascheduno di essi. Dio ha una santità infinita, una potenza infinita, una sapienza infinita, una misericordia infinita, una scienza infinita, una bontà infinita, e così via di ogni altro attributo. Dio sorpassa all’infinito non solo tutto ciò che esiste, con tutte le sue perfezioni e qualità, ma ancora tutte le cose possibili ed imaginarie; e le sorpassa non di cento, non di mille, non di milioni, di gradi, ma infinitamente al disopra di ogni calcolo. Contemplate finché potete la sapienza, la potenza, la bontà, la bellezza, la ricchezza, ecc..., e spingete coll’imaginazione queste perfezioni all’infinito; quando sarete arrivati a quel punto, sappiate che tutti i vostri pensieri e i vostri calcoli, nè solo i vostri, ma tutti i pensieri e i calcoli di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli, non si sono avvicinati e’un passo all’infinità delle perfezioni di Dio: sappiate che tutt’altro che aver raggiunto l’essere divino, voi ve ne trovate tuttavia ad una distanza infinita. Si tacciano, esclama Isaia, tutti gli spiriti, ammutoliscano le lingue e le voci tutte, si velino per riverenza e s’annientino i Cherubini. e i Serafini... perchè tutti gli Angeli insieme riuniti, con tutte le loro fiamme d’amore, non sono capaci nè d’intendere, nè tanto meno di penetrare il più basso grado della vostra gloria, o mio Dio...
Esclamiamo anche noi col Salmista: « Grande è il Signore e al di sopra d’ogni lode; la sua grandezza non conosce confini » (Psalm. CXL1V, 3). E col Profeta Baruch: « Dio è grande, eterno, elevato, infinito » (Baruch III, 25).
4. Motivi: d’amare Dio, ricavati dall’amor suo verso gli uomini. — Bisogna in secondo luogo amare Dio perchè Egli ci ha sommamente amati, come già aveva detto il Signore per bocca di Geremia: « Io v’ho amati d’un amore eterno, perciò vi ho a me attirati nella mia misericordia » (Ier. XXXI, 3); e ci ripete S. Giovanni: «Amiamo dunque Iddio, perchè Egli ci ha amati per il primo » (I Ioann. IV, 13).
Nell’amore infinito che Dio porta all'uomo, noi dobbiamo ammirare : 1° l’amore ch’Egli nutrì per noi da tutta l’eternità, senza che avesse bisogno di noi, perchè possiede in se stesso tutte le cose; 2° considerare che non ci ama per qualche necessità, ma affatto liberamente e liberalmente; 3° che Egli ci ama senza utilità veruna a suo riguardo; 4° che Egli ama l’uomo prima che questo abbia la ragione, o qualche merito e dignità che possa cattivarne l’amore; anzi lo ama quando lo vede carico di molti e gravi demeriti per i quali si meriterebbe non amore, ma odio; 5° ch’Egli ha amato anche coloro i quali previde che sarebbero divenuti a Lui ingrati e nemici; 6° questo amore di Dio verso gli uomini non proviene dall’ignoranza o dalla passione, come avviene della maggior parte delle persone, ma è inseparabile da una giusta equità e da una grande sapienza.
Ma qual saviezza vi può essere in Dio, ripiglierete voi, nell’amare gli uomini miserabili e peccatori? non è questo per certo un oggetto amabile in se stesso. Ma in Dio, la ragione di amare non proviene, come negli uomini, dall’amabilità dell’oggetto, ma da Dio medesimo. E in vero Dio ci ama per sè, perchè è infinitamente buono; perciò vuole spandere sopra di noi la sua liberalità e i suoi benefizi, non ostante l’indegnità nostra. La bontà infinita di Dio è dunque la base e la ragione del suo amore per gli uomini, della comunicazione de’ suoi doni e di se stesso. In Dio vi è una volontà infinita e un desiderio immenso di comunicarsi, i quali nascono dalla perfezione e dalla pienezza infinita della sua essenza, e questa è tale che lo porta a donarsi, e per grandi che siano le sue larghezze, Dio non perde nulla della sua pienezza. Egli è come una sorgente da cui sgorgasse del continuo tant’acqua, quanta se ne attingesse... Dio è per le cose spirituali quello che è il sole per le corporali, dice S. Gregorio Nazianzeno. Come il sole irradia i suoi raggi benefici per ogni parte, per illuminare, scaldare, vivificare, fecondare la natura; così Dio spande sopra tutte le creature, ma specialmente su gli Angeli e su gli uomini, i raggi divini della sua beneficenza, per illuminarli col lume della sua sapienza, scaldarli col fuoco del suo amore, vivificarli con la vita della grazia e della gloria (Distich.),
Questa larghezza di benefizi da parte di Dio è immensa e ci apparisce meravigliosa se consideriamo: 1° la maestà di Colui che ama, di Colui che dona; 2° la condizione di coloro ai quali Egli dona, perchè se ne osservate la natura, sono uomini e tengono l’ultimo grado tra le intelligenze; se ne considerate le qualità dell’anima, essi sono peccatori, nemici di Dio, orgogliosi, ingrati, carnali, fiacchi nel bene, ardenti nel male; se ne guardate il corpo, sono mortali, acciaccosi, vili, ributtanti e destinati a pasto dei vermi.
5. Amore infinito di Dio nella creazione e nel modo di comunicarsi all’uomo. — Dio poteva lasciarci nel nulla... Creandoci, poteva lasciarci allo stato de’ minerali, de’ vegetali o de’ bruti... Eppure no; ma ci ha creati ragionevoli, fatti a sua imagine, capaci di conoscerlo, di servirlo, d’amarlo... Ci ha creati immortali e destinati all’immortalità beata... Egli si compiace e si diletta di conversare tra gli uomini (Prov. Vili, 31) : 1° perchè si prende specialissima cura di tutti e di ciascuno, vedendo in essi la sua viva imagine e il suggello della divinità; per loro ha creato il mondo e quanto il mondo contiene; 2° perchè non ad altri fa parte della sua sapienza se non all’uomo solo : lo ammaestra nella vera dottrina, nella sana morale, affinchè possa servire santamente Iddio e vivere felice...; con lui si degna mantenere un intimo commercio.
E notate, prima di tutto, che Dio si comunica agli uomini noni come a servi, a schiavi; ma come a figli chiamati suoi eredi e coeredi di Gesù Cristo.
In secondo luogo la sua bontà ha trovato il mezzo di discendere fino al debole, di guarire l’infermo, di raccogliere il derelitto, d’innalzare colui ch’era piccolo, di arricchire abbondantemente il mendico, e di soccorrerci tutti. Dio ha dimostrato d’essere la bontà e l’amore per essenza, scrive S. Bernardo, creando gli spiriti, perchè godessero di Lui; dando la vita, per far sentire e comprendere il suo amore; attraendoci, affinchè Lo desideriamo; dilatando l’uomo, perchè alberghi Dio; giustificandolo, perchè meriti la grazia e la gloria; infiammandolo, per portarlo allo zelo; fecondandolo, acciocché produca frutti di vita; dirigendolo verso la giustizia; informandolo alla beneficenza; moderandolo, affinchè divenga saggio; fortificandolo, affinchè acquisti la virtù; vivificandolo, per consolarlo; illuminandolo, perchè vegga; conservandolo, per l’immortalità; riempiendolo, per bearlo di felicità; circondandolo, perchè abiti in sicurezza (Serm. in Cantic.).
In terzo luogo Dio ci si comunica moltissime volte prima che noi pensiamo a Lui, Lo desideriamo, Lo cerchiamo. Così fa in tutte le grazie prevenienti, per eccitarci a sollecitare le grazie conseguenti le quali sono poi anche esse, come osserva S. Ambrogio, sempre più abbondanti di quello che noi abbiamo domandato. Oh sì, quante volte non vi è accaduto di aver chiesto a Dio una grazia speciale, ed Egli ve l’abbia concessa, ma accompagnata da tante altre da voi punto domandate? Il re Ezechia implora soltanto la sanità; Dio gliela concede e vi aggiunge quindici anni di vita, una vittoria miracolosa e la strage di cento ottantacinque mila Assiri (Isai. XXXVIII). Salomone chiede la sapienza; l’ottiene, ed ha per di più ricchezze immense e sfolgorante gloria (III Reg. III). Daniele supplica per la liberazione del popolo schiavo in Babilonia; Dio l’esaudisce e gli fa inoltre la promessa della venuta del Messia, che deve riscattare il mondo intero dalla schiavitù del Demonio (Dan. IX, 14). Davide domanda un figlio e questo figlio è il Messia (lI Reg. VII, 12).
6. Come il Padre ci ha dato prova del suo amore nell’Incarnazione e nella Redenzione di Gesù Cristo. — « Dio ha talmente amato il mondo, dice S. Giovanni, che ha dato il Figliuol suo Unigenito — (Ioann. IlI, 16).
Talmente, cioè ha amato il mondo d’un amore così grande, così eccessivo che non esitò a dargli l’Unigenito Figliuol suo. Non è un re, nè un Angelo quegli che tanto ci ha amati il primo e gratuitamente, senza che noi, non solo non abbiamo meritato, ma neppure desiderato così gran dono. Egli ha amato il mondo, suo capitale nemico, il mondo degno dell’eterna riprovazione, e l’ha amato al punto di dargli non uno straniero, non un figlio qualunque adottivo, ma il suo proprio Figlio: e Figlio non scelto fra molti, ma Unigenito. Gliel’ha dato non a prezzo d’oro o d’argento, ma gratuitamente : non gliel’ha dato perchè salisse un trono o menasse trionfi, ma perchè fosse condannato a morte e crocifisso. Così ha fatto non per proprio vantaggio o per utile del Figliuol suo, ma affinchè la morte di quest’unico Figlio renda a noi la vita e ci sollevi a misura delle umiliazioni patite da Gesù Cristo, e dell’annientamento a cui soggiacque, per colmarci di ricchezze, di beni immensi e finalmente d’una gloria eterna.
« No, soggiunge ancora l’evangelista S. Giovanni, Dio non ha inviato quaggiù il Figliuol suo, affinchè condanni il mondo, ma affinchè il mondo sia salvato per mezzo dell’Unigenito di Dio » (Ioann. IlI, 17). Ah! esclama il grande Apostolo in uno slancio d’amore e di riconoscenza, se Dio Padre non ha risparmiato il suo proprio Figlio, e l’ha consegnato alla morte per noi, che cosa non possiamo aspettarci da Lui dopo un tanto dono? (Rom. Vili, 32). Sì, ripiglia l’Apostolo prediletto, « in questo si vide manifesta la grande carità di Dio verso di noi, che ha mandato l’Unigenito suo nel mondo, affinchè noi viviamo per Lui » (I Ioann. IV, 9).
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